Aggiungi un posto a tavola. Il 1 ottobre a Vienna una serata di condivisione per strada per favorire il dialogo
200 persone provenienti da contesti culturali, ambienti e contesti sociali diversi si sono sedute insieme attorno a 19 tavoli tondi e quadrati
Tre ore, 19 tavoli con oltre 200 ospiti. Questi i numeri di “Hai un posto, sei ascoltato, sei necessario!”, l’iniziativa che il 1° ottobre ha animato la serata nella Schenkenstrasse, centralissima via di Vienna. A lanciarla è l’Accademia per il dialogo e l’evangelizzazione che ha sede nella Figlhaus.
In un momento storico in cui in Austria forte è la polarizzazione sociale e l’atmosfera politica è particolarmente accesa – lo scorso 29 settembre, per la prima volta dalla fine della II guerra mondiale un partito di estrema destra (Fpö, il Partito delle libertà) ha vinto le elezioni parlamentari con il 29,2% dei voti – con il formato di dialogo “Austria dei tavoli rotondi e quadrati” si è cercato di favorire un maggiore scambio e dialogo. E questo non solo tra gli “addetti ai lavori”. Alla serata, infatti, hanno partecipato rappresentanti dei media, studenti ed esponenti della società civile, così come rappresentanti di diverse religioni. Erano rappresentati tutti i ceti sociali: dai conducenti di carrelli elevatori, parrucchieri e idraulici, agli imprenditori, rifugiati, professori, pensionati, studenti e persone con un passato da migranti.
“Riunire persone che non potrebbero essere più diverse, in termini di pensiero, stile di vita, opinioni politiche, estrazione sociale e visione del mondo – spiega Michael Frey, direttore della Figlhaus di Vienna – questo è stato il nostro obiettivo. Ora puntiamo a realizzare in tutto il Paese comunità di tavole in cui le persone abbiano la possibilità di discutere e, soprattutto, ascoltare senza pregiudizi. Che si tratti della centrale Reumannplatz di Vienna o di una locanda di un paesino delle montagne tirolesi, desideriamo offrire alle persone di Austria una piattaforma in cui scambiare idee e imparare gli uni dagli altri”. La grande sfida della serata è stata quella di chiedere agli ospiti di portare con sé una persona completamente diversa da loro, in modo da riunire attorno ad un unico tavolo il maggior numero possibile di voci e opinioni diverse.
“L’Austria – spiega il direttore dell’Accademia e co-ideatore di questa iniziativa – è diventata un luogo in cui molti non si parlano più per una serie di motivi o non hanno visibilità nella nostra società e, per questo, non sono invitate ad un tavolo comune con gli altri. Noi desideriamo cambiare questa situazione”.
Tre le portate, cucinate dai volontari della Figlhaus, che hanno costituito la base di una serata accompagnata da dialoghi e discussioni sull’innovazione e sull’importanza della comunità e della coesione attraverso i confini delle diverse visioni del mondo. E in tutto questo non sono mancate certo le risate. Tra gli ospiti, la presentatrice Claudia Stöckl, il redattore di “Datum” Sebastian Loudon, il vice caporedattore dello “Standard” Rainer Schüller, l’ex conduttore di ZIB (notiziario della tv austriaca Orf) Gerald Groß, l’attrice Maria Happel, il teologo musulmano Abualwafa Mohammed e il vescovo di Innsbruck Hermann Glettler. Prendendo la parola, Groß, ha sottolineato che un modo per superare i limiti e tornare a dialogare sia quello di comportarsi di nuovo come i bambini, che esplorano il mondo con curiosità e coraggio e senza pregiudizi. “Per fare tutto questo occorre uscire dalla propria confort zone per esplorare territori sconosciuti. Perché questo ignoto non è una terra lontana, sono gli altri: la donna con il velo, l’anziano con l’abito della tradizione, il giovane con il cappuccio in testa e i tatuaggi sul collo”.
Il vescovo di Innsbruck Glettler racconta la serata in un post sulla sua pagina Ig.
“Lo scorso 1° ottobre, si è tenuto un “esperimento sacro” nella Schenkenstrasse, nel centro di Vienna, davanti e dentro la Figlhaus. Sacro perché il respiro di Dio si sente in ogni incontro umano autentico. E in cosa consisteva l’esperimento? Si è trattato di una cena organizzata ma informale: 200 persone provenienti da contesti culturali, ambienti e contesti sociali diversi si sono sedute insieme attorno a 19 tavoli tondi e quadrati. Sia per strada che nel cortile interno dell’accademia, dove l’incontro e il dialogo sono enfatizzati durante tutto l’anno con numerosi format educativi”.
“Si poteva sentire e percepire un’atmosfera vivace di conversazioni diverse – prosegue il vescovo di Innsbruck – si condividevano esperienze personali, gioie e fatiche. Tra una conversazione e l’altra, ci sono stati brevi interventi e una tavola rotonda. L’esperimento sacro è stato profondamente toccante perché ha dimostrato in modo esemplare che noi esseri umani possiamo aspettarci l’un l’altro, nonostante e con le nostre diverse convinzioni politiche, ideologiche e religiose. A questo proposito, è auspicabile per la nostra società naturalmente pluralista che l’esperimento sacro del 1° ottobre scorso costituisca un precedente per tutto il Paese”. “Per gli iniziatori, il modello e l’ispirazione sono venuti dai diversi incontri a tavola fatti da Gesù e dal fatto che non possiamo più permetterci di non comunicare di fronte alle numerose sfide sociali che dobbiamo affrontare. Dobbiamo imparare a essere molti più onesti e attenti gli uni agli altri come esseri umani. Vorremmo offrire un’alternativa curativa al linguaggio sempre più duro usato nei confronti degli “altri” e alla compartimentazione sempre più aggressiva di mondi vitali individualistici con una generosa ospitalità”.
Per gli invitati all’incontro dei “Tavoli rotondi e quadrati” l’attrice Maria Happel ha riservato una sorpresa. Prendendo il microfono ha regalato la sua interpretazione de “La vie en rose” di Edith Piaf. Un’ode alla vita e all’amore, ma anche e soprattutto un omaggio a s. Teresa di Lisieux, di cui il 1° ottobre ricorre la memoria liturgica e che è anche la patrona della Figlhaus. Ma perché la scelta del brano forse più famoso della più grande cantautrice francese di tutti i tempi? Perché quel piccolo “piaf”, “passerotto” nel dialetto popolare parigino, è sempre stata devota a s. Teresa.
Figlia di una cantante di strada e di un contorsionista, Edith viene ben presto abbandonata dalla madre, che la lascia per potersi guadagnare da vivere. Il padre, soldato nella I guerra mondiale, affida allora la piccola alla nonna, che all’epoca gestiva un bordello in Normandia, a Bernay, a circa trenta chilometri da Lisieux. A 6 anni Edith sviluppa una cheratite acuta che, nonostante le cure, la rende cieca. Un giorno la nonna decide di andare con le “ragazze” del bordello in pellegrinaggio a Lisieux, portando con sé anche Edith. La loro presenza non passa inosservata. Incuranti del chiacchiericcio le donne iniziano a pregare s. Teresa e di fronte alla tomba della santa strofinano la fronte della piccola Edith con della terra implorando la santa perché aiutasse la bambina. Qualche giorno più tardi Edith inizia a recuperare la vista, di fronte allo sguardo felice della nonna e delle ragazze del bordello, lasciando nello stupore i medici che non sapevano spiegarsi cos’era successo.
È da quando ha 23 anni che Maria Happel interpreta la Piaf, pur non sapendo una parola di francese, perché la vede come un modello di amore che può superare tutti i confini.
La migliore delle colonne sonore per una serata che “ha superato tutte le aspettative – commenta Frey – e che nel 2025, anno del Giubileo, desideriamo portare in tutta l’Austria, per provare ad essere anche noi ‘pellegrini di speranza’”.