Carcere, una telefonata può salvare la vita

L’appello di oltre 100 organizzazioni e privati cittadini per mantenere le videochiamate introdotte durante la pandemia

Carcere, una telefonata può salvare la vita

“Gentili direttori, non fateci tornare al peggio del passato, usate il vostro “potere” per prevenire i suicidi con quello straordinario strumento che può essere sentire una voce famigliare nel momento della sofferenza e della voglia di farla finita. Lasciate le telefonate in più, in nome dell’emergenza suicidi, e anche per dare continuità a quella che la Corte Costituzionale nell’ordinanza n.162/2010 definisce la progressività che ispira il percorso rieducativo del detenuto e che è tutelata e garantita dall’art. 27 della Costituzione, attraverso la previsione della finalità rieducativa della pena”. Si conclude così l’appello, reso noto da Ristretti Orizzonti, che oltre 100 soggetti, tra organizzazioni e privati cittadini, hanno inviato ai direttori dei penitenziari, perché, in base alla discrezionalità che l’ordinamento penitenziario riconosce loro, garantiscano colloqui, telefonate e videochiamate oltre le previsioni normative ordinarie.

Sarà ancora possibile telefonare a casa con la stessa frequenza?

Con il Covid – si legge nell’appello – è stato introdotto “il miracolo” delle videochiamate, che hanno permesso alla popolazione detenuta di telefonare più spesso, in alcuni penitenziari anche ogni giorno, potendo così “rivedere” le proprie case e le famiglie lontane grazie alle videochiamate. Ma ora “Radio carcere” dice che le telefonate a breve non saranno più quotidiane o comunque diventeranno molto frequenti: “Non vogliamo credere che i direttori, che hanno la possibilità di concedere più telefonate per motivi ‘di particolare rilevanza’, rinuncino a un potere, che per una volta è davvero un ‘potere buono’, di far star meglio le persone detenute, e soprattutto le loro famiglie. Certo, per chi ha figli minori dovrebbe restare in ogni caso la telefonata quotidiana, prevista dalla legge – prosegue l’appello – ma tutti quei figli maggiorenni che per anni hanno avuto a disposizione solo dieci miserabili minuti settimanali per parlare con un genitore detenuto, perché devono essere di nuovo penalizzati dopo aver faticosamente ricostruito delle relazioni famigliari decenti con la chiamata quotidiana (o comunque molto frequente)?”

Il garante Anastasia: “Anacronistici solo 10 minuti di telefonata a settimana”

Sul tema è intervenuto anche il garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia, che ha auspicato, in attesa del cambiamento della norma del Regolamento, una particolare attenzione e sensibilità sul tema da parte dell’amministrazione penitenziaria. “Quante volte, nei mesi più difficili della pandemia, ci siamo detti che non si sarebbe potuto tornare indietro, allo status quo ante? – si legge sul sito dell’Ufficio del Garante del Lazio. – La pandemia ci ha mostrato l’inadeguatezza del nostro sistema penitenziario, l’insostenibilità del carcere “ospizio dei poveri” e della sua chiusura all’esterno, alle tecnologie e agli affetti. Nell’emergenza sono state adottate misure capaci di scavalcare le barriere della comunicazione e di integrare i servizi sociali territoriali nella presa in carico delle persone bisognose di accoglienza sul territorio”.

Non va ora dimenticato – prosegue Anastasia – che le misure di emergenza adottate durante la pandemia supplivano incapacità strutturali del nostro sistema penitenziario”. Per il garante del Lazio non si può, insomma, tornare indietro: “Tra le principali inadeguatezze del nostro sistema penitenziario – scrive – ci sono quei micragnosi 10 minuti di telefonata alla settimana (ogni due settimane per chi è in alta sicurezza) che somigliano tanto alla settimanale telefonata a casa della mia generazione, tra i Settanta e gli Ottanta del secolo scorso, durante la naja, le vacanze o da studenti o lavoratori fuori sede. Una cosa, appunto, del secolo scorso, letteralmente inconcepibile per i ragazzi di ora, ma anche per noi, ragazzi d’allora, che invecchiamo con un cellulare sempre acceso in tasca o sul comodino”.

Lo psichiatra De Leo: “Aumentare i contatti col fuori aiuta a prevenire i suicidi”

L’appello fa anche riferimento ai sucidi in carcere, che nel 2022 hanno raggiunto la cifra record di 84 e riporta il commento dello psichiatra Diego De Leo, uno dei massimi esperti di suicidi: “Aumentare le opportunità di comunicazione e le connessioni con il mondo ‘di fuori’ non solo renderebbe più tollerabile la vita all’interno dell’istituto di detenzione, ma sicuramente aiuterebbe nel prevenire almeno alcuni dei troppi suicidi che avvengono ancora nelle carceri italiane”.

Antonella Patete

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)