Giornata mondiale pace: la cura è vita, se comincio io
La testimonianza di Maria, la Madre di Dio, ancora oggi ci aiuta a divenire persone capaci che si fidano del Signore, che come lei attendono ogni giorno indicazione dallo Spirito per costruire con Gesù un Regno di giustizia, di gioia e di pace, che mettono a servizio la loro vita per prendersi cura degli altri con i quali vivere la fraternità, che hanno a cuore il mettere in pratica ciò che il Signore quotidianamente ci dice attraverso la Parola, perché si realizzi il bene comune. E noi cristiani da che parte siamo? Come oggi siamo annunciatori di speranza? In che modo stiamo comunicando con tutti gli strumenti a nostra disposizione che Dio non abbandona mai l’umanità? Da che cosa capiamo che stiamo diventando canali di trasmissione di cura e di tenerezza da parte di Dio?
Il messaggio per la Giornata mondiale della pace donato da Papa Francesco per quest’anno interpella tutti. Chiedendo di riflettere su “La cultura della cura come percorso di pace”, il Papa ci invita a verificare, ad ogni livello, come ci stiamo muovendo rispetto a questa tematica, in che modo stiamo incarnando i contenuti che riguardano la cura, ma soprattutto quale stile di vita stiamo assumendo, per scoprire, decentrandoci, l’essenza delle relazioni.
Tutti, prima o poi, abbiamo sentito il bisogno di sperimentare la cura degli altri verso di noi o di prenderci cura delle persone con cui viviamo o che incontriamo in diversi ambiti, anche se in questo tempo il bisogno innato sembra essere offuscato.
Ma come ci stiamo muovendo in tal senso?
Mentre la realtà, la natura, il creato sono tutti connessi, noi, essere umani, in questo momento ci affanniamo per dimostrare che ognuno può vivere per conto proprio, poiché ci illudiamo di non aver bisogno degli altri.
Spesso ci lasciamo trainare dall’uno o dall’altro modo di essere e perdiamo il contatto con la profondità della nostra esistenza, sempre in divenire. Allora smettiamo di cercare non solo il senso della nostra vita, ma anche la nostra identità chiamata continuamente a scoprire in sé l’immagine e somiglianza di Dio impresse fin dall’origine nella nostra esistenza e che ci abilitano ad essere sempre in relazione.
Vivere egocentrati non ci fa sperimentare il contatto con lo Spirito che ci abita. Egli ci consente di dare forma quotidiana alla nostra esistenza, di trovare la forza sorgiva che apre alla speranza, di guardare al mondo con fiducia, di dare valore a ciò che è vivente, di cambiare rotta nel momento in cui ci accorgiamo che la traiettoria seguita porta alla morte e non alla vita, di percepire che ciò che conta veramente è la cura delle relazioni.
La connessione con il profondo di sé e questo con le varie parti che costituiscono la persona, ci permettono di pensare con il nostro sentire autentico e di vedere, di leggere e di interpretare la realtà con la mente, con il cuore, con gli occhi e con le mani guidati dallo Spirito. L’unificazione in lui ci apre alla cura di sé e di ogni altro.
Come curiamo la relazione con il Signore? In che modo ci mettiamo in ascolto della sua presenza? Quali strumenti usiamo per prenderci cura della profondità della nostra esistenza abitata dallo Spirito che ci unifica, per essere rivolti verso ogni altro?
Dio continua a scommettere con noi, dimostrandoci in tutti i modi e in tutti i tempi che si prende cura del suo popolo, di ogni creatura, soprattutto dei deboli che non hanno voce e dei poveri che non hanno potere. Egli ci ha donato il Figlio per rivelarci il suo amore per l’umanità. Vivendo secondo il Vangelo di Gesù Cristo, impariamo da lui a portare nella gratuità l’annuncio di speranza, ad avere una visione globale della realtà, allargando l’area di azione in vista della cura del bene comune.
Non sempre, però, siamo consapevoli che, a volte, diffondendo anche noi credenti un senso di pessimismo nella quotidianità, siamo responsabili delle conseguenze nefaste che un’azione non finalizzata al bene personale e comune possa produrre.
Come, infatti, non esistono eventi isolati che non si riflettano in qualche modo nella realtà e spesso a scapito degli altri, così ogni attimo di bene vissuto in pienezza si diffonde sulla faccia della terra.
Ancora oggi Dio ha fiducia nelle sue creature. Egli affida a ciascuno il giardino dell’Eden, anche se noi, imperterriti, abbrutiamo la sua bellezza. Ci sentiamo padroni della vita e spesso la bistrattiamo dal nascere fino alla morte, continuiamo a disboscare le foreste per il tornaconto di pochi, inquiniamo la terra noncuranti della salvaguardia della natura, difendiamo anche con violenza il nostro orticello, ci consideriamo proprietari unici di ogni angolo della creazione.
In questo tempo in cui ognuno reclama i propri diritti, difende il proprio spazio e non rispetta quello degli altri, sono pochi quelli che si interrogano sui doveri o sulle regole da osservare, sulle relazioni da tessere continuamente e sul bene comune da custodire. Constatiamo nel nostro occidente una difesa esasperata dell’individualismo, dell’egolatria, del consumismo, dell’accumulo, mentre in altri luoghi della terra non viene riconosciuta la libertà di pensiero, di informazione, di religione, il diritto di avere il cibo, di studiare, di vivere in pace, di non assistere allo sfruttamento delle persone o delle viscere della propria terra, in favore di chi è già ricco in altre parti del mondo.
Spesso noi battezzati siamo spettatori della scena di questo mondo, ma non reagiamo, benché con il Battesimo abbiamo preso l’impegno a vivere come Gesù. Dove siamo quando manca la cura per le persone, per il creato? Come e quando paghiamo di persona, per prenderci cura sempre di ciò che viene distrutto dall’incuria o a causa della violenza di alcuni?
Eppure siamo stati creati con la capacità di essere attenti agli eventi di ogni momento, per poter lenire fattivamente con la prossimità la sofferenza di chi è fragile, di chi è solo, di chi è povero. Il grido del loro dolore continua a salire a Dio che cerca sempre qualcuno da inviare nelle piccole storie di ogni giorno, per donare con le opere un senso di speranza.
La testimonianza di Maria, la Madre di Dio, ancora oggi ci aiuta a divenire persone capaci che si fidano del Signore, che come lei attendono ogni giorno indicazione dallo Spirito per costruire con Gesù un Regno di giustizia, di gioia e di pace, che mettono a servizio la loro vita per prendersi cura degli altri con i quali vivere la fraternità, che hanno a cuore il mettere in pratica ciò che il Signore quotidianamente ci dice attraverso la Parola, perché si realizzi il bene comune.
E noi cristiani da che parte siamo? Come oggi siamo annunciatori di speranza? In che modo stiamo comunicando con tutti gli strumenti a nostra disposizione che Dio non abbandona mai l’umanità? Da che cosa capiamo che stiamo diventando canali di trasmissione di cura e di tenerezza da parte di Dio?
Diana Papa