Eucarestia. «Rimane, nel sacramento, il caldo della divina carità»
Santa Caterina da Siena. Il Signore, in un'estasi dopo la comunione, le rivelò ciò che avviene all’anima che si comunica degnamente
Poiché nell’Eucaristia Cristo attua l’opera della nostra redenzione, i santi vi hanno attinto il fuoco dell’amore per donarsi interamente a Lui e ai fratelli. Abbiamo belle testimonianze del singolare rapporto mistico di santa Caterina da Siena con l’Eucaristia. Così scrive il suo biografo, il beato Raimondo da Capua: «La vergine di Cristo languiva d’amore per Lui, e non ci aveva altro rimedio che il pianto dell’anima e del corpo. Ogni momento eran sospiri e lacrime; ma neppure così si alleggerivano le sue pene. Allora il Signore le ispirò di recarsi frequentemente all’altare di Dio, e di prendere quanto più spesso potesse dalle mani del sacerdote il Nostro Signor Gesù Cristo nel Sacramento, affinché gustasse, almeno sacramentalmente durante il cammino della vita, Colui del quale non poteva ancora saziarsi, come bramava, nel cielo. Ma ciò fu cagione di più grande amore» (Legenda maior 166).
Il Signore, in un’estasi dopo una comunione, le rivelò quello che avviene all’anima che si comunica degnamente: «Guarda, o carissima figliuola, in quanta eccellenza si trovi l’anima, che riceve come si deve questo pane di vita, cibo degli angeli. Ricevendo questo sacramento, sta in me ed io in lei. Come il pesce sta nel mare e il mare nel pesce, così io sto nell’anima e l’anima in me, mare pacifico. Nell’anima rimane la grazia, perché, avendo ricevuto questo pane di vita in grazia, questa rimane dopo che è stata consumata la specie del pane. Io vi lascio l’impronta della mia grazia, come l’impronta del suggello che si pone sopra la cera calda: levandosi il suggello, vi rimane la sua impronta. Così nell’anima rimane la virtù di questo sacramento, vi rimane, cioè, il caldo della divina carità» (Il Dialogo della divina Provvidenza, 112).
padre Domenico Maria Fabbian,
eremita diocesano