Corea del Nord: la morte presunta di un leader e il nodo della “transizione”
Continuano a rimbalzare le voci sulle precarie condizioni di salute di Kim Jong-Un che nelle scorse settimane si è sottoposto ad un delicato intervento al cuore. C’è chi lo dà per morto o in stato vegetativo e chi in convalescenza a Wonsan. Ma è un mistero. Il professore Antonio Fiore: “nessuno in Corea del Nord può controllare cosa realmente succede nella cerchia più intima del leader e quindi pochissime persone possono accedere alle notizie sulla reale salute di Kim Jong-un. Bisogna quindi avere molta cautela”
Mistero sempre più fitto sullo stato di salute e di vita del leader nordcoreano Kim Jong-un. Negli ultimi 15 giorni è girato di tutto: dalle voci che lo darebbero, in base a variegate indiscrezioni, già deceduto o in ‘stato vegetativo’ per l’inserimento problematico di uno stent coronarico, a chi afferma che è vivo e soggiornante sulla costa orientale di Wonsan. Moon Chung-in, advisor speciale sulla sicurezza nazionale del presidente sudcoreano Moon Jae-in, nelle ultime ore da Seul rassicura: il leader nordcoreano “è vivo e sta bene”. Dichiarazioni che hanno fatto subito il giro delle maggiori testate asiatiche e internazionali che da giorni stanno inseguendo il fitto mistero della sparizione del leader Kim da tutti gli eventi pubblici. Antonio Fiori, professore all’Università di Bologna, uno dei massimi esperti italiani di Corea, raggiunto dal Sir, chiarisce subito: “Nessuno in Corea del Nord può controllare cosa realmente succede nella cerchia intima del leader e quindi pochissime persone possono accedere alle notizie sulla reale salute di Kim Jong-un. Bisogna quindi avere molta cautela”.
Cosa succede, in contesti di regime come la Corea del Nord, quando si hanno notizie sullo stato di salute del leader?
Potrebbero essere fattori destabilizzanti per il regime stesso. In particolar modo in questo frangente, dal momento che la corsa per la transizione non è configurabile.
Il leader è molto giovane anagraficamente, non ha successori in linea diretta. Ha dei figli, probabilmente tre, però sono molto piccoli. Il più grande dovrebbe avere attorno ai 9 anni. Quindi non sono in condizioni di guidare un paese. Nel caso in cui sia successo qualcosa, è chiaro che le trame di regime devono necessariamente prendersi del tempo per aggiustare la transizione nel caso questa dovrebbe davvero verificarsi.
Quali scenari si aprirebbero con la morte del leader?
Gli scenari sono tre. Il più immediato potrebbe essere una transizione verso la sorella minore. Da quello che sappiamo Kim Yo-Jong potrebbe essere in grado di reggere il paese salvo che la Corea del nord non ha mai avuto leader donne e
in un paese che si regge sulla presenza dei militari, il dominio di una donna potrebbe anche non essere ben visto.
La seconda possibilità è quella di avere al potere Kim Pyong-il che è uno dei fratellastri di Kim Jong-un e figlio dell’ex leader della Corea del Nord, nato . Urò nel corso di una relazione precedente a quella a cui appartiene invece l’attuale leader Kim Jong-un. E’ un personaggio con caratteristiche rilevanti, un diplomatico, che conosce bene il regime, molto vicino alla leadership. I rami però della famiglia sono molteplici e naturalmente quando si sceglie un erede su un ramo della famiglia, gli altri diventano o meno importanti o addirittura cadono in disgrazia e questo potrebbe causare problemi e discordie sulla scelta del futuro leader. Una terza ipotesi – ma è quella in assoluto meno plausibile – potrebbe essere una sorta di reggenza allargata.
Perché fare uscire con una notizia simile in un periodo come questo di pandemia e quarantena?
Sono speculazioni da parte del mondo occidentale. Ma non è la prima volta che succede.
Nel 2014, Kim Jong-un lo perdemmo dalle scene per 40 giorni. Poi ritornò claudicante perché molto probabilmente aveva subito una operazione: alcuni dicono per una cisti sull’anca; altri invece alla caviglia. Qualcosa sicuramente c’era stato ma anche in quella occasione lo si dette per morto. La Corea del Nord è un paese che non è intellegibile ai più. Sono 20 anni che mi occupo di Corea del Nord e 20 anni che mi confronto con realtà sempre nuove che mi erano sconosciute.
C’è però un dato costante: il mondo è costretto a puntare i riflettori su questo piccolissimo paese dell’Asia. Perché?
Perché è un paese nuclearizzato, potenzialmente pericoloso. Certamente non ha mai fatto ricorso al nucleare in fase offensiva ma solo esclusivamente in ragione difensiva. La filosofia di fondo del regime nordcoreano è molto semplice: l’arsenale atomico viene sempre dichiarato come un deterrente in funzione difensiva nel caso in cui a qualcuno venga in mente di aggredire la Corea del Nord.