Fondazione Gimbe, nel 2021 cresce la migrazione sanitaria

Il monito della Fondazione: l’autonomia differenziata è uno schiaffo al Meridione. Cartabellotta: “Chiediamo di espungere dal ddl Calderoli la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie

Fondazione Gimbe, nel 2021 cresce la migrazione sanitaria

Nel 2021, la mobilità sanitaria interregionale in Italia ha raggiunto un valore di 4,25 miliardi di euro, cifra nettamente superiore a quella del 2020 (3,33 miliardi), con saldi estremamente variabili tra le regioni del Nord e quelle del Sud. Il saldo è la differenza tra mobilità attiva, ovvero l’attrazione di pazienti provenienti da altre regioni, e quella passiva, cioè la “migrazione” dei pazienti dalla regione di residenza. Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto – Regioni capofila dell’autonomia differenziata – raccolgono il 93,3% del saldo attivo, mentre il 76,9% del saldo passivo si concentra in Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo. “La mobilità sanitaria – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – è un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche, che riflette le grandi diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra le varie Regioni e, soprattutto, tra il Nord e il Sud del Paese. Un gap diventato ormai una “frattura strutturale” destinata ad essere aggravata dall’autonomia differenziata, che in sanità legittimerà normativamente il divario Nord-Sud, amplificando le inaccettabili diseguaglianze nell’esigibilità del diritto costituzionale alla tutela della salute”.

Ecco perché, in occasione dell’avvio della discussione in Aula al Senato del ddl Calderoli, continua Cartabellotta, “la Fondazione Gimbe ribadisce quanto già riferito nell’audizione in prima Commissione Affari Costituzionali del Senato: la tutela della salute deve essere espunta dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie”. Numerose a questo proposito le motivazioni addotte dalla Fondazione Gimbe e diffuse in una nota: il Servizio Sanitario Nazionale attraversa una gravissima crisi di sostenibilità e il sotto-finanziamento costringe anche le Regioni virtuose del Nord a tagliare i servizi e/o ad aumentare le imposte regionali. In altri termini non ci sono risorse da mettere in campo per colmare le diseguaglianze in sanità; il ddl Calderoli rimane molto vago sulle modalità di finanziamento, oltre che sugli strumenti per garantire i Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) secondo quanto previsto dalla Carta Costituzionale; il gap in sanità tra regioni del Nord e del Sud è sempre più ampio, come dimostrano i dati sugli adempimenti ai Livelli essenziali di assistenza (LEA) e quelli sulla mobilità sanitaria qui riportati; le maggiori autonomie già richieste da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto potenzieranno le performance di queste Regioni e, al tempo stesso, indeboliranno ulteriormente quelle del Sud, anche quelle a statuto speciale. Un esempio fra tutti: una maggiore autonomia in termini di contrattazione del personale, rischia di provocare una fuga dei professionisti sanitari verso le regioni in grado di offrire condizioni economiche più vantaggiose; le regioni del Sud non avranno alcun vantaggio: essendo tutte (tranne la Basilicata) in Piano di rientro o addirittura commissariate come Calabria e Molise, non avrebbero nemmeno le condizioni per richiedere maggiori autonomie in sanità; il Paese, indebitando le future generazioni, ha sottoscritto il Pnrr che ha come obiettivo trasversale a tutte le missioni proprio quello di ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali.

“In tal senso – commenta Cartabellotta – risulta ai limiti del grottesco la posizione dei presidenti delle Regioni meridionali governate dal centro-destra, favorevoli all’autonomia differenziata. Una posizione autolesionistica che dimostra come gli accordi di coalizione partitica prevalgano sugli interessi della popolazione”. Il Report sulla mobilità sanitaria 2021 elaborato dalla Fondazione Gimbe ha utilizzato i dati economici aggregati per analizzare mobilità attiva, passiva e saldi, e i flussi trasmessi dalle Regioni al ministero della Salute per analizzare la differente capacità di attrazione delle strutture pubbliche e private di ogni Regione per le differenti tipologie di prestazioni erogate in mobilità.

“Le nostre analisi – conclude Cartabellotta – dimostrano che i flussi economici della mobilità sanitaria scorrono prevalentemente da Sud a Nord, in particolare verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi con il governo per la richiesta di maggiori autonomie. E che oltre la metà del valore delle prestazioni di ricovero e specialistica ambulatoriale vengono erogate dal privato accreditato, ulteriore segnale d’indebolimento della sanità pubblica. Questi dati, insieme a quelli sull’esigibilità dei Lea, confermano un gap enorme tra il Nord e il Sud del Paese, inevitabilmente destinato ad aumentare se verranno concesse maggiori autonomie alle più ricche Regioni settentrionali. Ecco perché la Fondazione Gimbe, all’avvio della discussione in Senato del ddl Calderoli, ribadisce la richiesta di espungere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie. Perché, se così non fosse, la conseguenza sarebbe la legittimazione normativa della “frattura strutturale” Nord-Sud, che compromette l’uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute, aumenta la dipendenza delle Regioni meridionali dalla sanità del Nord e assesta il colpo di grazia al Servizio Sanitario Nazionale”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)