Adolescenti in piazza per il clima. "Il cambiamento siamo noi e il nostro modo di fare"
Le nuove generazioni rivendicano il proprio preciso diritto di avere la possibilità di abitare un pianeta sano.
Per il Friday for Future le strade della città sono state invase da una fiumana umana, costituita prevalentemente da giovani e adolescenti determinati e pieni di energia positiva. Le nuove generazioni rivendicano il proprio preciso diritto di avere la possibilità di abitare un pianeta sano e non compromesso dalle scelleratezze di chi li ha preceduti.
Forte il richiamo alla comunità mondiale, alla politica, all’industria e a tutti colori che compiono condotte illecite e criminose ai danni dell’ambiente. Ma la manifestazione è stata, e deve esserlo, anche un richiamo ai singoli individui tesa quindi a riconsiderare alcuni nostri comportamenti quotidiani che incidono a minare in maniera irreversibile la salute del pianeta.
Come non pensare alle parole di Francesco che, appena qualche anno fa nella lettera enciclica “Laudato si’”, ricordava come fossero “inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore”. Al richiamo della piazza, pertanto, si deve accompagnare la riflessione che “un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale”.
Secondo Papa Francesco la cultura ecologica “dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico”. Occorre “una coraggiosa rivoluzione culturale”, “una conversione ecologica” che trovi la forza di opporsi anche alla deriva consumistica del nostro tempo. Essa non è altro che “il riflesso soggettivo del paradigma tecno-economico”, in base al quale tutti sono portati a confondere la libertà individuale con la “pretesa libertà di consumare”.
La grave crisi in cui versa il nostro pianeta dovrebbe tradursi per tutti in nuove abitudini, la sfida diventa educativa e parte proprio dai giovani.
Severe anche le parole del Patriarca Bartolomeo che avverte: “La conversione — come pentimento o μετάνοια (metanoia) — comporta un ritorno a una visione d’integrità nel modo in cui conduciamo la nostra vita. Non possono esserci due maniere di comportarsi. La nostra predicazione e la nostra condotta non possono essere disconnesse. Oggi conosciamo l’alto prezzo che l’intera creazione paga quando il discorso politico è in conflitto con la nostra orante intercessione e quando i nostri interessi spirituali sono in contrasto con i nostri investimenti societari”.
Ai giovani che sono scesi in piazza ricordiamo l’importanza che alle parole seguano i fatti: impegno sociale e impegno privato. Il cambiamento siamo noi e il nostro modo di fare.
Occorre riconsiderare il valore della sobrietà e attribuire alla moderazione dei consumi una possibile via d’uscita all’empasse. Il problema ecologica può diventare lo stimolo per un rinnovamento globale e spirituale delle persone e anche per una genuina nuova ricerca di senso.
I giovani non possono non fermarsi a valutare con spirito critico le proprie abitudini alimentari, l’uso sconsiderato della tecnologica, la spropositata produzione individuale di rifiuti e la tendenza generale a non attribuire alle cose il giusto valore.
Occorre anche sollecitare la sensibilità dei giovani a contestualizzare eventi e comportamenti dei singoli all’interno di un sistema.
Occorre, infine, riscoprire il senso della lungimiranza, ovvero la capacità di dare prospettiva (e anche retrospettiva) alle nostre azioni.
Tornare a pensare in termini di futuro e progettazione, in sostanza.
Silvia Rossetti