Coronavirus, al via il primo Ramadan in quarantena

Comincia venerdì 24 aprile il mese sacro dei musulmani. Ma, in emergenza sanitaria, non ci sarà il tradizionale Iftar conviviale e condiviso di rottura del digiuno né le preghiere serali nelle mosche o nelle sale cittadine. Lafram (Ucoii): “Le comunità islamiche italiane parte attiva della lotta al coronavirus”

Coronavirus, al via il primo Ramadan in quarantena

Il Ramadan è il mese sacro dei musulmani, quello in cui Maometto ricevette la rivelazione del Corano. È il mese dedicato al digiuno, alla carità, alla preghiera, alla meditazione e all’autodisciplina. È un periodo che unisce una dimensione più individuale e una più culturale, conviviale. Ma non nel 2020: in piena pandemia, infatti, i musulmani di tutto il mondo in quarantena saranno obbligati a rivedere e ripensare i loro riti e le loro tradizioni per tutta la durata del mese sacro, che quest’anno comincerà il 24 aprile e terminerà il 23 maggio.

“Ci apprestiamo a vivere un periodo da sempre caratterizzato da momenti intimi e momenti condivisi – spiega Yassine Lafram, presidente di Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche italiane, da ieri in isolamento volontario perché presenta i sintomi del Covid 19 –. Per quanto riguarda la sfera personale, l’aspetto più intimo è quello del digiuno, atto cultuale tra sé e Dio: nessun altro, infatti, potrà dirsi certo del rispetto di ognuno di questo pilastro”. Si digiuna dall’alba al tramonto, non possono essere ingeriti cibi né liquidi, acqua compresa. Dal tramonto in poi questi precetti decadono: “Possiamo mangiare e bere, ed è qui che arriviamo alla dimensione più collettiva. Ci si trova sempre in tanti a celebrare l’iftar, l’interruzione del digiuno. Ogni famiglia ha le proprie tradizioni culinarie – che dipendono anche dalle zone di origine –, ci sono piatti che vengono preparati solo in questo periodo. A quest’ora le visite familiari si intensificano, ci sono molti scambi di saluti e doni tra famiglie. Poi c’è il momento delle preghiere serali nelle moschee o nelle sale di preghiera che, in questo periodo dell’anno, sono stracolme di fedeli che desiderano riconciliarsi con Dio. Chi ha cattive abitudini, smette; chi aveva smesso di pregare ricomincia. Il Ramadan per noi è il mese del pentimento e della riconciliazione”.

Il Ramadan è anche il mese della solidarietà – la Zakat, la carità, è un altro dei 5 pilastri dell’Islam –: le donazioni più grandi delle comunità islamiche arrivano proprio in questo periodo: “Nel mondo ci sono 800 milioni che per un mese praticano il digiuno (dal digiuno sono esentati i più piccoli, gli anziani, i malati, le donne in gravidanza o incinta, ndr): si trovano dunque nelle condizioni, anche se per un periodo limitato di tempo, di chi soffre la fame tutto l’anno. Ed è così che si riesce a essere più solidali e generosi, facendo donazioni ma anche donando pacchi alimentari alle fasce più in difficoltà”.

Ma, con l’emergenza sanitaria, cambierà tutto: “Quest’anno il Ramadan sarà vissuto a livello familiare, privato. Non ci saranno contatti con esterni, non ci saranno le tavolate dell’Iftar che, così spesso, offrono un posto a tavola anche per chi, solitamente, un posto a tavola non ce l’ha, magari è solo e in difficoltà. Non ci saranno nemmeno le preghiere serali nelle moschee e nelle sale, non ci sarà la lettura condivisa del Corano: sono questi gli aspetti che ci addolorano di più. Tutti noi dovremo essere bravi a ricreare quello spirito di comunità e ascolto, quel velo di spiritualità, nelle nostre case. Penseremo alla privazione di non poter andare a pregare: per noi il Ramadan è il mese delle occasioni e della speranza, non poterlo vivere insieme ci spezza il cuore”.

La fase 2 ripartirà proprio in pieno Ramadan, con qualche plausibile ammorbidimento nelle misure di isolamento: “Noi rispetteremo sempre le indicazioni delle istituzioni e dell’Organizzazione mondiale dalla sanità (che ha anche prodotto un documento sulla pratica del Ramadan nel contesto del Covid 19, ndr). Abbiamo già deciso di cancellare il quarto Iftar Street, la festa di fine Ramadan che nei 3 anni precedenti come Comunità islamica di Bologna abbiamo organizzato in via Torleone, alla quale hanno sempre partecipato cittadini bolognesi di tutte le religioni, credenti e non”.

Alla luce di un mondo nuovo – almeno temporaneamente –, così diverso da quello conosciuto sino allo scorso febbraio, venerdì 24 aprile i musulmani cominceranno comunque a vivere l’esperienza del Ramadan in quarantena: “Dopo un giorno di digiuno, l’Iftar in casa, le preghiere serali nell’intimità della propria abitazione, il sonno. La sveglia intorno intorno alle 3.30 per consumare un pasto prima dell’alba, ancora qualche ora a letto e poi il lavoro, e le successive 17, 18 ore conseguenti di digiuno, tra lavoro, famiglia e lettura del Corano”.

A Bologna, dal 24 febbraio, avvio dell’emergenza sanitaria, la Comunità islamica ha donato mascherine, ha raccolto 14 euro per gli ospedali che stanno fronteggiando l’emergenza, ha invitato a donare il sangue, ha messo a disposizione i propri volontari per il progetto di Auser, Coop Alleanza 3.0, Comune di Bologna, Volabo, Forum Terzo Settore “L’unione fa la spesa” per la consegna a casa della spesa o di medicinali per le persone anziane o impossibilitate a uscire. “Vivo a Bologna, ma come presidente dell’Unione sto seguendo tutte le comunità italiane: queste donazioni esprimono l’appartenenza a un territorio. È la grande dimostrazione che la comunità musulmana è parte integrante del tessuto economico di questo Paese. C’è un fermento propositivo: la nostra non è una comunità che ha subito l’emergenza, ma che ha scelto di restituire un po’ di quello che l’Italia ci ha donato in termini di accoglienza e cittadinanza”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)