Assegno unico universale: 7,8 milioni di domande, a fronte di circa 10 milioni di minori

I dati della Relazione annuale dell’Inps. Congedo di paternità, richiedenti in continuo aumento. Distribuzione fortemente diseguale del congedo parentale all’interno della coppia, con i padri che rappresentano solo circa il 19% dei richiedenti. Reddito di cittadinanza: a marzo 1,5 milioni di i nuclei familiari beneficiari, per circa 3,3 milioni di cittadini coinvolti

Assegno unico universale: 7,8 milioni di domande, a fronte di circa 10 milioni di minori

Il quarto capitolo della Relazione annuale dell’Inps, illustrata questa mattina del presidente Tridico, si occupa di politiche di sostegno alla famiglia e di sostegno ai redditi.
Nella prima parte, alla luce dell’importanza assunta dal tema della denatalità, si vanno ad esaminare una serie di strumenti messi a disposizione dal legislatore, ed erogati dall’Inps, per supportare le famiglie nella cura dei figli e dei familiari con lo scopo di favorire le nascite e di colmare il divario di genere nelle responsabilità domestiche e nel mercato del lavoro.
“L’Italia si caratterizza, infatti, per un tasso di natalità tra i più bassi al mondo e per una scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro – sottolinea l’Inps -; situazione che la contraddistingue da paesi europei come Francia, Danimarca e Svezia in cui alti tassi di fecondità sono accompagnati da alti tassi di occupazione femminile. D’altra parte, nei paesi sviluppati la tradizionale relazione negativa tra fecondità e partecipazione al mercato del lavoro si è invertita e adesso i dati mostrano una correlazione positiva”.

Continua l’istituto: “Diversi studi mostrano come un ruolo chiave sia giocato da fattori che facilitano la conciliazione della famiglia e della carriera: quando essi non entrano in campo o sono insufficienti meno donne lavorano e meno bambini nascono. Nel nostro Paese, caratterizzato da scarsi servizi all’infanzia e agli anziani e da norme sociali che non ripartiscono equamente il lavoro domestico e di cura all’interno delle famiglie, le donne si trovano a dover gestire un equilibrio complesso in cui si intersecano impegni familiari e professionali. Spesso, specialmente a seguito della nascita di un figlio, non riuscendo a conciliare le due sfere, molte donne abbandonano il mercato del lavoro, oppure sono costrette ad accontentarsi di un ruolo marginale, con contratti part-time e con scarse prospettive di carriera”.

Recentemente il legislatore ha fatto notevoli passi tesi sia a favorire la natalità che a rendere la conciliazione tra vita lavorativa e familiare più semplice, anche attraverso l’uso di strumenti che incentivano il sostegno dei padri nella cura dei figli e di misure volte a chiudere il divario di genere (gender gap) nel mercato del lavoro. Si tratta di un sistema articolato che include le politiche per le pari opportunità, quelle per le famiglie, spesso volte a favorire la natalità attraverso una riduzione degli oneri associati ai figli, e un insieme di strumenti tesi a semplificare la gestione dei tempi di vita e lavoro.
Tra gli strumenti messi in campo un ruolo preminente è rivestito dall’Assegno Unico Universale. A sei mesi dalla sua entrata in vigore, sono pervenute all’istituto circa 7.8 milioni di domande per assegni, rispetto ad una popolazione di circa 10 milioni di minorenni (dati al 19/5/22). Aggregando per provincia di residenza del minore le richieste di Assegno Unico e rapportandole al numero di individui di età compresa tra 0 e 21 anni non compiuti ivi residenti, si riesce ad avere un’idea della distribuzione geografica del take-up. Le province con un take-up più basso sono localizzate prevalentemente al Nord. “Dalle analisi che abbiamo svolto sembrerebbe che alcuni fattori socio-economici, quali il grado di istruzione della popolazione e la percentuale di contribuenti poveri, siano rilevanti nello spiegare la distribuzione territoriale del take-up”.

L’Inps passa poi ad esaminare l’utilizzo delle diverse forme di congedo da parte di madri e padri, cercando di evidenziare le risposte delle famiglie ad alcuni cambiamenti normativi. Per quel che riguarda il congedo di paternità, introdotto in via sperimentale per gli anni 2013-2015 e la cui durata è aumentata nel corso del tempo per assestarsi ai 10 giorni attuali, si evidenzia che il numero di padri richiedenti è in continuo aumento, tuttavia, il take-up è ancora piuttosto basso (intorno al 50%) e presenta una notevole eterogeneità tra aree geografiche e a seconda delle caratteristiche delle imprese.

Relativamente invece all’uso dei congedi parentali si nota, nel periodo che va dal 2012 al 2021, un’estensione della platea dei genitori beneficiari e una riduzione del numero di giorni fruiti all’anno per figlio. Si evidenzia, inoltre, una distribuzione fortemente diseguale del congedo parentale all’interno della coppia, con i padri che rappresentano solo circa il 19% dei richiedenti. “Le nostre analisi mostrano anche che l’allocazione dei compiti di cura all’interno delle coppie reagisce molto lentamente e di poco alle variazioni nelle condizioni economiche dei congedi parentali”, sottolinea l’istituto.

Reddito di cittadinanza

L’Inps offre poi una serie di analisi relative ai fruitori del Reddito di Cittadinanza (RdC), la misura di contrasto alla povertà più rilevante degli ultimi anni sia per la platea dei beneficiari (nuclei familiari in condizioni di bisogno), sia per gli importi erogati.
Nei primi tre mesi del 2022 i nuclei familiari beneficiari sono stati pari a circa 1.5 milioni, con circa 3.3 milioni individui coinvolti. L’importo medio mensile erogato (a marzo 2022) è stato di 548 euro.
Le caratteristiche dei nuclei beneficiari si sono ormai stabilizzate nel tempo (nonostante un graduale declino nella dimensione media dei nuclei familiari, passati da 2.45 componenti nel 2019 a 2.23 nel 2021), confermando che un terzo dei percettori è costituito da minori e anziani (over 65) e che, come evidenziato dal precedente rapporto annuale INPS, solo il 33% dei percettori in età lavorativa ha un riscontro amministrativo di partecipazione al mercato del lavoro negli anni 2018 o 2019. Nonostante i percettori di RdC siano per la maggior parte assenti dal mercato del lavoro rimane di estrema attualità l’analisi del comportamento di coloro che svolgono o hanno svolto qualche attività lavorativa. Dall’esame dei dati relativi ai percettori in età lavorativa con undici o dodici mensilità percepite nell’anno 2021 risulta occupato il 20% degli individui con il 40% di nuclei familiari coinvolti. I nuclei con lavoratori hanno una dimensione media maggiore, ma un importo medio mensile minore. Rispetto alla collettività di riferimento (2 milioni di persone beneficiarie), emerge che il 26% di coloro che percepisce il beneficio nel Nord dell’Italia risulta essere anche lavoratore (46% se si considera solo il genere maschile); questa percentuale è pari al 36% quando si considera la popolazione degli stranieri extracomunitari percettori di RdC. Emerge anche che i percettori “stabili” di RdC che lavorano sono impiegati in prevalenza (quasi il 60%) con contratti a termine e a tempo parziale.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)