Carcere, mai così tanti suicidi nei primi 8 mesi dell’anno. Antigone: “Persone, non solo numeri”

Il Dossier dell’associazione, che ha raccolto le storie di alcune delle 59 persone che si sono tolte la vita in carcere fino ad oggi. Solo ad agosto 15 suicidi, 1 ogni 2 giorni. In carcere ci si leva la vita ben 16 volte in più rispetto alla società esterna. L’età media delle persone che si sono suicidate è di 37 anni

Carcere, mai così tanti suicidi nei primi 8 mesi dell’anno. Antigone: “Persone, non solo numeri”

Nei primi otto mesi del 2022, 59 persone si sono tolte la vita in carcere. Più di una ogni quattro giorni. A ricordarlo è l’associazione Antigone, che rende noto un Dossier sui sucidi in carcere nel 2022, inserendo non solo numeri, ma anche storie, vite, profili di persone.
Afferma Antigone: “Sin dall’inizio dell’anno il fenomeno ha mostrato segni di preoccupante accelerazione, fino a raggiungere l’impressionante cifra di 15 suicidi nel solo mese di agosto, uno ogni due giorni. A due terzi dell’anno in corso, è già stato superato il totale dei casi del 2021, pari a 57 decessi”.

Per Antigone i numeri di quest’anno generano un vero e proprio allarme, non avendo precedenti negli ultimi anni: “Non è facile trovare delle spiegazioni. Non è neanche facile trovare delle soluzioni. Di questo ne siamo consapevoli. Sappiamo anche che la vita carceraria è dura, genera sofferenza, esprime solitudini, produce desocializzazione e malattie. Va fatto tutto il possibile per modernizzarla, renderla più a misura di donna o uomo, per ridurre la distanza tra il dentro e il fuori. Noi mettiamo a disposizione di giornalisti, politici, operatori del diritto, esponenti delle istituzioni, studiosi, attivisti questo dossier per costruire un senso comune diverso intorno alla pena e alle sue condizioni talvolta tragiche di esecuzione. Non sempre è facile avere informazioni sui suicidi avvenuti, sulle biografie delle persone che si sono tolte la vita. Meritoria è la scelta del Garante Nazionale di porsi come persona offesa in ogni caso di suicidio. Il dossier di Ristretti Orizzonti, a cui siamo grati per il lavoro svolto, da tanti anni raccoglie notizie relative ai decessi in carcere. Esso racconta come non ci siano mai stati nei primi due terzi dell’anno tanti suicidi come nel 2022. Il numero più alto finora era quello del 2010, con 45 casi. Ma ben quattordici in meno rispetto ad oggi”.
“Ovviamente ogni caso di suicidio ha una storia a sé, fatta di personali sofferenze e fragilità, ma quando i numeri iniziano a diventare così alti non si può non guardarli con un’ottica di insieme – continua Antigone -. Come un indicatore di malessere di un sistema che necessita profondi cambiamenti”.

Il tasso di suicidi dentro e fuori dal carcere

Oltre al numero in termini assoluti, un importante indicatore dell’ampiezza del fenomeno è il cosiddetto tasso di suicidi, ossia la relazione tra il numero di decessi e le persone detenute mediamente presenti nel corso dell’anno. Rileva Antigone: “Nel 2020 con 61 suicidi tale tasso era pari a 11 casi ogni 10.000 persone detenute, registrando il valore più alto dell’ultimo ventennio. Nel 2021, seppur in calo rispetto all’anno precedente, il tasso è restato particolarmente alto con 10,6 suicidi ogni 10.000 persone detenute. Seppur bisogna attendere la fine dell’anno per scoprire il tasso del 2022, considerato il numero di decessi già avvenuti, il valore sembra destinato a crescere rispetto al biennio precedente. A riprova della natura strutturale del fenomeno è il confronto con quanto accade fuori dagli istituti di pena. Con 0,67 casi di suicidi ogni 10.000 abitanti, l’Italia è in generale considerato un paese con un tasso di suicidi basso, uno tra i più bassi a livello europeo”.
Secondo l’ultimo report dell’Oms (Suicide Worldwide-2019), con dati relativi al 2019, il tasso di suicidi in Italia è pari a 0,67 ogni 10.000 persone, ben inferiore ad altre realtà europee come la Francia (1,38); la Germania (1,23); la Polonia (1,13); la Romania (0,97); la Spagna (0,77); e gli UK (0,79).
Secondo gli ultimi dati del Consiglio d’Europa, l'Italia si colloca invece al decimo posto tra i Paesi con il più alto tasso di suicidi in carcere. “Mettendo quindi in relazione l’ultimo dato disponibile della popolazione detenuta con quello della popolazione libera vediamo l’enorme differenza tra i due fenomeni: in carcere ci si leva la vita ben 16 volte in più rispetto alla società esterna”, sottolinea Antigone.

Le persone

Genere. Delle 59 persone che si sono tolte la vita in carcere, 4 erano donne. “Un numero particolarmente alto se consideriamo che la percentuale della popolazione detenuta femminile rappresenta solo il 4,2% del totale – afferma Antigone -. Ancora più impressionante se paragonato agli anni passati. Secondo i dati pubblicati dal Garante nazionale, sia nel 2021 che nel 2020 soltanto una donna si era levata la vita in carcere. Nel 2019 non si era verificato invece nessun caso di suicidio femminile”.

Età. L’età media delle persone che si sono tolte la vita è di 37 anni. La fascia più rappresentata è infatti quella tra i 30 e i 39 anni, con 21 casi di suicidi. Segue quella dei più giovani, con 16 casi di suicidi commessi da ragazzi con età comprese tra i 20 e i 29 anni. Vi sono poi 14 decessi di persone tra i 40 e i 49 anni e 8 decessi di persone dai 50 anni in su. I più giovani in assoluto erano due ragazzi di 21 anni, detenuti nelle Case Circondariali di Milano San Vittore e Ascoli Piceno. Il più anziano era un uomo di 70 anni detenuto nella Casa Circondariale Genova Marassi.

Nazionalità. Le persone di origine straniera erano 28, ossia il 47,5% dei casi. Afferma l’associazione: “Tenendo conto che la percentuale di stranieri in carcere è ad oggi leggermente inferiore a un terzo della popolazione detenuta totale (17.675 su 55.637), ciò implica che il tasso di suicidi è significativamente maggiore nei detenuti di origine straniera rispetto agli italiani: il primo è quasi il doppio del secondo”.

Disagio psichico e dipendenze. “Sembrerebbe, dai pochi dati a disposizione, che almeno 18 delle 59 persone decedute soffrissero di patologie psichiatriche – evidenzia Antigone -. Alcune diagnosticate, altre presunte e in fase di accertamento. In generale in carcere la presenza di persone con disagi psichici è molto alta”.
Nella maggior parte delle visite svolte da Antigone nelle carceri italiane, il personale denuncia con forza la significativa presenza di persone detenute affette da patologie psichiatriche e l'inadeguatezza delle risorse a disposizione per prenderle in carico adeguatamente.
“I dati raccolti dal nostro Osservatorio in questi primi otto mesi dell’anno, riportano 10,5 diagnosi psichiatriche gravi ogni 100 detenuti; 20,5 detenuti su 100 assuntori di stabilizzanti dell’umore, antipsicotici e antidepressivi; mentre quasi 40 detenuti su 100 assuntori di sedativi o ipnotici. Tra le persone che si sono tolte la vita, emergono poi alcuni casi di dipendenze da sostanze stupefacenti o alcol. I primi sono almeno 5, mentre i secondi 2. Secondo i dati raccolti dal nostro Osservatorio, ogni 100 detenuti 19 sono tossicodipendenti in trattamento”.

I luoghi: il triste primato di Foggia

Ad oggi, l’istituto dove sono avvenuti più casi di suicidio dall’inizio dell’anno è la Casa Circondariale di Foggia con quattro decessi. Seguono con tre suicidi ognuno, le Casi Circondariali di Milano San Vittore, Monza e Roma Regina Coeli. Con due suicidi vi sono poi le Case Circondariali di Ascoli Piceno, Genova Marassi, Pavia, Piacenza, Terni, Torino e la Casa di Reclusione di Palermo Ucciardone.
Afferma Antigone: “Possiamo notare come si tratta nella maggior parte dei casi di istituti di grandi dimensioni e, ad esclusione di Palermo, di Case Circondariali. Quasi tutti soffrono da anni di una situazione cronica di sovraffollamento, che nel caso di Foggia, Regina Coeli e Monza si aggira addirittura intorno al 150% della loro capienza. A San Vittore, Pavia, Regina Coeli e Genova più della metà della popolazione detenuta è di origine straniera. A Monza, in particolar modo, vi è un’elevata presenza di detenuti affetti da patologie psichiatriche e il 50% della popolazione è tossicodipendente”.
E ancora: "A Foggia vi è un educatore ogni 190 detenuti. In quasi tutti gli istituti vi è una carenza, più o meno elevata, di specialisti psichiatri e psicologi rispetto alla media nazionale. Sia nel 2021 che nel 2022, la media si attesta intorno alle 10 ore settimanali ogni 100 detenuti per gli psichiatri e intorno alle 20 ore settimanali ogni 100 detenuti per gli psicologi. Gli ultimi dati disponibili mostrano ad esempio che Palermo Ucciardone, Monza e Foggia hanno una presenza molto inferiore di entrambi gli specialisti (Palermo: 5,1 ore gli psichiatri, 5,1 ore gli psicologi; Monza: 6,4 ore gli psichiatri, 9,6 ore gli psicologi; Foggia: 3,4 ore gli psichiatri; 10 ore gli psicologi)”.

Il momento

Non è facile reperire notizie relative alla posizione giuridica o al residuo pena di tutte e 58 le persone, ma comunque si possono recuperare alcune informazioni. Ad esempio, spiega Antigone, “emerge come siano molti i casi di persone toltesi la vita in carcere ancora in attesa di giudizio. Tra queste, diverse sono quelle che in carcere si trovavano solo da pochi giorni o addirittura da poche ore. Emergono almeno 12 storie di suicidi avvenuti dopo brevi se non brevissime permanenze in carcere. Nella maggior parte di questi casi, le persone erano affette da patologie psichiatriche. Oltre a chi era da poco in carcere, diversi sono stati i suicidi di persone che si trovavano invece in procinto di lasciarlo. Delle persone condannate in via definitiva, alcune avevano un fine pena breve. Se ne contano almeno 10 con una pena residua inferiore ai due anni. Ad alcuni mancavano solo pochi mesi per rientrare in società”.

Le storie

“Tutte le storie che si concludono con la decisione di porre fine alla propria vita sono storie di profonda sofferenza”, precisa Antigone, che ne riporta solo alcune, particolarmente emblematiche. “Da ognuna di queste emerge la necessità di un ripensamento della scelta di punire solo ed esclusivamente con il carcere. La necessità di favorire pene e misure alternative al carcere e, quando queste non sono possibili, di migliorare il tempo trascorso al suo interno, riducendo il senso di profondo isolamento e l’assenza di speranza per il futuro”.

C’è la storia di G.T., un giovane ragazzo di 21 anni che secondo il Tribunale di Milano in carcere non doveva stare. Detenuto a San Vittore dall’agosto del 2021 per il furto di un cellulare, nel mese di ottobre il giudice aveva disposto il suo trasferimento in Rems in quanto una perizia psichiatrica dimostrava la sua incompatibilità con il regime carcerario, a causa di un disturbo borderline della personalità. La notte del 31 maggio, a otto mesi da quella pronuncia, G. T. si è tolto la vita…
C’è poi A.G. un ragazzo di 24 anni di origine brasiliana adottato in Italia. Era affetto da disturbi psichici e faceva uso di sostanze stupefacenti. A fine agosto era stato arrestato a Torino per aver rapinato due supermercati. Non aveva precedenti penali, era il suo primo arresto. Dopo un primo tentativo di suicidio, è riuscito nel suo intento lo scorso 15 agosto…

Tra le storie dei suicidi di quest’anno, la più nota per il forte eco mediatico ricevuto è quella di D.H., giovane donna di 27 anni deceduta nel carcere di Verona la notte del primo agosto. A causa della sua tossicodipendenza, sin da giovanissima la ragazza aveva fatto avanti e indietro tra comunità e carceri. I reati commessi erano furti e rapine per procurarsi il denaro necessario all’acquisto di stupefacenti. Per i suoi trascorsi, le era stato levato un figlio dato poi in adozione. D.H. prima di morire ha lasciato un biglietto al suo fidanzato, chiedendogli perdono e motivando il suo gesto con l’enorme timore di perdersi di nuovo.

Oppure c’è la storia di F. I., un uomo di 43 anni, malato di anoressia, pesava appena 43 chili. Si è suicidato il 7 agosto nel reparto Sai (Servizio Sanitario Integrato) del carcere di Poggioreale dove era detenuto dal novembre 2021 per piccoli reati. Il suo fine pena era previsto per il 2024.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)