Il mouse al posto del revolver: l'infiltrazione delle mafie nel gioco d'azzardo

L'ultima relazione della Direzione investigativa antimafia dedica un focus al fenomeno. Cosa Nostra, Camorra, 'Ndrangheta e Sacra Corona puntano non solo sul gioco illegale ma anche su quello legale e possono contare su “figure professionali specializzate” esterne alle cosche.

Il mouse al posto del revolver: l'infiltrazione delle mafie nel gioco d'azzardo

Con il gioco d'azzardo la criminalità organizzata fa grandi profitti, mantiene il controllo del territorio e ha un ottimo canale per riciclare denaro sporco a livello internazionale. La relazione semestrale alla Parlamento della Direzione investigativa antimafia dedica un focus al tema “Mafia e giochi”perché ormai attorno al “settore dei giochi e delle scommesse sono andati a polarizzarsi gli interessi di tutte le organizzazioni mafiose, dalla camorra alla ‘ndrangheta, dalla criminalità pugliese a cosa nostra, in alcuni casi addirittura consorziandosi tra di loro”. Un fenomeno che ha cominciato a diventare sempre più preoccupate tanto che la Dia scrive che “dopo i traffici di stupefacenti è probabilmente il settore che assicura il più elevato 'ritorno' dell’investimento iniziale, a fronte di una minore esposizione al rischio” e “con una metafora, si può dire che le mafie prediligono, oggi, il click-click del mouse al bangbang delle pistole”.

Le mafie puntano sia sul gioco illegale che su quello legale. E proprio la capillarità del gioco legale con le sale da gioco, i punti scommesse, o le stesse slot machine in bar ed altri esercizi pubblici ha attirato le cosche che mirano a contaminare questo settore “che garantisce rilevanti introiti a fronte del rischio di sanzioni ritenute economicamente sopportabili”. Quindi le mafie da una parte gestiscono il mercato illegale, oggi ampliato dall'offeta on line, dall'altro taglieggia i gestori delle sale legali, impone loro slot machine o Vlt e altri servizi, o gestisce direttamente con prestanomi le sale stesse. Non solo, spesso manomette le slot machine e le Vtl legali, in modo tale che risultino meno giocate (e quindi meno contributi all'erario). “C’è poi un ulteriore aspetto dai drammatici risvolti sociali -scrive la Dia-: le mafie approfittano dei giocatori affetti da ludopatia, concedendo loro prestiti a tassi usurari. Si genera così, un circolo vizioso, in cui alla dipendenza dal gioco si somma la 'dipendenza' economica dai clan”.

Il gioco illegale, pur essendo ancora presente nel territorio, ha trovano un nuovo sbocco nell'on line. “Spesso, per rendere più difficoltosa l’individuazione dei flussi di giocate, i server vengono collocati in Paesi off-shore o a fiscalità privilegiata e non collaborativi ai fini di polizia -sottolinea la Dia-. Si tratta di un circuito totalmente 'invisibile', in cui i brand raccolgono puntate su giochi e scommesse, restando ignoti al Fisco”. E non è detto che il giocatore arrivi direttamente ai siti di gioco illegale. La criminalità utilizza sul territorio punti di raccolta, più o meno legali, così da mantenere anche il controllo del territorio. “Ovviamente, i siti on line illegali hanno maggior successo presso il pubblico rispetto a quelli legali perché, non soggiacendo ad imposizione fiscale, possono offrire quotazioni maggiori e vincite più alte. Era quindi scontato - considerati i volumi, sempre crescenti, della domanda - che, accanto all’offerta del gioco regolare controllato dallo Stato, le consorterie puntassero a sviluppare una “filiera parallela”, utile sia ad ottenere un nuovo canale da cui ottenere alti profitti, sia per riciclare i capitali illegali”. L'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha finora oscurato oltre 8mila siti di gioco illegali.

“È noto quanto le mafie riescano a coniugare perfettamente tradizione e modernità -si legge nelle conclusioni della Dia-. Il gioco ne è la massima espressione, perché ai sistemi tradizionali di scommessa i clan affiancano quelli più sofisticati sulle piattaforme on line”. È un'infiltrazione carsica “che richiede il contributo di figure professionali specializzate, in grado di applicare le nuove tecnologie informatiche e di adattarsi – per aggirarlo - all’evoluzione del quadro normativo di riferimento. Si tratta di soggetti spesso formalmente 'esterni' alle organizzazioni, ma necessari.

Sono figure professionali che rappresentano il punto di cesura tra la mafia della tradizione – la stessa che nel passato ricercava bravi chimici per raffinare la droga – e quella che sempre più diffusamente si manifesta come mafia imprenditrice, che adotta modelli manageriali per la gestione delle risorse e per intercettare settori economici emergenti”. (dp)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)