Ucraina. Rizzi: “Cerchiamo di rintracciare i bambini malati di tumore per curarli in loco, i più gravi li evacuiamo”
“Dei 4mila pazienti oncologici pediatrici, mille sono stati rintracciati, 700 sono stati evacuati, circa 80 bambini sono in Italia in questo momento,” dice al Sir il presidente della Fondazione Soleterre
È appena partito per Leopoli e le aree attorno per capire in quali ospedali dell’Ucraina continuare a lavorare. Stiamo parlando di Damiano Rizzi, presidente di Fondazione Soleterre, la onlus da anni impegnata in Ucraina al fianco dei bambini ammalati di tumore. Subito prima della partenza lo abbiamo intervistato.
Qual era il vostro impegno prima del conflitto?
Prima della guerra il nostro lavoro si svolgeva a Kiev, all’Istituto nazionale del cancro, che è un ospedale dove si curano i tumori solidi, e presso la Neurochirurgia pediatrica, dove si curano tumori del sistema nervoso centrale, e a ovest, a Leopoli, dove seguiamo da diversi anni l’ospedale che cura le leucemie.
Mediamente sono ricoverati circa 50 bambini per ogni centro, quindi 150 bambini in un mese, parliamo di una portata di intervento di cura per circa 1.500 bambini all’anno.
Oltre a questo Soleterre ha un’attività di acquisto di medicinali, attrezzature medicali, formazione medica, ha creato case di accoglienza per fare in modo che i bambini, anche quelli provenienti dall’est del Paese, potessero ricevere cure a Kiev. Attraverso la formazione medica abbiamo coinvolto degli ospedali italiani, primo tra tutti il Policlinico San Matteo di Pavia, con il quale stiamo realizzando un centro trapianti all’ospedale di Leopoli.
Ora qual è la situazione?
La guerra ha interrotto la maggior parte di queste attività, perché
l’Oncologia pediatrica di Kiev è stata chiusa, abbiamo evacuato i pazienti insieme al personale medico, stiamo cercando di aprire un nuovo ospedale nel centro del Paese, per cercare di proseguire con gli interventi chirurgici,
che si stanno estendendo purtroppo anche ai bambini feriti di guerra e non solo ai pazienti oncologici pediatrici. Di solito si calcola su cinque anni la dimensione dei bambini curati. In Italia i bambini oncologici in cura sono circa 11mila negli ultimi 5 anni, in Ucraina il numero è pari a 4mila: ci sono bambini che devono stare in ospedale, bambini che si recano in ospedale per fare dei protocolli di cura, per cui possono stare nelle case di accoglienza oppure nelle loro case, poi ci sono dei bambini che sono guariti dopo cinque anni. Allo scoppio della guerra i bambini che potevano essere dimessi sono stati mandati a casa perché era troppo pericoloso restare. A Kiev l’Oncologia pediatrica è al sesto piano, un pericolo enorme in caso di bombardamento. Solo i più gravi sono restati e noi siamo riusciti ad evacuarli: quando dico noi, mi riferisco a un’operazione che coinvolge Soleterre e altre organizzazioni internazionali, ne abbiamo rintracciato mille, ne abbiamo evacuato 700, circa 80 bambini sono in Italia in questo momento. Fondazione Soleterre è stata la prima ad evacuare pazienti.
I primi 18 pazienti che sono arrivati hanno fatto 800 chilometri in treno, pullman e l’ultimo tratto a piedi, parliamo di bambini gravi, alcuni di loro avevano subito un intervento chirurgico pochi giorni prima, pazienti che non avrebbero mai potuto o dovuto affrontare tutto questo, se non per la disperazione di dover scappare dalle bombe.
Nonostante il viaggio li abbia affaticati, hanno ripreso le cure e alcuni sono stati dimessi; abbiamo trovato per loro delle case in cui possono avere assistenza psicologica, mediazione culturale, vitto, alloggio. Soleterre collabora con il Policlinico San Matteo, quindi a Pavia abbiamo preso un residence in cui ci sono sei famiglie: è importante che le famiglie stiano insieme, perché hanno vissuto un’esperienza molto forte di gruppo, restare insieme li aiuta a innestare esperienze di mutuo aiuto. Sono famiglie che, oltre al carico emotivo di un figlio con una malattia oncologica, sono in fuga da una guerra, per cinque giorni sono restate in un bunker, con i papà e, in alcuni casi, fratellini e nonni rimasti in Ucraina. Alcune vengono da zone martoriate, come Mariupol, Kiev, Irpin.
Le famiglie dei bambini oncologici arrivate da noi come si trovano?
In Ucraina i pazienti vengono trattati molto di più di quanto accade in Italia, perciò alcune famiglie hanno la sensazione che non siano ancora iniziate le cure.
Dobbiamo spiegare loro che per il nostro Sistema sanitario non occorre pagare per avere le cure, in Ucraina il Sistema sanitario pubblico è a pagamento perché non ha la possibilità di fare fronte a tutti i costi, ma solo al 30-40%, il resto paga la famiglia.
Proprio per questo Fondazione Soleterre da anni fa sì che le famiglie non debbano spendere niente, compra i medicinali e materiali medicali e offre sostegno psicologico. Degli 80 pazienti che sono in Italia non tutti sono stati portati da Soleterre, alcuni sono arrivati da soli: nella disperazione alcune famiglie con i figli ricoverati in ospedali, dove noi non siamo presenti, sono fuggite in Italia.
Sono ancora molti i bambini malati di tumore in Ucraina?
Nel Paese abbiamo individuato 300 bambini che continuano a curarsi, ce ne sono altri 300 potenzialmente evacuabili, gli altri li stiamo cercando. Un 30% dei 4mila malati stavano facendo dei controlli ma sono di fatto guariti. Ci sono dai 2.500 ai 2.700 bambini che sono stati dimessi, ma che si fa fatica a rintracciare.
Abbiamo attivato dei team che si recano fisicamente a cercarli. In alcune zone dell’Ucraina ciò non è possibile. Abbiamo creato dei team anche nei centri principali al valico di frontiera con la Polonia, per individuare i pazienti oncologici e avere una mappatura il più completa possibile di questi bambini. In alcune aree, come Mariupol, purtroppo è impossibile rintracciarli: purtroppo, c’è una guerra che farà morire molti di questi bambini, perché un paziente oncologico non può rimanere settimane senza curarsi. Non è facile neanche per gli operatori umanitari, è dolorosa questa ricerca. Abbiamo saputo che un papà e una mamma di un bambino, che è stato ricoverato per due anni a Kiev ed era ospite nella nostra casa di accoglienza, sono stati uccisi a Mariupol, solo qualche mese fa era morto il figlio per la malattia. Sempre a Mariupol, dove si è tentato un corridoio umanitario, hanno sparato su un convoglio con le bandiere bianche ed è morto il marito di una funzionaria del ministero della Salute che ci ha tanto aiutato in questi anni. L’uomo aveva al braccio il nastro bianco ma malgrado ciò gli hanno sparato. In questo momento non c’è nessuna sicurezza né nessun rispetto.
Abbiamo la sensazione che si spari su chi dà aiuto per terrorizzare ancora di più la popolazione.
Quindi, non è semplice neppure cercare i bambini perché al telefono le famiglie spesso non rispondono e c’è un’alta probabilità per i volontari di finire morti sulla strada se si va a cercarli di persona.
Chi c’è adesso di Soleterre in Ucraina?
In Ucraina abbiamo personale sia locale sia italiano, la settimana prossima ne arriverà altro per dare un po’ il cambio e dare una mano. Ora dobbiamo capire in quali ospedali continuare a lavorare, probabilmente saranno cinque o sei. Stiamo allestendo e aiutando tutti gli ospedali, anche quelli più piccoli, che possono curare i pazienti oncologici pediatrici.
L’obiettivo è curare dov’è possibile farlo, non si può pensare di evacuare tutti i bambini oncologici dall’Ucraina, bisogna far funzionare gli ospedali in loco, stiamo continuando a portare farmaci e personale. I bambini più gravi, invece, li portiamo fuori.