Cambiamento climatico. La conta dei danni, prima del prossimo nubifragio

Cambiamento climatico Taverne inondate, libri galleggianti all’interno di librerie, semine da rifare e vigneti danneggiati. Ma anche l’aiuto di vicini e cittadini con scope e secchielli. Le testimonianze lungo il Veneto di chi ha provato in prima persona gli effetti del maltempo

Cambiamento climatico. La conta dei danni, prima del prossimo nubifragio

Stiamo tutti diventando esperti di bombe d’acqua, allarme rosso per criticità idrogeologica e idraulica, celle temporalesche, tempo di ritorno, ondate di piena, bacini di laminazione. Perché quello che era un evento sporadico – l’allagamento di una zona a causa di un temporale particolarmente intenso che scarica enormi quantità di acqua in poco tempo, con danni a case e strade, se non anche alle persone – sta diventando l’allarmante regolarità. Un timore che Gianni Stocco, socio e collaboratore della libreria Massaro di Castelfranco, invasa dall’acqua tra il 15 e il 16 maggio, sintetizza così: «La paura è che l’eccezionalità divenga la regola». Perché gli eventi estremi stanno diventando quasi regolari, inaspettati, per lo più imprevedibili nelle dimensioni e nella forza, “democratici” perché colpiscono tutte le aree della nostra Regione. Ai disagi provocati dall’acqua e dal fango che entrano nelle abitazioni e nelle attività economiche si sommano le preoccupazioni per i costi da sostenere per riparare i danni subiti. Costi che non sempre l’intervento pubblico o le assicurazioni coprono. «Nella notte tra il 15 e il 16 maggio la pioggia cadeva in quantità fuori del normale, il rumore che si sentiva era simile a quello delle cascate – racconta una residente della Guizza che preferisce l’anonimato – Alle due di notte il mio giardino era al limite e in taverna c’erano due centimetri di acqua entrata dalle bocche di lupo. Ho provato a sistemare dei tappeti per limitare le infiltrazioni e a sollevare alcuni oggetti. Ma poi ho visto acqua anche al pianterreno, dai tombini sulla strada fuoriuscivano fontane d’acqua e la strada si è riempita come un fiume». Le prime chiamate – ai Vigili del fuoco e alla Protezione civile – non hanno trovato una risposta. Solo la Polizia ha risposto: «Mi hanno consigliato di abbandonare la mia casa e trovare riparo dai vicini al primo piano, dove ho portato solo i miei gatti». La sorpresa più grande al ritorno nell’appartamento: il vano scale completamente colmo, la taverna allagata da un’acqua sulla quale galleggiavano foto e oggetti che non appartenevano alla padrona di casa: «A fatica ho capito che si trattava di cose dei miei vicini perché il muro che separava i due interrati era stato distrutto dalla forza dell’acqua». Il sostegno straordinario degli amici è un aiuto importante, ma danni quantificati in circa 40 mila euro per appartamento e l’inagibilità decretata da Vigili del fuoco spaventa i residenti della Guizza. Meno grave, ma comunque di impatto sulla struttura e sulla vita della comunità quanto subito dall’Oasi Sant’Antonio a Camposampiero: «La nostra casa si trova in una posizione depressa rispetto ai corsi d’acqua vicini e, quando c’è stata la piena, sono entrati circa 15 centimetri d’acqua nell’intero seminterrato – ricorda padre Nicola Zuin, responsabile della Casa – Immediatamente suore, frati, volontari hanno cercato di mettere al sicuro quanto possibile e poi i volontari della Protezione civile e alcuni amici da Rustega con un trattore hanno aspirato tutta l’acqua. Porte, pavimenti, infissi sono da buttare e i muri da risanare». Dopo una settimana gli ambienti iniziano ad asciugarsi e le attività a riprendere. Resta la sensazione di impotenza di fronte a eventi di cui non si ha memoria in anni recenti e che nel Camposampierese questa volta sono stati determinati principalmente dalla rottura dell’argine sul Muson dei Sassi a Rustega da dove l’acqua è fuoriuscita, invadendo ettari di terreni agricoli e decine di abitazioni. Il punto è che piogge consistenti ma soprattutto molto localizzate e concentrate in poche ore mettono in crisi sistemi idraulici con una portata calcolata a partire da dati statistici da rivedere, perché – ormai lo dicono anche gli scettici – il clima è cambiato. «Due-tre anni fa abbiamo vissuto qualcosa di vagamente simile che ha colpito uno o due Paesi della Bassa, nulla come questa volta con 300 millimetri di pioggia caduta in una settimana, ma soprattutto quasi 200 millimetri in un giorno – esclama Candido Gambin, commerciale della Cooperativa Frutta Castelbaldo, in contatto con gli agricoltori del posto – Montagnana, Casale di Scodosia, Borgo Veneto, Merlara, i danni sono incalcolabili, parliamo di interi vigneti, frutteti con mele, pere e susine distrutti. Le patate sono state sott’acqua per 4-5 giorni, sono perse; il 70-80 per cento della semina da rifare». Tragico lo spettacolo che si è presentato a Gianni Stocco della libreria Massaro di Castelfranco Veneto giovedì 16 maggio: i due terzi del negozio, tutta la parte interrata, erano sommersi di acqua. «Tutto è andato perduto, libri, arredi, porte, computer e server. Molti volenterosi ci hanno aiutato e una squadra specializzata ha eliminato acqua e fango residui e portato via tutto. Adesso abbiamo riportato la struttura allo stato originario e avviato l’opera di sanificazione che sarà lunga, il danno è stato stimato in 150 mila euro». Un passo alla volta, per cercare di tornare a una minima operatività per una libreria storica aperta nel 1926 che occupa la sede attuale da 22 anni. «La pioggia caduta in modo impetuoso e il fiume che ci scorre vicino ingrossato hanno realizzato un combinato disposto eccezionalmente negativo e spaventoso. Ma la paura è che l’eccezionalità diventi la regola».

Quale siccità

La siccità del 2022 (in media il 31 per cento in meno della media misurata dal 1993) è un ricordo lontano in questa primavera che non trova stabilità meteorologica. Secondo l’Arpav, nel mese di marzo sono caduti in Veneto 163 mm di precipitazione, ben il 156 per cento in più della media. «Adesso sono fuori da una casa dichiarata inagibile – commenta l’alluvionata padovana – Scopro che i residenti in questa zona da 15 anni segnalano rischi, non ho garanzie che l’assicurazione risponda dei danni che ho subito. Eppure vedo la smania di costruire case nuove senza una riflessione sulla sostenibilità idrogeologica. Quale futuro stiamo preparando?».

Grandine che sembra neve, strade sommerse dall’acqua

Sul canale WhatsApp della Difesa del popolo, Anna, volontaria del Sav, Sorveglianza aerea veneta ci scrive che «nei giorni della piena del fiume Bacchiglione abbiamo fatto qualche sorvolo per capire com’era la situazione del nostro territori: la strada di collegamento tra Montegaldella e Montegalda è stata chiusa perché sommersa dall’acqua, la strada provinciale 16 è stata chiusa per mezza giornata per sistemare una voragine e anche il post alluvione è stato difficile perché i detriti da nord si sono fermati qui comportando tanto lavoro per gli agricoltori e per chi ha il maneggio nella zona golenare del fiume». Scene surreali anche nel piccolo Comune di Agugliaro: la fitta e incessante grandine ha imbiancato marciapiedi da far sembrare neve. Dal monte Summano, invece, sono scesi detriti che hanno interessato l’area di Piovene Rocchette.

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