Salmo 96. Siamo capaci di questo sguardo di speranza sulla nostra vita e sulla realtà nella sua interezza?

Se sapessimo tornare come i bambini, con la purezza del loro sguardo sapremmo cantare questi versi davvero col cuore colmo di gioia.

Salmo 96. Siamo capaci di questo sguardo di speranza sulla nostra vita e sulla realtà nella sua interezza?

Il Salmo 96 è un inno, un grande inno cosmico che con trasporto invita tutto il popolo che lo prega a rinnovare la lode per il Signore. “Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunciate di giorno in giorno la sua salvezza” (vv. 1-2). C’è sottesa a queste parole così ispirate dall’entusiasmo la convinzione che Dio non ha creato il mondo una volta per tutte, ma piuttosto lo crea nuovamente, “di giorno in giorno” e questo vale per gli uomini di tutta la terra, non solo per quelli che lo riconoscono come il Creatore. Alcuni padri della Chiesa hanno voluto leggere già in questo incipit un riferimento a Cristo che è Colui che ricapitola l’Antico e il Nuovo Testamento, fa sintesi, anzi alleanza, con il suo corpo, con tutta la sua persona di tutta quanta la Parola di Dio a lui precedente e di quella che lui stesso ha pronunciato e anzi manifestato in sé stesso. “In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie” (v. 3). Così sovrabbondante è la gloria di Dio, così grandi le sue meraviglie che né il popolo di Israele, né tanto meno il popolo cristiano possono trattenerle gelosamente, quanto piuttosto narrarle, annunciarle a tutte le genti. “Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla, il Signore invece ha fatto i cieli” (v. 5). La magnificenza di tutta la Creazione, sintetizzata nella incommensurabilità dei cieli porta il salmista ad una posizione che non deve essere letta come arrogante, quanto piuttosto come se si trattasse di un innamorato che parla della sua futura sposa. Nessuna donna è più bella di quella che si ama e nulla si vorrebbe che interrompesse quello scambio da cuore a cuore. L’amore fra due sposi, l’amore fra due genitori che i figli possono respirare fin dal grembo materno, questo è uno dei segni più grandi dell’amore di Dio e infatti tutta la Bibbia, dalla Genesi all’Apocalisse è costellata dall’immagine dello sposalizio per indicare la relazione fra il Signore e l’uomo. Allora si può anche dire che gli altri dei sono un nulla senza temere di essere politically scorrect, senza inficiare il sacrosanto cammino interreligioso ed ecumenico, perché – se leggiamo bene – questi dei sono gli idoli, i tanti, gli infiniti idoli che ogni giorno ci fabbrichiamo e che ci allontanano dalla relazione autentica con l’Unico che ci può dare vita. Gli idoli possono essere il denaro, la carriera, il lavoro, i figli stessi se vissuti come un possesso, tutto quello che ci svia dall’adorare solo il Signore e nessun altro. “Dite tra le genti: Il Signore regna! È stabile il mondo, non potrà vacillare! Egli giudica i popoli con rettitudine” (v. 10). E noi siamo capaci di questo sguardo di speranza sulla nostra vita e sulla realtà nella sua interezza? Riusciamo a dire, mentre guardiamo le immagini di devastazione dell’ultimo tremendo terremoto in Turchia e Siria che il mondo non potrà vacillare??! O pensiamo che sia solo un’illusione? Davvero il Signore regna sulla nostra vita e crediamo che lo faccia per tutta l’umanità? Quante volte, invece, siamo sopraffatti dallo smarrimento e balbettiamo una sorta di incredulo affidamento senza, però, reale convinzione! In tal senso il Salmo continua ad invitarci a conversione: “Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude; sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta” (vv. 11-12). Se sapessimo tornare come i bambini, con la purezza del loro sguardo sapremmo cantare questi versi davvero col cuore colmo di gioia. Tutta la natura partecipa al trionfo del Bene che non è vinto dal male, qualunque esso sia e noi non possiamo che essere annunciatori di questa verità in ogni circostanza, “opportuna e inopportuna” – come direbbe San Paolo. Da quando alla mattina i nostri figli si alzano magari un po’ svogliati e non entusiasti di un nuovo giorno; magari in coda nel traffico in una delle nostre grandi città, quando tanti di noi si sentono intrappolati nelle loro auto e nei loro pensieri; fino alla sera, quando a cena è bello riunirsi e ringraziare per un altro giorno donato che nessuno ha il diritto di dare per scontato. Siamo figli amati, siamo servi inutili, ma non possiamo non essere luce per tutti “davanti al Signore che viene: sì, egli viene a giudicare la terra; giudicherà il mondo con giustizia e nella sua fedeltà i popoli” (v. 13). Una promessa di misericordia e di pienezza che invita in ogni minuto della nostra esistenza a rispondere con un cuore colmo di gratitudine.

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Fonte: Sir