L'Italia commemora il 3 ottobre ma nel Mediterraneo continua la strage dei migranti
A Lampedusa gli eventi del Comitato 3 ottobre per ricorda il naufragio in cui persero la vita 368 persone. Unhcr: “Ripristinare una piena capacità di ricerca e soccorso e stabilire un meccanismo per sbarco immediato”. Miraglia (Arci): “Una vergogna, 19mila morti in 6 anni”. Save the children: “Vie legali e sicure”
ROMA - “Il numero di arrivi via mare in Europa è sceso drasticamente negli ultimi anni, soprattutto lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Eppure il numero di persone che muoiono durante la traversata in proporzione agli arrivi continua a salire. Oltre 1.000 persone hanno perso la vita o risultano disperse nel Mediterraneo dall’inizio del 2019. Questa situazione è inaccettabile e non deve continuare”. Lo sottolinea in una nota l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (UNhcr) in occasione della Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza, istituita per legge nel 2016 per onorare i 368 rifugiati e migranti che sono morti nel tragico naufragio al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013, e tutti coloro che hanno perso la vita nel tentativo disperato di trovare sicurezza e protezione in Europa.
“Occorre ripristinare una piena capacità di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e stabilire un meccanismo per permettere lo sbarco immediato delle persone soccorse in mare e la redistribuzione dei richiedenti asilo negli Stati membri della UE” spiega Unhcr che accoglie con favore gli sforzi recenti per trovare un accordo per un tale sistema, e spera che “la prossima riunione del Consiglio dei ministri di Giustizia e Affari interni in programma l’8 ottobre porterà ad ulteriori progressi, in una dimostrazione necessaria di solidarietà europea”. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, è presente a Lampedusa insieme a organizzazioni della società civile, rappresentanti delle istituzioni governative locali e nazionali, sopravvissuti e parenti delle vittime del naufragio del 3 ottobre e oltre 200 studenti da circa 20 Paesi europei per mostrare solidarietà con i rifugiati e ribadire con forza l’imperativo umanitario di salvare le vite in mare.
Arci: 19mila morti in sei anni sono una vergogna
Filippo Miraglia, di Arci nazionale, parla invece di "Giornata della Vergogna”. “A quelle 368 morti ne sono seguite altre migliaia, da allora ad oggi quasi 19 mila: è come se 9 persone fossero scomparse ogni giorno per sei anni nel tentativo di raggiungere l'Europa. Morte perché non avevano altra scelta - sottolinea -. Le leggi e le politiche europee sono volte esclusivamente a fermare, respingere e rimpatriare. Una direzione che sembra confermata anche dal nuovo governo italiano e che ha come conseguenza la strage continua alla quale assistiamo e alla quale ormai ci siamo assuefatti. Una politica che alimenta anche la criminalizzazione dell'immigrazione e il razzismo. Ma fermare la strage è possibile. La prima cosa da fare è mettere in campo un programma europeo di ricerca e salvataggio. Subito - aggiunge -Bisogna poi consentire alle persone di rivolgersi agli Stati, attraverso vie legali e sicure.Tra queste la più semplice e immediata, che non necessita di alcuna modifica legislativa, è aumentare in maniera consistente, sia a livello nazionale che come Unione Europea, i trasferimenti di rifugiati attraverso i programmi di reinsediamento promossi dalle Nazioni Unite. Allo stesso tempo bisogna consentire ingressi legali per lavoro. Anziché continuare a tifare per i rimpatri e per la firma di nuovi accordi di riammissione, il nuovo governo italiano e la nuova Commissione Europea lavorino con urgenza per gestire i flussi migratori, abbandonando le politiche proibizioniste e di chiusura, che sono il miglior sostegno elettorale alle destre xenofobe”.
Save the Children: insopportabile continuare ad essere testimoni delle morti in mare
Anche Save the Children è presente agli eventi organizzati dal Comitato 3 Ottobre a Lampedusa con laboratori partecipati per gli studenti. “Sei anni fa, di fronte alle centinaia di corpi delle vittime del tragico naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, l’Europa aveva detto “Mai più”, ma dal 2013 ad oggi oltre 15.000 persone tra cui tantissimi bambini e adolescenti, hanno perso la vita o risultano dispersi tentando di attraversare il Mediterraneo Centrale. Negli anni l’Europa ha progressivamente rinunciato alle operazioni di ricerca e soccorso, scegliendo di proteggere i confini e non le persone, mentre l’impegno per il salvataggio in mare è stato scoraggiato” afferma Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro. “Il recente summit di Malta potrà rappresentare il primo passo per l’avvio di un’azione europea condivisa a condizione che il Consiglio europeo Giustizia e Affari Interni, previsto per il 7 e 8 ottobre, impegni concretamente i Paesi membri nel garantire il pieno rispetto del diritto internazionale, riconoscendo - anche alla luce dell’allarme crescente delle Nazioni Unite - che la Libia versa oggi in una terribile situazione di fragilità e instabilità e non può essere considerata in alcun modo come un porto sicuro - aggiunge - È insopportabile continuare ad essere testimoni delle morti in mare. È fondamentale e urgente che l’Europa si impegni stabilmente a garantire vie di accesso sicure dalle aree di crisi o di transito, per evitare così che decine di migliaia di bambini, donne e uomini continuino ad essere costrette a ricorrere ai trafficanti, subendo ogni tipo di violenza e mettendo a rischio la propria vita”.