"I minori hanno diritto a una nazionalità": Paesi Bassi condannati
Il meccanismo è stato avviato sul caso di Flint (nome di fantasia), un bambino che risulta avere “nazionalità sconosciuta” al posto di “apolide”. E in questo modo non ha diritto alla protezione internazionale
I minorenni hanno diritto a una nazionalità. A stabilirlo è il Comitato Onu per i diritti umani, che ha condannato l’Olanda proprio su questo punto. Il meccanismo è stato avviato a causa di Flint (il nome è di fantasia), un bambino che risulta avere “nazionalità sconosciuta” al posto di “apolide”. Cambia poco? Non proprio, perché in questo modo non ha diritto alla protezione internazionale.
La vicenda è presto detta. Il bambino è nato in Olanda nel febbraio 2010 da una giovane cinese, che allora aveva 21 anni ed era entrata illegalmente nel Paese sei anni prima ed era stata obbligata a prostituirsi. Dopo quattro anni la donna aveva denunciato i suoi sfruttatori, ma senza riuscire a trovare alcuna pista per individuare i responsabili, le indagini sono state chiuse in fretta. E così la ragazza alla fine si è trovata straniera e irregolare in Olanda.
La burocrazia. Il tutto è stato ingarbugliato dal fatto che la madre, nata in Cina, era stata abbandonata senza essere stata registrata prima all’anagrafe, con la conseguenza di non avere neppure una nazionalità d’origine. Stando così le cose, la ragazza non ha potuto presentare i documenti necessari a regolarizzare il figlio, che è stato dunque registrato con “nazionalità sconosciuta”.
Un problema diffuso. Questa vicenda, per quanto assurda, è comune nella sua conclusione a quella di migliaia di persone in Olanda. Un’indagine condotta dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati nel 2011 aveva individuato nel paese nordeuropeo 90 mila casi di nazionalità sconosciuta, tra cui 13 mila bambini. E lo stesso Ufficio di statistica nazionale ha confermato che nel 2016 c’erano oltre 74 mila persone identificate in questa maniera, di cui più di 13 mila con meno di 10 anni.
La condanna. Questo modo d’agire delle autorità olandesi viola l’articolo 24 del Patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici, che stabilisce che ogni fanciullo ha diritto alle misure di protezione legato al suo essere minorenne da parte di famiglia, società e Stato e “deve essere registrato subito dopo la nascita ed avere un nome” e “ha diritto ad acquistare una cittadinanza”.
La condanna. La giovane madre, dopo aver esaurito le possibilità a disposizione con le autorità olandesi, si è rivolta nel 2016 al Comitato dell’Onu. Shuichi Furuya, membro del Comitato, ha dichiarato: “Ogni Stato ha la responsabilità di garantire che i bambini apolidi sotto la loro giurisdizione che non abbiano la possibilità di acquisire altre nazionalità non siano lasciati senza protezione legale. Il diritto alla nazionalità garantisce una protezione concreta per le persone, in particolare minori”. La richiesta dell’organizzazione è andata oltre al caso del ragazzo, esortando il paese a mettere mano alle norme nazionali, così da assicurare uno standard che consenta di riconoscere lo stato di apolide.
L’articolo integrale di Alessia Ferri, Diritto alla nazionalità: i bambini non possono esserne privati, Paesi Bassi condannati, può essere letto su Osservatorio Diritti.