Piccoli, ma importanti. Parla il fisico Marco Drago. Nella pandemia si sperimenta la piccolezza. Eppure la scienza fa passi da gigante
Nella pandemia, gli uomini più che in altre stagioni sperimentano la loro piccolezza. Eppure la scienza fa passi da gigante, sempre nuove sfide vengono vinte. Ci vogliono fiducia e pazienza. Di Marco Drago, fisico, ricercatore all'università La Sapienza di Roma.
Tempo fa un parroco mi pose la domanda: «Cosa vuole comunicarci Dio con questa pandemia?». Io non sapevo onestamente che rispondere. Provai a buttare una frase: «Forse dobbiamo imparare qualcosa».
L’umanità è (sorprendentemente) un bravo studente: pensate ai risultati raggiunti solo nell’ultimo secolo, per esempio dall’epidemia di spagnola, durante la prima guerra mondiale. A quel tempo non si riuscì a isolare il virus in tempi così rapidi come è successo oggi. La tecnologica medica è sicuramente più sviluppata, seppure ancora insufficiente per evitare migliaia di morti. Abbiamo imparato molto, seppure mai abbastanza. Lo aveva capito già Socrate con il suo «so di non sapere»: più si conquista la conoscenza, più si realizza di quanto ancora non si conosce. Socrate aveva ragione in tutti i campi: dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande.
Un secolo fa Einstein enunciava la teoria della relatività, che, tra le altre cose, introduce l’esistenza di nuovi oggetti, come i buchi neri o le onde gravitazionali. Ambedue tornati recentemente alla ribalta: solo l’anno scorso c’è stato l’annuncio della prima foto di un buco nero mentre è di cinque anni fa la rilevazione della prima onda gravitazionale. Entrambe queste scoperte ci portano a riconoscere la validità della teoria fisica della relatività in condizioni estreme.
Lo spazio è uno dei più facili ispiratori per la nostra fantasia, quante volte sogniamo guardando le stelle? Io, che sono un po’ nerd, fantastico su cose improbabili, tipo: se un’onda gravitazionale fosse viva, cosa proverebbe nel viaggiare per l’universo? Quali sarebbero i suoi pensieri? Cosa farebbe? Magari dopo miliardi di anni passati a bighellonare di qua e di là, vorrebbe un po’ di riposo, e si fermerebbe in un qualche bar per farsi una bevuta (ci sarà qualche stazione di servizio sparsa per le varie galassie). Sicuramente troverebbe altre onde per fare una chiacchierata insieme. Una racconterebbe di essere passata per questo piccolo pianetino di un certo sistema solare, abitato dagli umani. Li aveva visti sempre così indaffarati, a muoversi di continuo. E che sia a piedi, o in auto, o addirittura volando, ma sempre in movimento, così frenetici, così ansiosi magari. Si beh, mica tutti così, in certi posti sono più tranquilli, però per il comportamento di pochi, quanto ne risente il pianeta! Quanto inquinamento, quanta plastica.
Un’altra onda, invece, si stupirebbe al sentire queste parole. Poiché quando ci era passata lei, per quel pianeta, era così diversa la situazione. Pochi umani c’erano in giro, tutti rimanevano in casa. Al massimo li aveva visti sui balconi. Niente voli, niente movimenti. Tutto vuoto. Cosa era successo? Cosa aveva cambiato così radicalmente le loro vite?
Tutto per colpa di un virus. Così piccolo, così insignificante, così pericoloso. Appunto, non siamo comunque piccoli rapportati alla grandezza dell’universo? Avete mai visto una foto della terra da un qualsiasi punto del sistema solare? Siamo solo un puntino, non così interessante se non fossimo uno dei pochi pianeti così ben predisposto per la vita.
Anche i nostri tempi di vita sono piccolissimi se rapportati all’universo. Duemila anni di cristianesimo sono un battito di ciglia rispetto all’età del sole, quasi cinque miliardi di anni (e ne ha più o meno altrettanti ancora da vivere). Sono state rilevate onde gravitazionali ancora più vecchie!
Eppure, nonostante la mia piccolezza, non posso che essere meravigliato. Nonostante sia così minuscolo in confronto quanto posso influire nel mondo circostante? Quante giornate cambiano grazie ad un mio sorriso? Quante persone possono imparare qualcosa quando dedico loro qualche minuto del mio tempo? Nonostante la nostra apparente insignificanza, sono convinto ci sia un piano per ognuno di noi nel grande Disegno. E se qualcUno si è tanto affaticato per formare un creato meraviglioso, non è forse il caso di concedergli una possibilità? Anche in tempi anomali come il tempo presente, pur continuando a sperare finisca il prima possibile.
Un’ultima riflessione prima di lasciarvi: l’annuncio al mondo della prima onda gravitazionale avvenne circa sei mesi dopo la sua rivelazione. Questo “ritardo” ha varie ragioni. Da una parte per scrivere un articolo di così grande importanza ci vogliono molteplici revisioni (e quindi tempo), dall’altra gli scienziati volevano essere sicuri (al 99,999... per cento) di non aver preso una cantonata.
La scienza richiede protocolli rigidi per arrivare ai risultati. Ma soprattutto tempo. Comunque, con fiducia e pazienza, alla fine le soluzioni arrivano.
Marco Drago
fisico, ricercatore all’università la Sapienza di Roma
Cinque anni fa la scoperta delle onde
Era il 2015 quando un gruppo internazionale di studiosi diede al mondo l’annuncio della scoperta che confermava la teoria della relatività. Marco Drago “vide” per primo quel segnale anomalo sul suo pc al Max Planck institute di Hannover e informò immediatamente i colleghi in tutto il mondo.