Sinodo sulla sinodalità. Documento finale consegnato al «santo popolo fedele di Dio»
Sinodo sulla sinodalità La 2a sessione si è conclusa domenica scorsa con il discorso di papa Francesco. Approvato con la maggioranza qualificata dei due terzi il documento finale. I padri e le madri sinodali si congedano, ma i gruppi di studio continuano a lavorare
Approvato con la maggioranza qualificata dei due terzi il documento finale della seconda sessione del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, svoltasi in Vaticano dal 2 al 27 ottobre e conclusosi con un discorso di papa Francesco, che ha annunciato di non voler pubblicare un’esortazione apostolica ma di voler consegnare al «santo popolo fedele di Dio» il frutto di questi tre anni di lavoro, al cui ultimo tratto di strada hanno partecipato 368 padri e madri sinodali, di cui 272 vescovi e 96 non vescovi, riunitisi nei tavoli appositamente allestiti in aula Paolo VI. Il ruolo delle donne, lo statuto delle Conferenze episcopali, l’esercizio del ministero petrino nell’ottica di una «sana decentralizzazione» tra i temi presenti nel documento, che rispecchia l’andamento del processo sinodale, cui parallelamente si è affiancato quello dei dieci gruppi di studio costituiti per volere del papa, che continueranno ad approfondire le questioni più discusse fino al giugno 2025.
Il ruolo delle donne nella Chiesa
«In forza del battesimo, uomini e donne godono di pari dignità nel popolo di Dio. Eppure, le donne continuano a trovare ostacoli nell’ottenere un riconoscimento più pieno dei loro carismi, della loro vocazione e del loro posto nei diversi ambiti della vita della Chiesa, a scapito del servizio alla comune missione». È quanto si legge nel documento finale a proposito del tema che ha provocato più dibattiti durante il Sinodo. «Le donne costituiscono la maggioranza di coloro che frequentano le chiese e sono spesso le prime testimoni della fede nelle famiglie» si legge al n. 60, che ha ricevuto il maggior numero di voti contrari di tutto il documento finale: 97. L’assemblea sinodale invita a «dare piena attuazione a tutte le opportunità già previste dal diritto vigente relativamente al ruolo delle donne, in particolare nei luoghi dove esse restano inattuate. Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo. Anche la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale resta aperta. Occorre proseguire il discernimento a riguardo. L’assemblea invita inoltre a prestare maggiore attenzione al linguaggio e alle immagini utilizzate nella predicazione, nell’insegnamento, nella catechesi e nella redazione dei documenti ufficiali della Chiesa, dando maggiore spazio all’apporto di donne sante, teologhe e mistiche».
Più figure femminili nei seminari
«Lungo il processo sinodale, è stata ampiamente espressa la richiesta che i percorsi di discernimento e formazione dei candidati al ministero ordinato siano configurati in stile sinodale». È quanto si legge al n. 148, approvato con 40 voti contrari. «Ciò significa che devono prevedere una presenza significativa di figure femminili, un inserimento nella vita quotidiana delle comunità e l’educazione a collaborare con tutti nella Chiesa e a praticare il discernimento ecclesiale. Ciò implica un investimento coraggioso di energie per la preparazione dei formatori».
Il ministero petrino e la “decentralizzazione”
«La riflessione in merito all’esercizio del ministero petrino in chiave sinodale va condotta nella prospettiva della “salutare decentralizzazione” sollecitata da papa Francesco e richiesta da molte Conferenze episcopali». A ribadirlo è il n. 134 del documento finale, approvato con soli 18 voti contrari. Secondo la Praedicate Evangelium, si ricorda nel testo, tale decentralizzazione comporta «di lasciare alla competenza dei pastori la facoltà di risolvere nell’esercizio del loro proprio compito di maestri e di pastori le questioni che conoscono bene e che non toccano l’unità di dottrina, di disciplina e di comunione della Chiesa». Per procedere in questa direzione, la proposta del documento, «si potrebbe individuare attraverso uno studio teologico e canonico quali materie debbano essere riservate al papa e quali possano essere restituite ai vescovi nelle loro Chiese o raggruppamenti di Chiese».
Il papa: «Una Chiesa sinodale non è seduta e non è cieca»
«Non una Chiesa seduta, ma una Chiesa in piedi. Non una Chiesa muta, ma una Chiesa che raccoglie il grido dell’umanità. Non una Chiesa cieca, ma una Chiesa illuminata da Cristo che porta la luce del Vangelo agli altri. Non una Chiesa statica, ma una Chiesa missionaria». Questi i tratti di una Chiesa sinodale sottolineati da papa Francesco nella messa di chiusura del Sinodo.
Documento finale
«Non intendo pubblicare una esortazione apostolica, basta il documento approvato – ha detto papa Francesco al termine del Sinodo sulla sinodalità – Ci sono già indicazioni molto concrete che possono essere di guida per la missione delle chiese, nei diversi continenti, nei diversi contesti. Per questo lo metto subito a disposizione di tutti, per questo ho detto che sia pubblicato. Voglio, così, riconoscere il valore del cammino sinodale compiuto, che tramite questo documento consegno al santo popolo fedele di Dio».