Il successo di Game of Thrones. Se il “Trono” è dorato
Sì, si chiamerà sempre “Dentro la Tv”. La rubrica sul piccolo schermo curata da Marco Deriu, che ci ha lasciato troppo presto, mi è stata appena affidata e il primo pensiero è stato quello di trovare il giusto passo per entrare in sintonia con questo appuntamento settimanale. E il modo migliore credo sia quello di mantenere lo stesso nome.
Si è conclusa con ascolti record per l’emittente HBO – oltre 19milioni di spettatori “a stelle e strisce”–, nella notte tra domenica 19 e lunedì 20 maggio, l’ottava e ultima stagione del “Trono di Spade” (“Game of Thrones”), serie uscita dalla penna dello scrittore George R.R. Martin e appartenente al ciclo di romanzi “Cronache del ghiaccio e del fuoco”, adattata per la televisione da David Benioff e D.B. Weiss. In tutto 73 episodi, suddivisi in 8 stagioni tra il 2011 e il 2019. In Italia, su Sky Atlantic (e in parallelo su Sky Go e NowTv) l’ultimo episodio ha fatto registrare alle 3.00 del mattino (orario della diretta USA) oltre mezzo milione di spettatori. Una serie che è riuscita nell’impresa di coniugare “vecchie” e “nuove” modalità di fruizione, ovvero di mettere insieme il pubblico tradizionale, tarato sull’appuntamento serale a cadenza periodica, con lo stuolo di iGen o post-millennials che fanno del binge watching la pratica di fruizione per eccellenza.
Non solo numeri. Il fenomeno “Game of Thrones” non è solo fatto di numeri da record, che di certo la rendono tra le più seguite, costose (circa 13-14 milioni di dollari a episodio nell’8astagione), remunerative e premiate, trasmessa in oltre 170 Paesi al mondo in contemporanea. “Game of Thrones” costituisce un’eccellenza sotto il profilo narrativo, per il linguaggio adottato. È vero, forse l’ottava stagione non è la migliore per la scrittura – anche se dal punto di vista visivo è incredibile, del tutto cinematografica –, al punto che i due sceneggiatori Benioff e Weiss sono stati assaliti dalle proteste dei fan, con petizioni da milioni di firme. Nel valutare comunque l’insieme della serie, non c’è dubbio che possegga forza narrativa, originalità della scrittura e messa in scena così rivoluzionaria da renderla un unicum.
La corruzione del potere. Bollarla come semplice serie fantasy, con richiami medievali, è ingeneroso e superficiale. È un appassionante, crudo, a tratti terrificante, racconto di un’umanità schiacciata dalla lotta per il potere. Un potere dalle tante seduzioni e allucinazioni, che spinge gran parte dei personaggi a deragliare verso spregiudicatezza e disumanità. Perché vederla se è così virata negativamente, con scene che non risparmiano nulla per violenza e sessualità? Perché è un’allegoria della vita umana, con i suoi smarrimenti ed eccessi; una suggestione problematica dove emerge, seppur timidamente, anche un apparato valoriale. La luce del bene esiste, e si batte per affiorare tra le tenebre.
Sergio Perugini