Giornata mondiale Disturbi alimentari, quasi 1 su 3 ha meno di 14 anni

Si abbassa l’età insorgenza del disturbo, che ormai investe anche la fascia 8-9 anni. Dalla Ragione: “Un fenomeno esploso negli ultimi 5 anni, ma la pandemia ha solo scoperchiato il vaso di Pandora”

Giornata mondiale Disturbi alimentari, quasi 1 su 3 ha meno di 14 anni

Diminuisce in modo preoccupante l’età di insorgenza dei Disturbi del comportamento alimentare (Dca), fino a investire la fascia di età 8-9 anni. Bambine e bambini che non presentano più solo i sintomi dei disturbi della nutrizione tipici dell’infanzia come la selettività alimentare, l’ingestione di sostanze non commestibili e i rigurgiti, ma anche quelli dell’età adolescenziale e adulta: anoressia nervosa, bulimia, binge eating, per citare i più frequenti. “In Italia soffrono di Disturbi del comportamento alimentare circa 3 milioni e 200mila persone, il 30% delle quali under 14, con un abbassamento progressivo dell’età verso gli 8-10 anni”, spiega in occasione della Giornata mondiale dei disturbi alimentari, che cade il prossimo 2 giugno, Laura Dalla Ragione psichiatra e direttrice della Rete umbra contro i Disturbi del comportamento alimentare di cui fa parte il Centro ambulatoriale di Umbertide dedicato al trattamento dei disturbi selettivi dell’infanzia e preadolescenza.

Sempre più bassa l’età d’insorgenza del disturbo

“L’abbassamento dell’età di insorgenza dei Dca non è una cosa totalmente nuova: si tratta di un trend cominciato già 10 anni fa, ma che negli ultimi 5 anni è esploso – chiarisce la psichiatra –. In Italia l’epidemia è scoppiata alla fine degli anni Novanta, ma la fascia di età più colpita era quella tra i 15 e i 18 anni. I bambini all’inizio erano rari, poi abbiamo cominciato a vederne un numero sempre più consistente e di età sempre più bassa nei nostri ambulatori”. E quando si tratta dei più piccoli la faccenda diventa ancora più complicata. “I Dca precoci sono più gravi di quelli adolescenziali perché interessano bambine e bambini in età evolutiva, che non possiedono neppure le parole per descrivere il disturbo – aggiunge la direttrice della Rete umbra –. La patologia si manifesta in maniera più violenta sia dal punto di vista clinico che da quello psichiatrico, e preoccupa molto l’autolesionismo, che nella fascia di età 10-14 è presente nel 60% dei casi. Il fenomeno si è molto acuito dopo il lockdown, anche se ormai tutti gli esperti concordano che la pandemia è stata come il vaso di Pandora, che ha scoperchiato una sofferenza già esistente”.

Le manifestazioni più comuni

È l’anoressia nervosa è il disturbo del comportamento alimentare più frequente tra i bambini e preadolescenti. “Si manifesta generalmente con restrizione alimentare, iperattività fisica, autolesionismo superficiale e forte dispercezione corporea, intendendo con questo termine l’alterazione dello schema corporeo, che porta i ragazzi a vedere sé stessi in modo non aderente alla realtà – precisa Dalla Ragione –. La bulimia nervosa è, invece, più rara in questa fascia di età, perché viene appresa solo in seguito come modalità per non mettere su peso. Nella fascia di età 10-14 i maschi sono un terzo del totale, con un rapporto molto più sbilanciato rispetto ai più grandi, dove rappresentano il 20%. I bambini e le bambine, inoltre, sono spesso molto tristi e depressi, e presentano un cambiamento di carattere e un’alterazione del tono dell’umore più evidente rispetto ai più grandi. Tra i maschi, poi, è molto alta la percentuale di bambini che hanno cominciato a cercare di perdere peso attraverso l’attività fisica e l’alimentazione dopo essere stati obesi e sovrappeso, diventando per questo oggetto di derisione e di bullismo. Per dimagrire puoi fare tre cose: non mangiare, fare molta attività fisica o vomitare e nei maschi di ogni fascia di età l’iperattività è molto utilizzata come metodo di compenso.

Fattori di rischio

“Il problema è – spiega ancora Dalla Ragione – che gli under 14 oggi sono sottoposti alle stesse pressioni culturali e agli stessi fattori di rischio degli adolescenti: modelli di magrezza, obesità infantile, traumi, tratti comportamentali, difficoltà scolastiche, bullismo, situazioni familiari particolarmente stressanti”. L’obesità infantile, inoltre, rappresenta uno dei fattori predittivi per i disturbi alimentari e l’Italia è maglia nera in Europa per numero di bambini obesi. “Ma anche il disturbo selettivo, il diabete di tipo 1 e la celiachia, in forte aumento negli ultimi anni, rappresentano fattori di rischio perché modificano il rapporto naturale con l’alimentazione – prosegue –. Inoltre, i preadolescenti con obesità vengono spesso bullizzati e l’essere vittima di bullismo favorisce sicuramente l’ingresso in un disturbo alimentare. Un altro elemento di rischio è rappresentato dalle piattaforme sociali a cui molti preadolescenti accedono oggi liberamente, traendo da queste molti messaggi negativi”.

Il nuovo volto della depressione

“Come poi accade per i più grandi, anche nei bambini e preadolescenti i Disturbi del comportamento alimentare costituiscono delle nuove forme di depressione – puntualizza Dalla Ragione –. La paura di prendere peso non è legata alla paura di ingrassare e la restrizione alimentare è più che altro diretta a bloccare la crescita. Una bambina di 10 anni che si ammala di anoressia nervosa dice di non voler crescere o di non volere le mestruazione, e alla fine riesce nel suo intento. I Disturbi del comportamento alimentare, insomma, sono diventati un modo per esprimere un disagio che fino a 10 anni fa si sarebbe più facilmente espresso con un disturbo d’ansia, attacchi di panico o depressione”.

Pochi centri per tanti pazienti

L’assenza di spazi di cura i pazienti più giovani rappresenta un punto particolarmente critico. Il 40% dei 136 centri censiti dall’Istituto superiore di sanità, infatti, non accoglie pazienti al di sotto dei 14 anni. “Da noi arrivano tanti pazienti che si sono ammalati già da qualche anno, ma non sono stati curati – conclude Dalla Ragione –. Se intercettiamo precocemente il disturbo e riusciamo a intervenire subito, le probabilità di guarigione sono molto più alte. Più passa il tempo e più è difficile guarire. C’è anche poca informazione da parte dei pediatri, che di fronte a una forte perdita di peso raramente pensano all’anoressia nervosa, ma l’attribuiscono piuttosto a un’inappetenza o a un disturbo d’ansia, ritardando di molto la diagnosi. I bambini non hanno l’apparato cognitivo e linguistico per esprimere quello che provano, è che più facile che dicano che non hanno fame e non che vogliono dimagrire. Bisogna stare molto attenti, i pediatri, come i genitori, rischiano di non rilevare per tempo un Disturbo del comportamento alimentare”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)