Il giornale che nasce dai volti e dalle storie. L'editoriale di Luca Bortoli, direttore della Difesa del Popolo
Siamo consapevoli che in questo momento non basta esserci. Oggi dobbiamo dare ancora più qualità al nostro lavoro, selezionando le notizie e ponendo i fatti nel loro contesto
La tregua è finita. Dopo la parentesi estiva la mente di tutti noi torna a concentrarsi su quelle quattro lettere con le quali abbiamo imparato a fare i conti nel picco dei contagi primaverile. D-p-c-m. Quattro lettere che riprendono a normare la nostra vita, a porre limiti, a raccomandare su come comportarci nelle nostre case, a indicare come dovremmo lavorare. Covid-19 rialza la testa anche da noi in Italia e il Governo Conte e i presidenti di Regione si ritrovano attorno al tavolo virtuale per trovare il giusto equilibrio tra la protezione massima della salute e la minor penalizzazione possibile per l’economia e la socialità.
Comincia da qui il nostro dialogo, cari lettori. All’inizio di quella che ha tutta l’aria di essere la seconda ondata del contagio da Coronavirus, noi giornalisti della Difesa del popolo siamo consapevoli della responsabilità che abbiamo nei vostri confronti. È proprio con il distanziamento, la limitazione negli spostamenti, l’aumentata preoccupazione per il bene proprio e dei propri cari che l’informazione diventa ancora più centrale. Lo abbiamo visto durante il lockdown, le visite sul nostro sito sono esplose, le interazioni nei nostri profili social si sono moltiplicate, così come le vostre lettere. Ma sappiamo che non basta esserci. Oggi più che mai nel nostro lavoro è fondamentale la credibilità, la verifica delle fonti, l’approfondimento del dato superficiale per poter contestualizzare ogni fatto a beneficio della nostra comunità di lettori. In gioco, insomma, c’è la vocazione stessa che a cui la Difesa ha dimostrato di rispondere in questi quasi 113 anni di storia.
Tutti noi – direttore, redattori, grafici, pubblicitari e amministrativi e anche il cda de La Difesa srl – abbiamo ben chiara la nostra responsabilità nei confronti del “popolo” che compare nella nostra testata.
Difendere il popolo in quest’ultimo scorcio del 2020 contrassegnato dalla pandemia mondiale significa dare ancora più impulso alla qualità del nostro lavoro. Significa selezionare le notizie nel mare magnum dell’informazione (che ogni 48 ore è in grado di produrre la stessa quantità di informazioni generate dall’inizio dell’umanità al 2003) e offrirle senza sensazionalismi, ma anche senza paura di approfondirne i contorni più ostici.
Ogni settimana produciamo un’opera di ingegno collettivo che nasce dai volti, dalle vite, dalle gioie e dalle fatiche di voi lettori, di chi vive le comunità cristiane, delle migliaia di volontari che rendono migliori le nostre città, di chi fa i conti con la malattia o la povertà e di chi sceglie ogni giorno il bene. Ecco, qui sta anche la nostra scelta: il grande reporter polacco Ryszard Kapuscinski sosteneva che «il cinico non è adatto a questo mestiere» e che «è sbagliato scrivere di qualcuno senza averne condiviso almeno un po’ la vita». Questo è da sempre – e continuerà a essere – la bussola della Difesa del popolo. E accanto a questo presidieremo i grandi temi da cui dipende il nostro futuro, come la crisi climatica e ambientale, la progettazione di un nuovo modello di sviluppo – di cui papa Francesco parla anche nell’ultima enciclica Fratelli tutti – la costruzione della sanità del futuro, senza tralasciale mai la vicenda di chi arranca, di chi è povero, di chi si sente ultimo.
Oggi la Difesa, grazie alla direzione lungimirante di Guglielmo Frezza, è un settimanale sulla carta, un quotidiano sul web, una porta aperta al dialogo su Facebook e Instagram. È qui che desideriamo incontrarvi, cari lettori, consapevoli che su molti temi ne sapete più di noi. Il nostro giornale appartiene anzitutto a voi e alle comunità cristiane che ogni settimana lo ricevono, lo leggono e lo diffondono. Noi giornalisti siamo solo gli interpreti di un patrimonio di valori attorno ai quali desideriamo aprire dibattiti, creare occasioni di confronto e non smettere mai di inseguire la verità.
Per questa possibilità, esprimo enorme gratitudine nei confronti della Chiesa di Padova e in particolare del vescovo Claudio per la fiducia e la vicinanza. Con don Daniele Longato, a capo dell’Ufficio per le comunicazioni sociali, lavoreremo per raccontare la vita delle comunità e della Diocesi e soprattutto per continuare a interrogare la realtà alla luce della Dottrina sociale della Chiesa.