Ritorno alla dad: “Basta sacrificare chi non ha voce. Le scuole sono sicure”
Per Elena Ugolini, preside delle Scuole Malpighi di Bologna, la soluzione contro la diffusione del contagio non è la dad alle superiori: “Implementare il trasporto pubblico e la medicina territoriale. Riorganizzare è demoralizzante, ancor più se penso alle gravi difficoltà in cui rischiamo di mettere gli studenti con disabilità. Temiamo che il rimedio possa essere peggiore del male”
“In una situazione come quella che stiamo vivendo è difficile avere indicazioni chiare sul lungo periodo. Dobbiamo essere realisti e capire come evolve la situazione nei diversi territori. Il fatto, poi, che le indicazioni nazionali debbano essere rilette e ridefinite a livello locale è saggio: è chiaro che gli studenti dell’alberghiero di Amatrice non abbiano i medesimi problemi di trasporto dei coetanei milanesi, che per spostarsi usano la metro”. Elena Ugolini dal 1993 è preside delle Scuole Malpighi, realtà presente a Bologna, Castel S. Pietro Terme e Cento con 1280 studenti e oltre 125 tra docenti, tutor ed educatori. Organizzata su 4 sedi, coprono dalla scuola dell’infanzia alle scuole secondarie di secondo grado. “Ora, però, veniamo ai punti su cui non concordo con il Governo: in primis, non sono assolutamente d’accordo sul sacrificare sempre i ragazzi delle superiori, perché possono stare a casa da soli, e gli universitari. Vengono sacrificati perché non hanno voce né sindacati o associazioni che li proteggano. Intendiamoci: non sto dicendo di chiudere le scuole del primo ciclo, anzi. Ma se non vogliamo perdere queste generazioni – e sono tanti e palesi i segni di difficoltà e disagio –, dobbiamo permettere loro di continuare a venire a scuola in presenza, con compagni e docenti. No allo sport, no alle uscite con i compagni, lezioni in camera da letto: questo quadro è molto rischioso, accettabile solo se strettamente necessario. Invece, per quanto ci è dato sapere oggi – attenzione: se le condizioni dovessero cambiare anche queste considerazioni perderebbero valore – le scuole sono i luoghi più sicuri dove possano stare i ragazzi. Distanziati, con le mascherine sempre indossate”.
“Dove, per esperienza, si diffonde il contagio – si chiede Ugolini, già membro della cosiddetta “Commissione dei saggi” che portò alla riforma Berlinguer del 2000 e sottosegretario al Ministero dell’istruzione, università e ricerca con il Governo Monti –? In famiglia, con gli sport di contatto, sul trasporto pubblico. Allora interveniamo su quelle voci. Non possiamo fingere che un’opportunità – lo stare a scuola in presenza – sia il male da combattere”. Le proposte di Ugolini sono chiare: pensare (“ma forse ci si darebbe dovuto pensare prima”) a una politica diversa di distribuzione del trasporto pubblico, magari usando tutti i mezzi di trasporto privato, i cui dipendenti sono in Cig e, se impiegati, non peserebbero più sulle casse dello Stato; differenziare gli ingressi nelle scuole per fasce, senza dimenticare che alle 9 entrano ancora anche i lavoratori. “Se per un lavoratore può avere senso lo smartworking – e non è scontato sia così –, per un ragazzo non è indifferente”. Terzo invito rivolto alla sanità pubblica, garantire tamponi e relativi risultati celeri, così come un adeguato rintracciamento dei contatti. “Riorganizziamo la medicina territoriale, implementiamo il trasporto pubblico. A chi mi dice che spenderemmo troppi soldi rispondo: ne spenderemo molti di più in percorsi con psicologi e psicoterapeuti per aiutare i nostri ragazzi”.
“Il mio dissenso si concentra su questo: la percentuale dei ragazzi positivi che hanno portato a indagini di sanità pubblica e a una conseguente chiusura della sezione sono basse. I ragazzi risultati positivi non si sono contagiati a scuola, ma in casa, per sport di contatto o in occasioni conviviali. Analizziamo i dati scorporati: la quasi totalità dei compagni di classe di questi studenti positivi sono risultati negativi al primo e al secondo tampone”. Ugolini suggerisce di smetterla di enfatizzare difficoltà e incertezze: “Se c’è un alunno positivo in classe, entra in dad per non restare indietro e, dopo qualche giorno a casa e il secondo tampone negativo, rientra. Mi sembra un male minore assolutamente gestibile. Insomma, è meglio stare a scuola in presenza, impegnati e contenti, o stare a casa in dad, tristi e preoccupati?”.
Al liceo Malpighi, fino a oggi, non si è registrato nessun caso di positività. Un numero esiguo si è registrato, invece, alle scuole secondarie di primo grado, tra giovani abituate a essere accompagnate a scuola insieme e a fare, sempre insieme, i compiti al pomeriggio. Ingressi scaglionati, mascherine sempre obbligatorie, igienizzazione costante, nessun distributore, ricreazione solo con il proprio gruppo classe, cortile diviso in quadranti per le ricreazioni all’aperto: “Durante l’estate abbiamo fatto lavori di edilizia scolastica leggere e possiamo garantire lezioni in presenza a tutte le classi. Doverci riorganizzare è demoralizzante. E poi penso alle gravi difficoltà in cui si rischia di mettere gli studenti con disabilità: certo rispetteremo le regole, ma a che prezzo? Temiamo che il rimedio possa essere peggiore del male. Perché poi, intendiamoci: i nostri studenti hanno i device e la banda larga, i professori sono preparati. Ma non possiamo ignorare che ci sono zone del paese dove fare didattica a distanza significa non avere contatto, lasciare i ragazzi in mezzo alla strada, nel vero senso della parola. Perché se nella prima fase dell’emergenza sanitaria non si poteva uscire, adesso sì: e chissà quanti giovani, non riuscendo più a rimanere chiusi in casa, cominceranno a vivere la strada”.
L’ordinanza regionale: in presenza favorire gli studenti con disabilità, le prime e le quinte
Ieri sera, intanto, la Regione ha recepito il nuovo dpcm. Come ha scritto Bonaccini in un’ordinanza, anche in Emilia-Romagna gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, statali e paritari, adotteranno la didattica digitale integrata complementare alla didattica in presenza per gli studenti dei percorsi di studio e per gli iscritti ai percorsi di secondo livello dell’istruzione degli adulti, con criteri di rotazione fra le classi o fra gli studenti all’interno delle classi per non meno del 75 per cento delle attività. Prevista fino al 24 novembre, “dovrà essere garantito il diritto alla didattica in presenza agli alunni con disabilità e alle classi prime e quinte, rispettivamente alle prese con il primo anno e con la maturità”. Entro 2 giorni dalla data di entrata in vigore dell’ordinanza (dunque entro giovedì 29, ndr), le istituzioni scolastiche dovranno definire in autonomia le modalità di attuazione della didattica a distanza prevista. “Manteniamo il 25 per cento di didattica in presenza, il massimo possibile dopo il decreto – spiega Paola Salomoni, assessore regionale alla scuola e università –. Il Governo ha deciso di alzare la didattica a distanza fino alla soglia minima del 75 per cento, quando noi, insieme alle altre Regioni, avevamo proposto di non prevedere quote minime, lasciando ai territori la possibilità di introdurla o meno, a seconda delle criticità presenti”.
Ambra Notari