Coronavirus, i popoli indigeni dell’Amazzonia temono un massacro
I morti al momento sono 791 e i positivi 13.729. La diffusione avanza più in fretta in Brasile, seguono Perù e Bolivia. Mancano misure sanitarie adeguate per affrontare la situazione
I popoli indigeni dell’Amazzonia temono un massacro con l’avanzata del coronavirus. Una paura che unisce tutta la zona Panamazzonica, che comprende Brasile, Colombia, Venezuela, Ecuador, Perù, Bolivia, Suriname, Guyana e Guyana francese. I morti al momento sono 791 e i positivi 13.729 (fonte: Rete ecclesiale panamazzonica, aggiornamento del 27 aprile).
Geografia della malattia. La diffusione avanza più in fretta tra gli indigeni in Brasile, dove si contano quasi 11 mila casi. Seguono Perù (poco meno di 1.500) e Bolivia (quasi 680). Il primo caso ufficiale in Brasile risale a inizio aprile, quando una ventenne della Kokama dello Stato di Amazonas è risultata positiva. Il secondo popolo a essere stato colpito sono gli Yanomami: un ragazzo di 15 anni, in Roraima, è stato prima ricoverato ed è poi morto.
Più fragili. Gli indigeni sono la fascia di popolazione più a rischio, come dimostra un’indagine dell’Associazione brasiliana di studi sulla popolazione intitolata “Analisi di vulnerabilità demografica e infrastrutturale delle terre indigene al Covid-19”. In particolare, soprattutto nel Nord e Centro-ovest, ci sono diverse criticità, tra cui l’alto tasso di malnutrizione dei bambini e la mancanza di difese immunitarie verso le infezioni respiratorie. A questo si aggiunge l’assenza di strutture sanitarie, oltre ai problemi legati alla vastità delle aree in cui vivono. E va ricordato anche che tra gli indigeni c’è un alto tasso di persone che vivono insieme (più di 5 volte rispetto alla media), oltre che un alto numero di abitazioni senza servizi igienici propri (più del 30%).
Lo Stato peggiora le cose. Un problema nel problema è l’atteggiamento delle autorità di Brasilia, che da tempo non procedono a nuove demarcazioni e regolarizzazioni di terre indigene, come denunciato anche dal Cimi, il Consiglio indigenista missionario legato alla Conferenza episcopale brasiliano. Inoltre, stando alle dichiarazioni dei popoli indigeni e di varie organizzazioni, l’esecutivo non è stato in grado di mettere in piedi misure sanitarie adeguate per affrontare la situazione.
I nuovi invasori. Le comunità native devono restare isolate per evitare la diffusione del virus, cosa che però non sta avvenendo: minatori, cercatori d’oro, società dell’agribusiness e trafficanti di legno stanno approfittando del calo dei controlli per aumentare i propri commerci. E quindi il pericolo di contagio per la popolazione locale.