Colombia, ancora violenze e problemi per il diritto alla terra
A evidenziarlo è l’ultimo rapporto Onu presentato a Bogotà a metà marzo, che parla di un aumento di omicidi del 164% nel 2018 in confronto al 2017. In tutto, i difensori dei diritti ammazzati l’anno scorso sono almeno 110. E in due casi su tre queste violenze avvengono in seguito a denunce contro i sistemi criminali
Ancora violenza e problemi con il diritto della terra nella Colombia post-Accordi di pace. A evidenziarlo è l’ultimo rapporto Onu presentato a Bogotà a metà marzo, che parla di un aumento di omicidi del 164% nel 2018 in confronto al 2017. In tutto, i difensori dei diritti ammazzati l’anno scorso sono almeno 110. E in due casi su tre queste violenze avvengono in seguito a denunce contro i sistemi criminali.
La questione della terra. Tra le questioni aperte alla base delle tensioni e degli omicidi c’è spesso la ripartizione delle terre tolte dalla guerriglia o dai paramilitari nelle comunità di contadini e in quelle indigene. A regolare questo aspetto, in un primo momento è stata la legge 1448 del 2011, che prevede che chi ha lasciato la terra negli anni ’90, adesso può riprenderselo, a condizione di avere un titolo di proprietà per dimostrarlo. Ed è qui che nasce un grosso problema: più dei 40% dei proprietari terrieri non ha alcun documento. Inoltre, la legge non fa distinzione tra chi è stato costretto ad andarsene e chi, invece, ha venduto per scelta.
L’analisi. «Quello che sta succedendo adesso è che chi nel 1997 aveva venduto un terreno a un contadino, che per i successivi trent’anni lo ha coltivato e lavorato, oggi può legalmente reclamarne la proprietà se quel terreno rientra, secondo il governo, nei terreni di restituzione», dice a Osservatorio Diritti Monica Puto, coordinatrice del progetto di Operazione Colomba che da dieci anni accompagna la Comunità di Pace di San José de Apartadò , nella regione dell’Urabà. Secondo la Puto, dunque, «la riforma della restituzione delle terre oggi non risponde all’esigenza reale di chi per anni ha vissuto nelle zone rurali, scegliendo di rimanere per difendere il territorio e per contrastare le forze armate illegali che lo stavano contendendo».
Comunità di Pace a rischio. Proprio a causa di questi meccanismi, la stessa Comunità di Pace è in pericolo, visto che detiene la documentazione solo per un 50% dei terreni. Un pericolo che se diventasse reale avrebbe anche altre ricadute negative: «In tutti questi territori è presente un insediamento, spesso composto da una o due famiglie, che fa opposizione e denuncia le continue violenze o violazioni dei diritti umani . Inoltre, le colline intorno alla Comunità di pace sono ricche di carbone e oggi ci sono diverse imprese interessate all’estrazione mineraria. Il puzzle si completa se parliamo poi del mega progetto del porto di Turbo che sarà la connessione tra Oceano Atlantico e Oceano Pacifico e la porta di uscita di petrolio e oro, che al momento avviene attraverso il porto di Buenaventura», dice ancora Monica Puto.