Coronavirus, come affrontano la quarantena i giornali di strada in vari paesi del mondo
Alcune testate continuano a stampare copie cartacee e le distribuiscono nei negozi ancora aperti, la maggior parte invece pubblica la versione digitale sul sito e punta sugli abbonamenti. Aldam (Insp): “I venditori sono rimasti senza un’importante fonte di guadagno, ma il problema non è solo economico: attraverso la vendita in strada queste persone uscivano dall’invisibilità”
“Il principale problema per i diffusori dei giornali di strada, in tutti i paesi del mondo, è che sta venendo a mancare il rapporto faccia a faccia con i clienti, da cui deriva il loro guadagno”. Così Maree Aldam, direttore dell’Insp (la Rete internazionale dei giornali di strada), racconta le difficoltà che gli street papers, giornali venduti in strada da persone senza dimora o in povertà, stanno attraversando durante l’emergenza coronavirus. Ormai tutti hanno sospeso la distribuzione, sia per il pericolo per i venditori di contrarre il Covid-19 o di diventare veicolo del virus, sia perché non è permesso stare fuori e c’è il rischio di venire denunciati. E così queste persone si trovano a dover sopravvivere senza un’importante fonte di guadagno. Le poche testate che continuano a stampare copie cartacee stanno oggi cercando canali alternativi di vendita, come lo stoccaggio nei negozi che ancora possono rimanere aperti. La maggior parte hanno invece attivato forme di raccolta fondi online per sostenere i venditori, in particolare pubblicando versioni digitali della rivista, scaricabili dopo aver fatto una donazione.
“Alcune testate avevano già avviato forme di pagamento senza contanti come Venmo, piattaforma che permette al lettore di supportare direttamente il proprio venditore quando acquista il giornale in versione digitale – spiega Aldam –. Ma il problema non è solo economico: i diffusori ci tengono molto alle interazioni sociali che la vendita del giornale comporta, che permettono loro di uscire dall’invisibilità, il che è vitale tanto quanto il guadagno che ne deriva. A Chicago, in questi giorni la testata StreetWise ha appeso per strada dei poster che ritraggono i venditori, incoraggiando chi passa a ricordarsi di quelle persone anche durante la quarantena. La verità è che questi giornali sono molto più che semplici riviste: la maggior parte organizza programmi di solidarietà e progetti sociali per i senza dimora, attività che in questo momento di isolamento è molto difficile portare avanti”. Le perdite dovute a questa crisi sono ingenti, considerando anche il fatto che i giornali di strada hanno una certa diffusione in tutto il mondo: nell’ultimo anno sono state vendute quasi 20 milioni di copie per un totale di circa 27 milioni di euro, con più di 20 mila venditori attivi che contano su questa entrata. Solo all’interno dell’Insp si contano oltre 100 testate in 35 paesi, pubblicate in 25 lingue.
Anche in Italia, i problemi sono gli stessi e tutti i giornali di strada hanno dovuto interrompere la distribuzione: “Per fortuna la maggior parte dei nostri venditori percepisce il reddito di cittadinanza – afferma Stefano Lampertico, direttore di Scarp de’ Tenis, giornale di strada con sede a Milano e distribuito in 12 città su tutto il territorio nazionale –. Altri invece possono far conto solo sulle entrate che derivano dalla vendita in strada del giornale: per loro andare avanti è molto più difficile. A marzo avevamo mandato in stampa 17 mila copie, che sono rimaste invendute nel nostro magazzino: il numero ora è in vendita online sul nostro sito, in versione pdf. Per adesso sono state acquistate un migliaio di copie, più qualche decina di abbonamenti. Il numero di aprile invece non lo realizzeremo neanche: continuiamo a pubblicare articoli sul sito, usiamo molto i social network e vogliamo riattivare il nostro canale YouTube”. Lo stesso vale per il giornale bolognese Piazza Grande, che per il numero di aprile ha sospeso la stampa del numero cartaceo e metterà a disposizione sul sito la versione in pdf.
In tutto il mondo, le redazioni giornalistiche degli street papers stanno operando in remoto, concentrandosi sulla produzione di contenuti per il sito e per i social media. “In questa fase, il modello basato sugli abbonamenti sta diventando prevalente– conclude Maree Aldam –. Oltre all’italiano Scarp de’ Tenis, la stessa strategia sta venendo adottata anche da The Big Issue in Gran Bretagna, Shedia in Grecia, Faktum in Svezia, ma anche da altri giornali in Finlandia, negli Stati Uniti e in Messico. C’è chi ha aumentato il prezzo di copertina per la versione online, oppure ha definito un prezzo fisso che sostituisce l’offerta libera. E alcuni hanno puntato sui cosiddetti ‘abbonamenti solidali brevi’, per supportare i venditori in questo periodo difficile, in attesa che possano tornare a vendere per le strade. Lo scoppio del coronavirus ha già dimostrato come le persone più marginalizzate dalla società, come i senza dimora, siano più esposte: i giornali di strada e il loro staff stanno cercando di colmare questo gap, assicurandosi che i venditori siano tutelati e possano continuare a percepire un guadagno onesto”.
Alice Facchini