Come sta la famiglia? Il quinto tema del Sinodo della Chiesa di Padova

Quinto tema. Il primo dei “Soggetti” – tra i 14 temi del Sinodo – è la famiglia. Si riflette a tre voci su quanto la sua attuale complessità interpella

Come sta la famiglia? Il quinto tema del Sinodo della Chiesa di Padova

A che punto è oggi la famiglia? Gode di buona salute oppure no? La Commissione preparatoria del Sinodo, nell’individuazione di questo tema, ha evidenziato come la famiglia sia «la prima dimensione di comunità, un porto accogliente e sicuro».

Purtroppo, però, non sempre sembra essere così. «La famiglia oggi è un po’ allo sbando» commenta don Piero Pasquini, anima dell’Eremo di Caresto, un luogo in provincia di Pesaro e Urbino che da cinquant’anni accompagna le coppie di sposi alla riscoperta del sacramento del matrimonio e alla coscienza della loro vocazione matrimoniale. «Non ci sono regole, ciascuno è libero e può fare ciò che vuole. Ci si accorge, però, che la libertà non basta quando non si sa come gestirla; per questo diventa importante educare alla libertà. Molte famiglie, infatti, nascono liberamente ma sono fragili. Nella nostra realtà arrivano diverse coppie in difficoltà, il matrimonio è in crisi, magari non vogliono separarsi, ma allo stesso Nessuna famiglia può dirsi perfetta, in tutte ci sono fatiche, incomprensioni, momenti di scoraggiamento. Ma con l’amore, il perdono, la preghiera è possibile costruire, giorno dopo giorno, sulla roccia. Loredana, 58 anni, e Antonio Facco, 57, hanno messo su famiglia vent’anni fa; di Cesuna lei, di Curtarolo lui, si sono stabiliti in Altopiano dove «l’aria è più buona». Entrambi insegnanti di scuola primaria, hanno respirato fin da bambini, in famiglia,la fede cattolica che hanno cercato di trasmettere ai due figli, Giacomo, oggi ventenne, ed Emma, sedicenne. «Abbiamo sempre condiviso la fede con loro – racconta Antonio – e, in alcuni tratti del percorso formatempo non sanno come fare per andare avanti. Il problema è che non hanno messo le basi, sono state incapaci di gettare le fondamenta. La società punta tutto sul sentimento ma non insegna, per esempio, a risolvere i conflitti che inevitabilmente si creano, non insegna a comunicare e nemmeno a perdonare». L’Eremo di Caresto, luogo suggestivo e oasi di silenzio, grazie all’impegno di una quindicina di famiglie, organizza tutto l’anno incontri di spiritualità, percorsi per coppie, ritiri nei fine settimana.

«Quello che proponiamo a chi arriva da noi, che un po’ ci caratterizza, sono soprattutto attività pratiche – prosegue don Pasquini – Ci siamo accorti che è necessario offrire sussidi, stimoli, aiuti concreti a famiglie che altrimenti sarebbero destinate alla separazione; grazie all’esperienza di molti anni, abbiamo compreso ciò che serve loro. Nel tempo abbiamo imparato gli uni dagli altri, e credo che noi sacerdoti, non avendo un’esperienza diretta di famiglia, non sempre saptivo, ci siamo trovati anche a essere i loro catechisti. Siamo contenti del cammino fatto fin qui, ci rende orgogliosi vedere che, pur crescendo, i nostri figli mantengono vivi i valori appresi in famiglia e desiderano condividere con noi le loro scelte». Nell’esperienza di insegnanti i coniugi Facco si confrontano quotidianamente con le famiglie. «Ci sono molte coppie conviventi – racconta Loredana – Si tratta di buone famiglie, ma manca la volontà di impegnarsi l’uno nei confronti dell’altro. Come credenti e appartenenti alla comunità, cerchiamo di essere aperti e accoglienti, ma a volte il messaggio che arriva è contrario, è come se mancasse un confronto aperto». piamo parlare nel modo giusto alle famiglie; per questo dobbiamo metterci in ascolto, crescere con loro, imparare da loro».

Sono una famiglia impegnata nell’aiuto di altre famiglie anche Paola Gardellin e Francesco Roveron, giovane coppia di sposi della parrocchia di Villatora, insegnante di religione lei, ingegnere presso un’azienda lui. Da quattro anni sono incaricati diocesani dell’ufficio di Pastorale della famiglia e si occupano, oltre che del supporto di attività
presenti nelle singole parrocchie, di situazioni familiari più specifiche. Fanno parte, ad esempio, dell’equipe “Legami spezzati”, che si rivolge a persone che vivono la separazione o il divorzio, e del gruppo per le nuove unioni che aiuta invece le coppie a discernere sulla loro relazione sentimentale per comprendere se può evolvere in qualcosa di più serio. «C’è poi un gruppo che accompagna le persone rimaste vedove – spiegano i coniugi – e un altro che si dedica alle famiglie adottive e affidatarie (di cui si parla a pagina 29 di questo numero, ndr); sono tutti aiuti che cerchiamo di dare a supporto delle parrocchie. Ci occupiamo anche di percorsi di formazione e dei corsi rivolti ai fidanzati che seguiamo in collaborazione con Villa Immacolata».

La coppia, che ha un figlio di tre anni, è reduce dalla festa diocesana delle famiglie – che si è tenuto in Altopiano il 19 giugno – e dall’incontro mondiale svoltosi a Roma dal 22 al 26 giugno. «Siamo tornati ricchi di entusiasmo e di speranza – commenta Francesco – Abbiamo incontrato molte belle famiglie cristiane, genuine, spontanee e questo ci fa credere che si può fare molto e investire in questa bellezza». «Abbiamo respirato anche la presenza di una Chiesa aperta – aggiunge Paola – che sa cogliere tutte le realtà familiari, anche quelle che si discostano dal modello degli sposi cristiani; abbiamo ascoltato diverse testimonianze di famiglie, comprese quelle di conviventi, di persone separate, di chi vive religioni diverse, di famiglie reali insomma, e credo abbia fatto bene a tutti mettersi in ascolto, senza giudizio. Crediamo che lo sguardo della Chiesa debba essere a tutto campo, uno sguardo che bada più all’accoglienza che alle norme, pur continuando a mostrare la gioia di seguire l’ideale di una famiglia cristiana». «Abbiamo portato a casa anche una riflessione sulle coppie sposate da poco – conclude Francesco – crediamo sia importante pensare a un sostegno da offrire loro nei primi anni di matrimonio, quando iniziano il cammino insieme, per non lasciarle sole».

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