Scuola e Covid-19. Beretta (Msac): “Si ritorni in classe. Ne va del nostro futuro e di quello dell’Italia”
In Italia l’apertura delle scuole superiori in presenza, almeno parzialmente, è a macchia di leopardo: ogni Regione ha stabilito una data. Intanto, in molte città gli studenti protestano reclamando il diritto di lezioni a scuola. Delle difficoltà che stanno vivendo in questi tempi i ragazzi parliamo con la segretaria del Msac di Bergamo
Lezioni a distanza sì, lezioni a distanza no… In Italia l’apertura delle scuole superiori in presenza, almeno parzialmente, è a macchia di leopardo: ogni Regione ha stabilito una data. Intanto, in molte città gli studenti protestano reclamando il diritto di lezioni a scuola. In Lombardia il Tar ha annullato l’ordinanza regionale che prevedeva la Dad al 100% per gli studenti delle superiori fino al 24 gennaio e reintrodotto la loro presenza al 50%. Ma, dopo una riunione in prefettura, per garantire un rientro in sicurezza, è stata decisa la ripresa delle lezioni in presenza alle superiori al 50% da lunedì 18 gennaio. Resta una spada di Damocle: proprio da lunedì 18 la Lombardia potrebbe diventare zona rossa e a quel punto varrebbe il provvedimento nazionale, in cui viene stabilita la Dad al 100% per le scuole superiori nelle zone in cui il rischio di contagio è elevato. Di come stanno vivendo gli studenti le difficoltà legate all’emergenza sanitaria da Covid-19 parliamo con Chiara Beretta, segretaria del Movimento studenti di Azione cattolica (Msac) di Bergamo. Chiara, 18 anni, è di Costa di Mezzate e frequenta la quinta del liceo scientifico Lorenzo Federici, in provincia di Bergamo.
Tu sei di Bergamo, una delle città simbolo della pandemia nella prima ondata. Tu e i tuoi compagni di classe come avete vissuto il primo lockdown? E ora come state vivendo la seconda ondata?
La prima ondata per me e i miei compagni è stata abbastanza difficile, perché essendo di Bergamo diversi hanno avuto familiari o amici colpiti dal virus. Per quanto riguarda la scuola siamo stati fortunati perché il nostro liceo si è subito mobilitato e i nostri professori fin dai primi giorni hanno iniziato ad utilizzare Meet e altre piattaforme. Ovviamente quello che abbiamo fatto in quei mesi non corrisponde a quello che avremmo potuto fare a scuola, ma comunque non abbiamo avuto troppi problemi.
Adesso è diverso perché siamo stanchi e demoralizzati dopo praticamente un anno in questa situazione. Essendo poi l’anno della quinta la speranza di tutti era di poter tornare in presenza, cosa che per fortuna abbiamo potuto fare fino ad ottobre e forse prossimamente.
Come ti siete trovata con la Didattica a distanza? Ci sono stati tuoi compagni che hanno avuto problemi?
Io con la Dad mi sono trovata abbastanza bene, tranne per piccoli problemi di Wi-Fi comuni a tutti gli studenti. Ho qualche compagno che ha dovuto acquistare nuovi dispositivi per l’emergenza o che si è dovuto adattare, vivendo in una famiglia numerosa, per dividere stanze e dispositivi con i fratelli.
In questi giorni in molte città ci sono proteste di studenti contro la Dad. Sei d’accordo con loro?
Condivido le proteste degli studenti perché penso che la scuola e l’educazione debbano essere messe al primo posto.
Il bello della scuola è proprio l’ambiente che la caratterizza, il rapporto con gli insegnanti e con i compagni, le attività extracurricolari. È quello che è mancato in questi mesi, ossia il punto debole della Dad.
Per il resto, ovviamente, anche i problemi con la connessione e le ore passate al computer non sono da sottovalutare, ma il problema principale è la difficoltà a instaurare rapporti umani a distanza.
Cosa pesa di più dei sacrifici dovuti al Covid? Confrontandoti con i tuoi coetanei, sono ritenuti comunque indispensabili per salvaguardare i più fragili?
Sia io sia i miei compagni pensiamo che dei sacrifici siano sicuramente da fare, ma questo non vuol dire che si debba rimanere con la Dad al 100%!
Già il fatto di rientrare al 50%, con le dovute precauzioni, sarebbe un passo avanti.
Secondo te e i tuoi amici è stata gestita bene l’emergenza dal mondo degli adulti? Si sarebbero potute fare scelte diverse?
Non penso che l’emergenza sia stata gestita male in generale, però alcune scelte potevano essere prese diversamente.
Come, ad esempio, la scelta di investire nei banchi a rotelle.
Ci sono molti nodi effettivamente difficili da sciogliere, come i trasporti e non solo. Immagino che ne abbia parlato con i tuoi compagni. Voi che soluzioni suggerireste?
Una soluzione è quella di aumentare gli orari scaglionati, in modo da diminuire la possibilità di contagio in entrata e uscita da scuola. Un sacrificio potrebbe essere quello di fare qualche pomeriggio per chi solitamente fa solo 5 ore la mattina. So di scuole che però già normalmente attuavano orari pomeridiani, a causa della mancanza di classi; quindi in quel caso sarebbe tutto più complicato.
Per la mancanza di classi si potrebbero chiedere delle stanze al comune o alla parrocchia, come per esempio il mio liceo ha fatto nei primi mesi di quest’anno scolastico.
Molti sono dell’opinione che la scuola già vivesse una profonda crisi: sei d’accordo e come pensi che se ne possa uscire?
Sì, forse la scuola si trovava già in una situazione di crisi prima della pandemia e forse
questa è un’occasione per uscirne, partendo dalle cose che si sono mostrate fondamentali per la nostra educazione proprio grazie all’emergenza.
Se potessi fare un appello alle istituzioni per far riaprire le scuole in presenza cosa diresti?
Ritengo molto importante che si ritorni a fare lezione in presenza perché ne va del nostro futuro e di conseguenza del futuro dell’Italia.
Gli anni della scuola sono fondamentali per la nostra educazione e per farci aprire gli occhi sul mondo che ci circonda.
La scuola non è solo studiare le diverse materie, ma tutto l’ambiente e le relazioni che la caratterizzano.