“Il virus si aggiunge a povertà e ingiustizie”. Voci di missionari dalle periferie del mondo
La pandemia che affligge Europa, Stati Uniti e Cina si sta diffondendo anche in Africa, America Latina e Asia. La situazione potrebbe precipitare soprattutto quando i sistemi sanitari sono assolutamente inadeguati ad affrontare il Covid-19, laddove "il distanziamento sociale è pura utopia" e dove regnano disoccupazione e ingiustizie sociali. Tre missionari italiani hanno raccontato a Missio la realtà in Guatemala, Thailandia e Kenya
La pandemia vista dal Sud del mondo. A raccontarla sono le testimonianze dei missionari che vivono accanto ai più poveri, agli emarginati, condividendo rischi, bisogni e speranze di chi soffre. Voci – raccolte e rilanciate dalla rivista “Popoli e missione” e dal portale https://www.missioitalia.it/ – che vengono da lontano e parlano la lingua del Vangelo, quella della Chiesa universale missionaria tra le genti ad ogni latitudine della terra: dall’America Latina all’Asia fino alle baraccopoli delle megalopoli d’Africa. Ascoltarle è entrare nella quotidianità di chi accompagna la sofferenza con la speranza e la testimonianza della fede.
Coprifuoco in Guatemala. “Il Covid-19 è arrivato in Guatemala, un Paese in cui il distanziamento sociale è una pura utopia, la sanità è completamento inesistente e le condizioni di vita della maggior parte della gente sono inumane. Dove però la fede è forte». Così don Giampiero De Nardi, missionario salesiano a San Benito in Petén, nel Nord del Guatemala, racconta un Paese blindato con il coprifuoco nelle strade e la chiusura di tutte le attività lavorative. Pochi finora i contagi accertati (384) e morti (11), grazie anche alle misure di contenimento del nuovo Presidente della repubblica Alejando Giammattei, un medico di origine italiana. L’impegno del missionario è restare vicino alla gente, ora con le messe in diretta Facebook e prima del lockdown, quando era possibile, nelle chiese dei villaggi. “La mia omelia si era trasformata più in una spiegazione medica, ma credo che in questi casi, il bene della persona e la cura vadano di pari passo alla spiegazione della Parola di Dio, anche perché dividere il Pane dal pane, le cose del cielo dalle cose materiali, non è da Dio”. Ora nella fragile economia guatemalteca, la chiusura di tutte le attività lavorative “sta creando una situazione di recessione economica molto grave. Qui la maggior parte della gente lavora in nero e con lavori saltuari. Non hanno risparmi, fra poco inizieranno i problemi seri, la gente avrà fame ed è possibile che ci siano assalti ai negozi. Non so quanto potremo reggere, confido di arrivare fino a giugno… Poi il Signore sicuramente provvederà. Non ci ha mai abbandonato, non credo lo farà proprio in questo momento».
Thailandia in quarantena. Da Chiang Mai nel Nord Ovest della Thailandia, don Attilio De Battisti, fidei donum della diocesi di Padova, parla della situazione in Thailandia, dove i numeri ufficiali non sono ancora particolarmente allarmanti “ma il livello di paura, alimentato dal bombardamento mediatico, è sproporzionato e visibile… Anche qui si esauriscono alcuni prodotti basici, si inscenano paure esagerate. I militari, democraticamente al governo, replicano scelte di quarantena e blocchi che hanno visto altrove, le province fanno tanta informazione ma pochissime iniziative a sostegno dei vulnerabili o dei potenziali ‘contagiatori’”. I templi buddisti sono chiusi e anche la Chiesa cattolica per ora ha sospeso ogni attività con partecipazione di popolo. Don Attilio spiega che i missionari sono benvoluti e la piccola comunità cristiana segue le disposizioni della diocesi, della Caritas e dell’ufficio della Pastorale sociale che “hanno incoraggiato la generosità, l’acquisto di mascherine e l’aiuto alle comunità tribali dei monti. Pastoralmente ci è proibito raggiungere le comunità montane, in alcuni casi la paura le ha portate ad autoisolarsi”. Anche in Thailandia si seguono le iniziative del Papa, “benché gli orari non favorisco le dirette, ma i messaggi e le immagini circolano velocemente”. Dietro quello che sta provocando il Covid-19 però “nessuno parla più del mondo agricolo distrutto da una siccità persistente e dalla impossibilità di esportare i prodotti. I grandi lavori si bloccano e i lavoratori pagati a giornata restano a casa”.
Nello slum in Kenya. “Il vero coronavirus dell’Africa sono l’ingiustizia, la diseguaglianza, la povertà e il furto delle ricchezze”. Non ha dubbi don Felice Molino, 73 anni, missionario salesiano da 39 anni in Kenya, nel dare le proporzioni dell’emergenza sociale. “La situazione che c’è al di sotto e oltre il coronavirus è molto molto grave, e ora, con le misure adottate per evitare il contagio, hanno dovuto chiudere persino le botteghe dentro la baraccopoli e i venditori ambulanti lungo le strade. Per la gente mangiare è diventato più difficile di prima”. È come se il virus avesse amplificato gli effetti di un altro virus, col quale la popolazione convive da sempre: “l’ingiustizia sociale. A Kibera ci sono liquami dappertutto, non c’è acqua, ci sono i topi. In questi giorni di pioggia le baracche senza pavimentazione, si riempiono di fango. In questa sola baraccopoli – dice il salesiano – vivono almeno 500mila persone, ma nessuno ha potuto fare una stima certa”. In questi giorni di pandemia le suore e altri missionari “che andavano a portare aiuti alle persone, non possono più entrare – spiega –; però per fortuna ci sono i missionari e i religiosi che vivono proprio dentro la baraccopoli. C’è anche la parrocchia del Cristo Re (Christ the King) dei missionari di Guadalupe”.