Caritas. Accanto alle vittime del decreto sicurezza
La decisione. Due dei sette appartamenti gestiti da Caritas Padova con Gruppo R dal 2012 per il reintegro di persone senza dimora oggi accolgono migranti che si stanno rendendo autonomi. Padova aumenta la propria capacità di accoglienza nei confronti dei senza dimora. Ma nuove sfide si sono palesate e necessitano risposte
Aprire le porte, dare certezze, togliere dalla strada chi si trova senza niente perché possa ritrovare la propria strada. Dal 2012 Caritas Padova ha messo a disposizione sette appartamenti per l’accoglienza di persone senza dimora. Un impegno che oggi si rinnova verso gli ultimi degli ultimi: senza tralasciare i senza dimora italiani o comunitari, la Caritas guarda a quelle persone arrivate nel nostro Paese come richiedenti asilo che da un giorno all’altro, data l’eliminazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, si sono trovati in strada.
«Il progetto di prima accoglienza – racconta Sara Ferrari di Caritas Padova – è iniziato nel 2012, con un’intensa collaborazione con associazione Adam, cooperativa Gruppo R e la supervisione dell’università di Padova». Cinque di questi appartamenti sono stati concessi in comodato d’uso gratuito dalle parrocchie a Caritas Padova (un appartamento alla parrocchia di Santissima Trinità, uno a San Bellino, uno a San Filippo Neri e due nella parrocchia del Carmine), gli altri due sono gestiti in affitto a Gruppo R, con una retta pagata dal Comune di Padova.
«Recentemente – continua Ferrari – abbiamo visto come il Comune, anche grazie a un finanziamento della Regione, abbia ampliato la sua capacità di accoglienza e ci siamo resi conto di come le persone senza dimora trovino sempre più una buona risposta da parte del settore pubblico, con appartamenti buoni e professionisti qualificati». Eppure, mentre alcuni “deboli” vedevano moltiplicarsi le opportunità di risposta ai loro bisogni, altri si sono visti negare i pochi diritti che avevano. Con il decreto sicurezza, infatti, persone in possesso di permesso di soggiorno per motivi umanitari si sono trovati, da un giorno all’altro, in modo più o meno graduale, fuori dai centri di accoglienza straordinari e dai progetti Sprar. «Ci siamo resi conto – spiega Sara Ferrari – di quanto fosse necessario per queste persone un periodo di attenzione e di cura, verso un inserimento sociale. Con il decreto sicurezza, infatti, chi non era stato ancora in grado di conquistarsi un’autonomia è rimasto sguarnito di diritti. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari non si può più rinnovare: l’unica possibilità è che questo sia convertito in permesso di lavoro. Servono dunque un lavoro, una dichiarazione di ospitalità e un passaporto».
La decisione è stata presa in velocità: «Abbiamo messo a disposizione i due appartamenti nella parrocchia del Carmine, entrambi da cinque posti letto. Uno è già al completo, l’altro si sta riempendo». La formula è la medesima: «Dentro ogni appartamento c’è un custode, che è sempre un ospite, ma con qualche capacità e risorsa in più per supervisionare la convivenza ed eventualmente riferire all’educatore se ci sono problemi».
L’accoglienza in questi due appartamenti (su sette totali) ha una data di scadenza: «L’obiettivo è far sì che entro il giugno 2020 tutti abbiano un lavoro e un’abitazione in autonomia, in modo da chiudere il progetto e riaprirlo con una decina di nuovi ospiti». L’accoglienza è gratuita, ma agli ospiti è chiesto di partecipare al pagamento delle spese delle utenze: «Si tratta di persone con risorse spendibili. Tra loro c’è chi parla tre lingue e conoscono bene un mestiere. Non sono né vulnerabili né malati, semplicemente hanno bisogno di un po’ di tempo per diventare del tutto autonomi, anche in virtù del contesto di paura e di chiusura che si respira nella nostra società».
Chi si impegna – oggi – in progetti di tale respiro mette comunque sempre a preventivo qualche polemica: «Le critiche arrivano sia per le accoglienze che per i progetti di inserimento lavorativo. Si tratta però solo di uno spaccato, una fetta specifica del fenomeno migratorio. E la stessa attenzione rivolta a questi soggetti è destinata anche a tutti i cittadini italiani in difficoltà».
I dati
Allarmante il panorama europeo sulle persone senza dimora presentato per la quarta volta lo scorso aprile a Bruxelles da Feantsa (la federazione europea degli organismi che lavorano con gli homeless) e dalla Fondation Abbé Pierre.
700 mila le persone che vivono in strada in tutta Europa.
70% l'aumento dal 2009 a oggi, con l'exploit della Germania: più 150 per cento.
50 mila secondo l'Istat gli homeless italiani.
6% l'aumento dei senza dimora nel nostro Paese dal 2011 al 2014.
#ioaccolgo, per un'Italia più umana
Caritas italiana è tra i promotori del manifesto #ioaccolgo per riaffermare i diritti della Costituzione italiana in particolare in favore dei migranti, messi in discussione dai decreti sicurezza. Maggiori info su www.ioaccolgo.it