Colombia, la crisi sanitaria mette a nudo le disuguaglianze del paese
Dal 12 marzo è stato introdotto il confinamento obbligatorio e i voli internazionali sono fermi. E per chi è ai margini della società è tutto più difficile. “Il vero problema è la povertà”
In Colombia la crisi sanitaria sta mettendo a nudo la pesante disuguaglianza che caratterizza il Paese da tempo. Il coronavirus è arrivato più tardi rispetto all’Europa, registrando 3.105 contagi e 131 morti il 15 aprile. Dal 12 marzo è stato introdotto il confinamento obbligatorio e i voli internazionali sono fermi. E per chi è ai margini della società è tutto più difficile. Secondo l’associazione Venezuela Proactiva, a Bogotà sono decine le famiglie che sono state sfrattate nel quartiere di Bogotà a causa della mancanza di reddito che non permette più loro di pagare l’alloggio.
Senza casa. I tanti lavoratori dell’economia informale, un fenomeno molto diffuso nella capitale e in tutta la Colombia, vivono spesso in pensioni dove si trovano camerate con decine di posti che si pagano giornalmente. E chi, a un certo punto, non può più permettersi neppure questa soluzione, si ritrova senza un posto in cui stare. Intervistato da Osservatorio Diritti, Carlos Gonzalez, portavoce della comunità venezuelana del quartiere di Santa Fe, riassume così l’emergenza: “Il problema principale non è il lavoro, ma l'aspetto sociale: noi non siamo riconosciuti da nessuna istituzione dello Stato colombiano. Semplicemente non possiamo più andare a lavorare, così non ci resta alternativa e siamo obbligati a dormire per strada”. E a trovarsi in questa condizione, oltre ai venezuelani ci sono anche gli equadoregni e i colombiani che vivono in povertà.
“Il vero problema è la povertà”. Il sindaco della capitale, Claudia Lopez, ha varato un decreto per vietare gli sfratti e dare generi alimentari nell’area di Santa Fe a chi ne ha bisogno, ma non è sufficiente. Il quartiere, infatti, è intriso di fenomeni di corruzione e criminalità che complicano ogni azione. Per il direttore della Fondazione Procrear, Juan Carlos Celis, “il vero problema non è il coronavirus, ma che in Colombia esista uno scenario di povertà estrema”. A Santa Fe, dice ancora Celis, “la situazione è cominciata a peggiore con l'arrivo massivo di migranti venezuelani in situazione di estrema povertà a partire dal 2015. A causa della miseria si sono sviluppati i traffici di droga e la prostituzione. Esistono varie categorie sociali nel quartiere, da chi è costretto a dormire in grandi stanzoni con più di 40 posti letto, a chi in qualche modo riesce ad affittare una stanza in un appartamento con uso cucina”.
L’articolo integrale di Samuel Bregolin (da Bogotà, Colombia), Colombia e coronavirus: l’emergenza sanitaria ingrossa le fila dei senzatetto, può essere letto su Osservatorio Diritti.