Beato Carlo Acutis: mons. Sorrentino (Assisi), “influencer della santità, della gioia, della vita piena”
“La violenza e la guerra”, “incredibilmente ancora praticate su così vasta scala”, “sembrano dirci che la cultura della morte abbia la meglio nel mondo sulla cultura della vita.
In realtà, nonostante tutto, l’uomo ha un bisogno irresistibile di vita. Desidera una vita piena, soprattutto piena di gioia. E non si accontenta del tempo limitato: vuole vivere per sempre”. Lo ha detto, stasera, l’arcivescovo Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, nell’omelia della messa della memoria liturgica del beato Carlo Acutis, nella chiesa di Santa Maria Maggiore-santuario della Spogliazione ad Assisi, dove il primo beato “millennial” è sepolto.
Carlo, ha sottolineato il presule, “amava la vita in tutti i sensi. Tutto gli era caro, dalla natura allo sport, dalla musica al computer. Aveva però compreso che le cose della terra, pur belle, sono passeggere. La risposta di Gesù al giovane ricco gli era entrata nel cuore: se vuoi la vita eterna, osserva i comandamenti. E Carlo i comandamenti di Dio li osservava. Li sentiva, quali sono, non catene che imprigionano, ma una segnaletica che assicura alla nostra vita un orizzonte e una meta”.
Carlo, come Francesco, ha scelto Gesù e ha sentito “che l’Ostia santa è veramente Gesù, da incontrare, adorare, mangiare, diventando una sola cosa con lui”.
Quando si incontra Gesù, “tutta la vita cambia. Non cambiano le cose che facciamo, cambia come le facciamo. Le cose restano le stesse, ma profumano di cielo. Gesù è profumo di cielo. Possono essere, come fu nella vita di Carlo, i compiti di scuola o una partita di calcio, una melodia suonata al sassofono o una passeggiata in montagna, la realizzazione di un video clip o il prendere parte a una discussione, portare i cani a passeggio o accompagnare la mamma a fare la spesa, vero, signora Antonia?”, ha chiesto l’arcivescovo rivolgendosi alla mamma del beato, presente alla messa. “Cose del quotidiano, piccole cose di ogni giorno, che ciascuno di noi in un modo o nell’altro è chiamato a fare, ma questo quotidiano è trasfigurato dall’eterno. Metti l’eterno nelle piccole cose e si trasfigurano, diventano cielo e si illuminano – ha osservato mons. Sorrentino – persino su un letto di ospedale, mentre stai per morire come capitò a Carlo, nel giro di quindici giorni. Può succedere quello che avvenne qui, dove Francesco, che si era spogliato di tutto, passò, alla fine della sua vita, molti giorni prima di scendere alla Porziuncola incontro a ‘sorella Morte’. Qui, ai frati che lo attorniavano, chiese di cantare senza sosta il Cantico di Frate Sole. Anche Carlo, spogliato dalla leucemia di tutti i suoi sogni e di tutti i suoi beni terreni, si abbandonò all’abbraccio di Gesù”.
A Carlo “è stato chiesto di lasciarsi spogliare addirittura della vita e della giovinezza, per fare con Gesù, non su questa terra, ma dal cielo, un lavoro che ha dell’incredibile, come influencer della santità, della gioia, della vita piena”.