Mosul ricomincia a vivere grazie ai suoi giovani dopo tre anni di occupazione dello Stato islamico
La festa. Circa 500 giovani di tutte le etnie e fedi si sono ritrovati il 12 agosto per celebrare la Giornata della gioventù nel primo incontro pubblico organizzato all'aperto da quando la città è tornata libera
Circa 500 giovani si sono ritrovati il 12 agosto, in un parco pubblico di Mosul, per celebrare la Giornata internazionale della gioventù, indetta dall’Onu nel 1999, quest’anno sul tema “Spazi sicuri”. Un segnale forte quello lanciato dai giovani di Mosul, città occupata dallo Stato islamico per tre anni e liberata definitivamente solo a giugno dello scorso anno ma che ancora non può essere ritenuta uno "spazio sicuro". Si è trattato del primo evento pubblico all’aperto, dalla fine dell’occupazione delle bandiere nere del Califfo, che i giovani tutti appartenenti a diverse etnie e fedi, yazidi, turcomanni, shabak, caldei, assiri, sunniti, sciiti, hanno organizzato grazie all’apporto dell’Ong “Un Ponte Per” (Upp).
«La città vuole tornare a vivere in tutti i sensi – spiega la capo missione di Upp per l’Iraq, Eleonora Biasi – Mosul è stata una città disumanizzata a causa della guerra, dei bombardamenti, delle violenze dello Stato Islamico. Da qui la decisione di lavorare sulla coesione sociale tra le comunità anche alla luce del fatto che in tutto il Governatorato di Ninive sono presenti molte minoranze». Significativo il tema scelto per l’evento, “La nostra differenza rafforza la nostra esistenza”, con cui i giovani hanno sottolineato «l’importanza della coesione tra etnie e religioni, sentita dai giovani come una vera e propria urgenza dopo che tre anni di Stato Islamico aveva imposto un’uniformità totale della città».
Il 12 agosto i giovani si sono riuniti così in un parco pubblico di Mosul messo a disposizione dalla Municipalità che ha fornito anche la sicurezza, perché per quanto la situazione possa dirsi sotto controllo, permangono ancora dei rischi. Dal palco giovani rappresentanti delle varie etnie e fedi hanno portato la loro testimonianza e il loro messaggio di pace e di convivenza. «Da Mosul è partito un messaggio chiaro: i giovani sono il motore della coesione sociale – afferma Biasi – Essere giovani a Mosul è difficile perché non si hanno scuole dove andare, non c’è lavoro, la guerra ha distrutto tutto, non esistono luoghi di aggregazione. Ma ciò che vedo è che ognuno si è rimboccato le maniche per far rivivere la propria città. Non vogliono perdere altri anni della loro vita, dopo i tre passati sotto l’Isis».