Gioco d’azzardo. Capitanucci: “La crescita certifica in modo incontrovertibile i danni derivanti dall’‘epidemia in atto’ nel nostro Paese”
“Stiamo indubbiamente assistendo ad un fenomeno inarrestabile. Si pensi che tra il 2004 e il 2023 la raccolta complessiva nel settore azzardo legale è stata di circa 1.617 miliardi di euro, una cifra che è pressoché pari al valore del Pil italiano del 2021”, ricorda al Sir la presidente di And aps
Il sottosegretario all’Economia Federico Freni, in risposta a una interrogazione parlamentare presentata alla Camera dei deputati, ha reso noto i dati sulla diffusione del gioco d’azzardo in Italia, per quanto riguarda la raccolta nel periodo 1° gennaio-31 luglio 2024: 90 miliardi di euro. In proiezione quest’anno si andrà molto sopra gli oltre 147 miliardi di euro raccolti lo scorso anno, che già erano un record assoluto. Di questa preoccupante crescita parliamo con Daniela Capitanucci, psicologa psicoterapeuta, presidente di And-Azzardo e nuove dipendenze aps, coautrice del volume: “Perché il gioco d’azzardo rovina l’Italia e le famiglie italiane”.
Cosa pensa di questi tristi record che raggiungiamo in Italia con il gioco d’azzardo?
Stiamo indubbiamente assistendo ad un fenomeno inarrestabile. Si pensi che tra il 2004 e il 2023 la raccolta complessiva nel settore azzardo legale è stata di circa 1.617 miliardi di euro, una cifra che è pressoché pari al valore del Pil italiano del 2021.
Questi dati, che vengono presentati come “fatti di ordinaria amministrazione” o persino come “storia di un successo industriale”, ogni volta suscitano inutili reazioni da più parti. Infatti, i ripetuti inviti alla cautela provenienti dal Terzo Settore, e non solo, non parrebbero sin qui aver ottenuto esiti concreti o mutamenti di rotta. La politica italiana sull’azzardo parrebbe galoppare a spron battuto nella direzione espansiva intrapresa ormai più di vent’anni fa, nonostante i dati che malvolentieri diffonde dovrebbero farla riflettere, interrogando i decisori pubblici: può il gioco d’azzardo legale essere considerato una risorsa fondamentale per l’economia? Quali danni – di carattere finanziario, emotivo e psicologico, sanitario, sociale e relazionale – produce questo fenomeno per cittadini, famiglie e per tutta la società? È accettabile che lo Stato non si preoccupi di bilanciare i supposti benefici che ritiene di ricavarne, con i costi che restano sulle spalle dei cittadini, con un progressivo e ingravescente impoverimento a 360°?
Il sottosegretario Freni ha sottolineato che la spesa di ogni giocatore è stimabile in circa 3 euro al giorno, quindi non una cifra da capogiro, tale da mettere in difficoltà persone e famiglie…
In effetti, questa parrebbe una cifra contenuta, incapace di generare grandi disagi e provocare dissesti così rilevanti al punto di doversene occupare. Invece, non è così per almeno due ragioni. La prima, la più evidente, è che tra i 18 milioni di giocatori citati anche da Freni ve ne sono almeno 15 milioni che giocano senza problemi o con bassi rischi. Difficilmente costoro giocheranno costantemente 3 euro al giorno. Quindi,
la media presentata non rappresenta la reale entità del giocato pro capite (e men che meno del denaro perso) dai giocatori già problematici o a rischio moderato.
Si sa infatti che proprio costoro contribuiscono maggiormente a raccolta e spesa, con importi decisamente superiori ai 3 euro medi giornalieri. È la famosa legge della “media del pollo” di Trilussa: se qualcuno mangia un pollo e qualcun altro no, non è detto che in media abbiano mangiato mezzo pollo ciascuno…
Diceva che c’è anche una seconda ragione di preoccupazione…
La seconda ragione è che, ammettendo per assurdo che tutti e 18 milioni di italiani che giocano lo facciano spendendo almeno 3 euro al giorno per ciascuno tutti i giorni e tutti i mesi, anche in questo caso non potremmo dormire sonni tranquilli. La ricerca infatti ci viene in aiuto. Al Canadian Centre on Substance Use and Addiction uno specifico gruppo di lavoro, utilizzando le più recenti evidenze scientifiche, ha elaborato Linee guida per classificare il gioco d’azzardo a basso rischio.
Le Linee guida sono solo tre, ma – secondo questi esperti – è bene seguirle tutte simultaneamente: non giocare per più di 4 giorni al mese, evitare di giocare regolarmente a più di 2 tipi di giochi d’azzardo e giocare d’azzardo non più dell’1% del reddito familiare. Alla luce di queste evidenze, quindi, quei 3 euro mediamente giocati da 18 milioni di italiani, non sono poi così “sicuri”,
perché secondo l’Istat, nel rapporto “Condizioni di vita e reddito delle famiglie/Anno 2023”, pubblicato il 7 maggio 2024, il reddito medio delle famiglie italiane era di 35.995 euro e quei 3 euro giocati ogni giorno rappresentano più del 3% del reddito familiare annuo. In altri termini, in base alla spesa mensile, il rischio di danni legati al gioco d’azzardo del giocatore quotidiano a 3 euro a botta per questi ipotetici 18 milioni di giocatori è quasi 6 volte superiore rispetto a chi non gioca molto.
Questi dati dovrebbero, dunque, ulteriormente allarmare?
Proprio così, perché
certificano in modo matematicamente incontrovertibile i danni derivanti dall’epidemia da gioco d’azzardo in atto nel nostro Paese,
che stanno indebolendo e impoverendo le famiglie e il tessuto sociale. Le politiche a sostegno della famiglia non dovrebbero essere solo “riparative” con bonus, sgravi e quant’altro, ma anche “preventive”, riducendo i fattori di rischio di impoverimento. E il gioco d’azzardo è indubbiamente tra questi fattori uno dei più incidenti, ma anche uno di quelli più facilmente contenibili.
Quante persone si trovano in questa condizione di aumentata vulnerabilità?
Stiamo parlando di circa 10 milioni di persone.
Il rapporto dell’Istituto superiore di sanità ci consente di ricavare questa stima, che è comunque al ribasso. Le prime vittime del gioco d’azzardo patologico e problematico sono i prossimi del giocatore che ha perso il controllo: partner, genitori, figli, amici, colleghi e altri nell’ambito lavorativo…. E se stiamo parlando di quasi 3 milioni di giocatori “perdenti”, possiamo affermare che il loro problema abbia travolto almeno altre due o tre persone della loro rete relazionale, affettiva e sociale. Con tutti i danni conseguenti.
Quali sono le richieste delle associazioni impegnate in prima linea contro i danni dell’azzardo al Governo?
Francamente, in tutti questi anni sono già state fatte moltissime segnalazioni; come And aps siamo un po’ stanchi di chiedere, inutilmente, perché sono le risposte che mancano, a fronte di appelli più volte reiterati, e ignorati.
Personalmente temo che forse potremo uscire da questa situazione solo quando i familiari sofferenti a causa dell’azzardo di un congiunto – un’enormità di persone – troveranno la forza e il coraggio di prendere in mano il loro dolore e presenteranno il conto del drammatico calo nella loro qualità di vita direttamente a chi li ha resi invisibili in tutti questi anni.
Non sono loro che dovrebbero vergognarsi: spero che vincano i sentimenti di colpa, vergogna e inadeguatezza per farsi finalmente sentire, rendersi finalmente visti. Mi risuonano le gravi parole che ascoltai più di dieci anni orsono, pronunciate ad un convegno da un senatore della Repubblica, all’epoca al Governo. Ricordo che disse ad una platea di giovani (ma possiamo tener buono il concetto per chiunque): “Vi dovete aiutare da soli, perché in Parlamento un terzo dei politici ignorano il tema ‘azzardo’, un terzo resta ad esso indifferenti e l’ultimo terzo è costituito da politici direttamente implicati: secondo voi, come ciò potrà influire sulle leggi che saranno emanate?”.