Cittadinanza ecologica: i cristiani sono pronti a fare la loro parte
Prima che il tempo scada, l’umanità ha il dovere di trovare la forza per agire. Il lavoro delle comunità cristiane per salvaguardare il creato non nasce oggi. L’attenzione è alta già da 50 anni, da quando il Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) ha cominciato a organizzare appuntamenti internazionali sulle crisi ambientali, in cui il senso di urgenza viene avvertito con energia e si comincia a capire che l’orizzonte è breve
Sono le grida della Terra e dei poveri a indicare le azioni per invertire la rotta e arrestare i cambiamenti climatici. Prima che il tempo scada, l’umanità ha il dovere di trovare la forza per agire. I cristiani sono pronti a fare la loro parte, così come ribadito in occasione del XX seminario nazionale sulla custodia del creato, dal titolo “Cittadinanza ecologica. Verso la Settimana sociale di Trieste”, promosso a Roma dai due Uffici nazionali della Conferenza episcopale italiana (Cei) per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e per i problemi sociali e il lavoro, in vista dell’appuntamento in programma dal 3 al 7 luglio.
Il lavoro delle comunità cristiane per salvaguardare il creato non nasce però oggi. L’attenzione è alta già da 50 anni, da quando il Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) ha cominciato a organizzare appuntamenti internazionali sulle crisi ambientali, in cui il senso di urgenza viene avvertito con energia e si comincia a capire che l’orizzonte è breve.
Oggi “le Chiese stanno ragionando assieme per approfondire la qualità del loro impegno”, spiega Simone Morandini, direttore di Credere oggi e vicedirettore dell’Istituto studi ecumenici di Venezia. “Con la Laudato si’ – osserva – la tematica balza in primo piano, come mai prima era avvenuto nel magistero cattolico. C’è una chiara attenzione all’aspetto scientifico e un forte approfondimento biblico, anche alla elaborazione condotta dalle altre Chiese”.
Emerge “l’accentuazione di una esperienza di contrasto: la contemplazione della bellezza e l’ascolto del gemito”.
Chi esorta ad avere coraggio nell’applicare i cambiamenti e giungere così a una cittadinanza ecologica, è don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei.
“L’urgenza data da Papa Francesco – afferma – ha lo scopo di mettere in moto un cambio culturale. Non ci sono solo i negazionisti, ma anche le lumache. È pieno, guardate, di rallentatori anche nei nostri mondi mentre dobbiamo provare a immaginare qualcosa di diverso”.Ai cambiamenti ambientali “non sempre la politica è attenta”, avverte mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania, presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici in Italia. Ai credenti spetta il compito di non lasciare vuoto lo spazio dedicato ai temi dell’ecologia. “A livello individuale, nell’ambito della loro formazione – spiega mons. Renna – i cattolici si devono rendere conto che i pronunciamenti pontifici vanno in una direzione chiara e che non si può, come cattolici, abbracciare una visione negazionista che non è propria dei cattolici. Come cattolici possiamo mettere in opera delle buone pratiche nelle nostre comunità e avere degli stili di vita sostenibili. Inoltre, le nostre scelte, dal punto di vista politico, devono andare nella direzione di orientare il nostro voto e pensiero, per far sì che, chi ci rappresenta porti queste istanze e non ci siano semplicemente delle soluzioni apparenti, che non risolvono davvero il problema”.“I cattolici – aggiunge – che sono in politica si devono sentire fortemente interpellati da quello che il Papa ci sta dicendo in questo momento, ne vale anche della loro credibilità e capacità di interpretare delle istanze che vengono dal magistero pontificio”.
L’arcivescovo non nasconde inoltre il fatto che il negazionismo climatico lambisca anche le popolazioni cristiane: “Ci sono certamente delle aree del mondo nelle quali la Chiesa forse è più influenzata dai negazionisti, penso in particolare agli Stati Uniti, ma ci sono soprattutto delle fasce di cattolici in Italia e in Europa che fanno l’occhiolino a queste teorie, che non sono assolutamente scientifiche e sulle quali, ripeto, il Papa si è pronunciato”. Sulla necessità di agire, a partire dalle comunità cristiane, non ci sono dubbi: “Credo – osserva – che esista la sensibilità crescente ma non possiamo aspettare a lungo. Non possiamo aspettare dei tempi che non arriveranno mai e farci sorpassare da questo timer che ci dice che non possiamo andare oltre l’aumento di due gradi, senza trovarci in una situazione irreversibile”.
I diversi movimenti sorti intorno alle tematiche ambientali in Italia sembrano comunque pronti alle sfide. A parlarne è Ilaria Beretta, professore associato di Sociologia dell’ambiente e del territorio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. “La Settimana – afferma – sta interpretando in maniera corretta quello che sta avvenendo nel Paese e può essere l’occasione, come dice Papa Francesco, che ci sia un cambiamento affinché Trieste non sia uno spazio da occupare ma un’opportunità per iniziare i processi”. Come ricorda la docente,
“l’idea della giustizia ambientale, intrecciata alla giustizia sociale, la troviamo in Francesco, dove però ritroviamo anche forte il concetto di fratellanza”.
La professoressa rammenta anche come il costituzionalista Sabino Cassese in merito alla partecipazione suggerisca di applicare sei regole che spingono a informare, ascoltare, dibattere, ponderare, decidere in maniera ragionata e fornire una motivazione. In relazione a queste indicazioni, “ho visto – conclude – uno stretto legame nel documento preparatorio per la Settimana sociale di Trieste. In particolare riguardo all’azione collettiva, quando si dice che ‘la partecipazione diventa elemento trainante, potente energetico, che rinforza l’unità, o – meglio – partecipando, esponendosi, ascoltandosi, ci fa riscoprire fratelli, più uniti e un po’ più coraggiosi, rinvigoriti di quella forza che permette di aprirsi, di trovare nuove strade, di intraprendere nuovi progetti’”.
M. Elisabetta Gramolini