Con i pastori verso la grotta. Pro-vocati dal Vangelo
Che cosa può dire oggi la testimonianza dei pastori a noi cristiani, spesso presi da mille impegni da programmare, da organizzare, da controllare, dalle incombenze del potere esercitato nelle stanze dei bottoni dove tutto è in funzione dell’economia, del tornaconto che detronizza la persona e che fa dimenticare i fondamenti del Vangelo da incarnare nel quotidiano? Se i pastori scelgono di vivere un tempo veramente umano e divino, per individuare la grotta e trovare l’Atteso nel silenzio della mangiatoia, in che modo stiamo donando la vita, perché altri trovino la strada che porta al Signore?
Attendere, avviarsi, procedere, orientarsi e poi cercare ancora, per trovare la strada che porta a Betlemme e riconoscere in un bimbo nato nelle periferie il Figlio di Dio.
È il tragitto dell’esistenza che si può attraversare camminando da soli o assieme agli altri, nella ricerca costante di dare un senso alla vita. Lungo la strada si possono incontrare persone sconosciute che si dirigono verso la stessa meta oppure altre che si chiudono in uno sterile intimismo o indifferenza e sperimentano non solo il proprio non esistere, ma anche la non esistenza dell’altro. Ogni giorno ciascuno è chiamato a scegliere se vivere per amore o se chiudersi nella propria torre. Quando si cammina con gli altri, spinti dall’amore dello Spirito versato nel nostro cuore, si sperimenta la gioia del dono della vita, della convivialità, della solidarietà, dell’amicizia, della condivisione, della fraternità, della fedeltà che permette di essere rivolti verso ogni tu che si incontra.
Attendere il Natale del Signore è percorrere ancora una volta con gli altri la strada che porta a Betlemme, per accogliere il Figlio di Dio. Dove ci stiamo dirigendo in questo tempo, dove lo stiamo cercando? Forse nei luoghi di lusso dove può regnare lo spreco, nei centri “benessere” dove si può idolatrare il proprio corpo, nella frenesia inquietante del consumo dove si accumulano beni a scapito della fame di milioni di persone, nei luoghi di produzione di strumenti di morte che arricchiscono pochi mentre muoiono tanti, nella spettacolarità di se stessi per credersi protagonisti dell’universo, nella connessione virtuale che illude di rimanere in contatto con il mondo reale, mentre allontana dalle relazioni autentiche?
Gesù Bambino si trova nei luoghi dove vivono persone concrete che hanno un volto e un nome, capaci di dono, spesso povere di risorse materiali ma ricche di umanità e abbandonate a Dio, che vivono anche nel ruolo con tratto amabile, con gratitudine, con gratuità, con accoglienza, con il senso del valore di sé e dell’altro, nel rispetto, con attenzione, con concretezza, con tenerezza, con meraviglia.
Lasciandoci guidare dai pastori che hanno ricevuto l’invito dall’angelo a cercare Gesù in una mangiatoia, possiamo immergerci nel silenzio della notte stellata e condividere la loro esperienza. Mettendoci in ascolto dei loro passi, cogliamo la determinazione nel voler raggiungere l’obiettivo. Sorprende come si lasciano guidare dai segni lasciati dal Signore che indicano la via da seguire, per raggiungere il Figlio annunciato. Percepiamo lungo il cammino la bellezza della loro libertà: espropriati di tutto, non hanno nulla da difendere, si sentono guidati dall’amore del Signore e procedono con fede. Fidandosi dell’invisibile, infatti vivono avvolti dal silenzio adorante del Mistero e, con il cuore che attende il Veniente, seguono con gioia le indicazioni dell’angelo. Si aprono all’inedito di un cammino, lasciandosi guidare dalla presenza di Dio che rende sacro ogni luogo, raggiungibile la meta sconosciuta, riconoscibile il Figlio suo Gesù nel bimbo in fasce. Ogni elemento svela il dono gratuito di Dio all’umanità che si è reso prossimo a noi nel Figlio.
La loro esperienza di ricerca contemplativa ci interpella: i pastori, avvolti dalla gloria Dio (cfr. Lc 2,8-9), cercano l’Emmanuele. Essi partono per adorare il Signore senza portare con sé gli attrezzi del mestiere, ma soltanto se stessi. Si mettono in ascolto del Signore che parla attraverso l’angelo: camminano davanti a Dio.
Che cosa può dire oggi la testimonianza dei pastori a noi cristiani, spesso presi da mille impegni da programmare, da organizzare, da controllare, dalle incombenze del potere esercitato nelle stanze dei bottoni dove tutto è in funzione dell’economia, del tornaconto che detronizza la persona e che fa dimenticare i fondamenti del Vangelo da incarnare nel quotidiano? Se i pastori scelgono di vivere un tempo veramente umano e divino, per individuare la grotta e trovare l’Atteso nel silenzio della mangiatoia, in che modo stiamo donando la vita, perché altri trovino la strada che porta al Signore?
Cercando nel buio il senso dell’incomprensibile, si fidano della presenza dell’invisibile, della Parola dell’angelo e si immergono nel Mistero. Lasciandosi guidare da un evento che li supera, i pastori trovano il significato della loro ricerca nella piccolezza di un bambino adagiato in una mangiatoia e affidato da Dio a Maria e a Giuseppe, due creature scelte dallo Spirito, capaci di ascolto, di silenzio, di tenerezza, di umanità. E noi che cosa stiamo cercando o chi stiamo aspettando in questo tempo? Quale mangiatoia oggi sta attendendo il nostro calore umano fondato sull’amore di Dio?
Diana Papa
abbadessa Monastero Clarisse Otranto