Salmo 54. Chi prega si rivolge a Dio con la fiducia di essere nel giusto e che quindi potrà essere ascoltato

Il Dio di Gesù Cristo che ci ha portato la novità stravolgente di saper porgere l’altra guancia rispetto al male ricevuto, non può essere nel contempo un “vendicatore”.

Salmo 54. Chi prega si rivolge a Dio con la fiducia di essere nel giusto e che quindi potrà essere ascoltato

Il Salmo 54 è un’altra preghiera il cui contesto è quello del combattimento coi nemici e, al di là dei riferimenti alla storia del popolo di Israele che in questo caso per noi non sono essenziali, è difficile non volgere nuovamente la mente al conflitto bellico che sta insanguinando il cuore dell’Europa e tanti luoghi nel mondo che fanno per noi meno notizia, ma purtroppo non meno vittime e devastazioni. Chi prega si rivolge a Dio con la fiducia di essere nel giusto e che quindi potrà essere ascoltato: “Dio, per il tuo nome salvami, per la tua potenza rendimi giustizia. Dio, ascolta la mia preghiera, porgi l’orecchio alle parole della mia bocca” (vv. 3-4). Quale figlio, dopo un acerrimo litigio col fratello, non vorrebbe che il padre ascoltasse lui, nell’intimo e a lui desse ragione? Sono parole queste che possono sgorgare solo da un cuore puro, che ha fatto un profondo discernimento interiore e sente di non avere mancato di giustizia, di non essere nel torto. Molte volte abbiamo letto nelle parole del salmista l’ammissione della sua colpa, qui, invece, egli riconosce la sua innocenza e denuncia: “poiché stranieri contro di me sono insorti e prepotenti insidiano la mia vita; non pongono Dio davanti ai loro occhi” (v 5). Sotto le bombe nelle città ucraine quante famiglie potrebbero sussurrare questi versi? Ma anche quanti soldati russi, mandati forzatamente al fronte da chi senza scrupoli non è interessato alla loro vita? La Bibbia è realista, la sua preghiera non indulge a buonismo: i prepotenti esistono e spesso paiono avere la meglio sulle loro vittime, senza mai pagare il conto. Gesù stesso ha preparato i suoi discepoli a persecuzioni e sofferenze nel suo nome, ma questo non può far vacillare la fede del credente. Anzi, la fiducia in Dio non viene meno; la fede è sempre alimentata da una speranza che il domani sia migliore e che l’intera sua vita, anche nel momento della prova più dura, è affidata alle mani provvidenti del Signore: “Ecco, Dio è il mio aiuto, il Signore sostiene la mia vita” (v. 6). Nonostante non sia affatto facile questo affidamento, fino a questo punto la preghiera segue un andamento che assecondiamo, poi, però, arriva un verso che ci scandalizza e che abbiamo timore a ripetere: “Ricada il male sui miei nemici, nella tua fedeltà annientali” (v.7). Possiamo recitare quella che appare a prima vista come una richiesta di vendetta? È chiaro che questa espressione va letta più in profondità, perché, per quanto possiamo essere nel giusto, il Dio di Gesù Cristo che ci ha portato la novità stravolgente di saper porgere l’altra guancia rispetto al male ricevuto, non può essere nel contempo un “vendicatore”. Dobbiamo comprendere che la “fedeltà di Dio” a cui chi prega si riferisce è una dimensione che l’uomo non può misurare, è come se il guerriero deponesse le sue armi e dicesse: “Signore, fai tu, annulla tu il potere dei nemici, perché io, in preda all’ira e non esente da peccato, potrei solo creare altro male”. Pensiamo allo stesso figlio di prima, dopo un violento litigio: quanto può essere liberante affidarsi ad un giudizio altro, più alto, più grande, che lo sovrasta e lo avvolge come quello, appunto, di un padre che sa riconoscere le colpe, ma – nella storia della salvezza– sceglierà come unica via quella del perdono? In sostanza rivolgersi a Dio è proprio il modo che ha chi è in preda ad una contesa per cercare la pace. Serve capire che essa viene dall’alto e del resto proprio dall’alto della croce, Gesù ha dato la vita per la salvezza di tutti e lui stesso ha chiesto al Padre di perdonare chi lo stava crocifiggendo, quasi che, in quel momento, la sofferenza della sua natura umana di Figlio glielo impedisse. Ecco allora che i versi 8 e 9, possono essere anche immaginati come parole che Gesù stesso ha potuto pregare poco prima della sua passione: “Ti offrirò un sacrificio spontaneo, loderò il tuo nome, Signore, perché è buono; da ogni angoscia egli mi ha liberato”. Facciamo nostra questa preghiera nella consapevolezza che sempre potremo incontrare nemici, ma nessuno più forte di quella giustizia di Dio che si chiama amore.

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Fonte: Sir