Carcere, 57.230 detenuti. In sette anni diminuiti gli stranieri

Lo dice la Relazione al Parlamento del Garante delle persone private della libertà, Mauro Palma. Dal 2016 scende anche la percentuale di coloro che sono in carcere senza alcuna condanna definitiva

Carcere, 57.230 detenuti. In sette anni diminuiti gli stranieri

Sono 57.230 le persone detenute nelle carceri italiane (dati al 1 giugno 2023). Tra loro  2504 sono donne. Gli stranieri sono in diminuzione: dal 2016 a oggi la percentuale della loro presenza in carcere è diminuita dal 34 al 31,2 per cento. A scendere è anche la percentuale di coloro che sono in carcere senza alcuna condanna definitiva, che passa dal 35,2 al 26,1 percento nel corso di questi anni.
A fotografare la condizione degli istituti di pena è la Relazione al Parlamento del Garante delle persone private della libertà, Mauro Palma, che nel suo discorso ha fatto un bilancio dei sette anni del suo incarico, che quest’anno volge al termine.  

“Resta alto il numero di persone ristrette in carcere per scontare condanne molto brevi: 1551 persone sono oggi in carcere per scontare una pena – non un residuo di pena – inferiore a un anno, altre 2785 una pena tra uno e due anni - spiega Palma -. È evidente che una struttura complessa quale è quella carceraria non è in grado di predisporre per loro alcun progetto di rieducazione perché il tempo stesso di conoscenza e valutazione iniziale supera a volte la durata della detenzione prevista. Non solo, ma questi brevi segmenti di tempo recluso sono destinati a ripetersi in una sorta di serialità che vede alternarsi periodi di libertà e periodi di detenzione con un complessivo inasprimento della propria marginalità. La loro presenza in carcere, quindi, interroga il nostro tessuto sociale: sono vite connotate da una marginalità che avrebbe dovuto trovare altre risposte, così da diminuire l’esposizione al rischio di commettere reati. Non dobbiamo mai dimenticare che il diritto penale – e ancor più la privazione della libertà – deve avere un ruolo 'sussidiario', intervenendo come misura estrema laddove altre forme di supporto e riduzione dei conflitti e delle difficoltà che abitano la collettività abbiano fallito. Sono vite che avrebbero dovuto trovare altri supporti nell’istruzione, nel sostegno abitativo, nella possibilità di un reddito in grado di rendere la giustamente proclamata tutela della vita una effettiva tutela della vita dignitosa e non meramente biologica; lo avrebbero dovuto trovare anche nell’intervento di orientamento alla prima deviazione verso forme di criminalità”.

Nella sua relazione, il Garante ha ricordato la tragedia dei suicidi in carcere. “Oggi, il numero di persone detenute che hanno scelto di togliersi la vita è già salito a 29 con in più altri 12 decessi per cause da accertare, alcuni dei quali attendibilmente classificabili in futuro come suicidi, mentre scorre la ventitreesima settimana dell’anno - ha detto -. Emerge un quadro di fragilità individuali che interroga noi, la società esterna, anche più che l’Amministrazione penitenziaria. Perché spesso sembra essere la funzione simbolica dell’essere approdati in quel luogo, il carcere, a costituire un fattore determinante per tali decisioni estreme: è quella sensazione di essere precipitato in un ‘altrove’ esistenziale, in un mondo separato, totalmente ininfluente o duramente stigmatizzato anche nel linguaggio dei media e talvolta anche delle istituzioni, che caratterizza il luogo dove si è giunti, a essere determinante. Anche perché spesso ci si è giunti dopo vite condotte con difficoltà e lungo il bordo del precipizio che separa sempre più concretamente il percepirsi parte della collettività e il collocarsi ai suoi limiti estremi. Da qui, la necessità di un discorso pubblico diverso sulla pena. “Dobbiamo riflettere, infatti, come un discorso pubblico sbilanciato sul versante populista e applicato all’ambito penale abbia portato in anni recenti all’estensione dell’area del controllo penale, pur in presenza della riduzione numerica dei reati più gravi”. 

Per quanto riguarda i dati relativi ai minori e ai giovani adulti in questi 7 anni hanno mantenuto un complessivo equilibrio: quelli ristretti negli Istituti penali per minorenni sono, alla stessa data, 390, altri 3802 sono in messa alla prova e complessivamente il servizio minorile ha in carico 14473 minori o giovani adulti – erano 14.212 nel 2016.  

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)