Il dolore dell’amata Siria corre sulle note di Nahel. La musica per dare voce a chi non ha voce
La storia di Nahel Al Halabi, compositore e direttore d’orchestra di Damasco, esule a Mantova. Con la Diocesi locale, il Comune e l'Unhcr, Nahel ha promosso il progetto "Amata Siria", nato per raccontare in musica il dolore della sua terra piegata da una lunga guerra che sembra essere stata dimenticata
“Muore solo chi viene dimenticato, nessuno è solo se la sua sofferenza viene condivisa”: Nahel Al Halabi, compositore e direttore d’orchestra di Damasco, parla così della sua “amata Siria” da dove manca dal 2012, da quando cioè la guerra lo ha costretto a partire lasciando prestigiosi incarichi, quello di professore ordinario presso il Conservatorio Superiore di Musica di Damasco (Accademia Nazionale di Musica), la direzione dei Conservatori del Paese e la guida della sua creatura, l’Orchestra Filarmonica Siriana (Syrian Philarmonic Orchestra).
Da allora l’Italia è il suo Paese elettivo, qui ha perfezionato la sua arte grazie a una borsa di studio dal 2001 al 2006. “L’Italia è la patria della musica e della cultura e l’ho preferita alla Germania e al Giappone” dice sorridendo, senza nemmeno un velo di pentimento. Da oltre un anno Nahel, al quale è stata riconosciuta la ‘protezione sussidiaria’, vive a Mantova, insieme a Marta, la sua compagna, insegnante al liceo coreutico della città. Per Nahel gli inizi, in ambito lavorativo, non sono stati facili. Un giorno, durante una delle sue tante camminate per scoprire le bellezze storiche di Mantova, Nahel si ritrova a passare davanti la sede della Caritas diocesana. Entra e si offre come volontario per la mediazione culturale venendo indirizzato al direttore di allora, Giordano Cavallari, il quale, a sua volta, lo presenta al vescovo mons. Marco Busca.
“L’amore non lascia mai le cose come le trova – furono le parole del vescovo al compositore siriano -. Dio ti darà un’idea per dare voce a chi non ha voce”.
Da quel momento Nahel ritrova nuovi motivi di speranza e di impegno. Senza mai dimenticare l’“amata Siria”.
“Sulla pelle dei siriani”. Davanti alla sua workstation dove suona e compone ricorda i giorni delle prime proteste, nel 2011, a Daraa, “i manifestanti sono scesi in strada, sventolando la bandiera nazionale siriana, mica quella della rivoluzione. Chiedevano solo più diritti e migliori condizioni di vita. Chiedevano libertà, dignità e cittadinanza”. Il rifiuto totale della violenza: “il popolo siriano non la vuole, come non vuole il terrorismo. Ripulire il Paese dai terroristi non può significare distruggere intere città. Nessuno è a favore dei terroristi – dichiara il compositore con toni pacati ma fermi – In Siria oggi si sta combattendo quella Terza Guerra Mondiale a pezzi di cui parla Papa Francesco. Sulla pelle dei siriani, e questo a causa dell’intervento di altre nazioni che hanno interessi che non sono quelli del mio popolo.
La Siria è sempre stata una melodia armoniosa di etnie e di fedi, con forti sentimenti di unità e spirito di convivenza. È da qui che bisogna ripartire per ricostruire la nostra patria. Ma intanto continuiamo a subire il suono cupo delle armi”. Da qualche giorno, infatti, sono ripresi gli scontri tra l’esercito siriano, sostenuto da truppe russe e islamisti e opposizione armata per riconquistare la provincia di Idlib, ultima roccaforte ribelle. E ancora una volta la tragica conta di morti, feriti e sfollati si aggiorna.
Il dolore della Siria corre sulle note di Nahel “perché l’unico modo per evitare altre sofferenze è raccontare al mondo ciò che accade nel mio Paese. Racconto in musica storie vere che pochi conoscono”. Come quella di Nayef, un “cucciolo di uomo”, 8 anni, di un villaggio nei pressi di Aleppo che in un bombardamento ha visto morire praticamente tutta la sua famiglia. “La sua dignità e il suo orgoglio di uomo, imprigionati nel corpo di un bambino, mascherano – dice Nahel – dolore e lacrime sotto il suo capo fasciato”. Le immagini di quel bambino, trovate in rete, vengono accompagnate dalle note del maestro. “Fino a quando?”: è la domanda che è anche il titolo del brano.
“Fino a quando Nayef sarà uno dei tanti, troppi, innocenti che vivono simili tragedie ogni giorno, in solitudine, con la loro sofferenza che esplode dentro al cuore?”.
Domande che si ripetono per altri siriani, bambini come Alan Kurdi, tre anni, ritrovato morto sulle rive della Turchia, dopo che il gommone su cui viaggiava con la sua famiglia è affondato, o giovani donne come Aya, che dopo tante peripezie riesce a coronare il sogno della sua vita di sposare il suo Fady e raggiungere la Svezia. Non mancano cenni autobiografici – affidati al brano ‘La speranza del ritorno’ – con il compositore costretto a lasciare Damasco anche davanti al farsi strada degli estremismi e del terrorismo, “ancora rivedo spari, urla, persone che fuggono e tanto sangue”.