Nuova edizione del Messale: sì o no
Dal punto di vista del contenuto, il nuovo Messale è semplicemente stupendo: alla faccia di pseudo-tradizionalisti indignati (vedi sopra), io il latino un po’ lo mastico, anche liturgicamente, e ho notato con piacere come i testi siano stati ritradotti con rigore, con l’esito di preci più solenni e aderenti all’originale, anche se talvolta inevitabilmente meno fluenti di quanto si sarebbe ottenuto con una traduzione più libera. Qualche perplessità sul formato
Nelle nicchie specialistiche e nelle periferie digitali riservate agli interessati, assistiamo in queste settimane a un dibattito che ricorda molto quello dei liturgisti di Costantinopoli, che discutevano su quali colori fosse opportuno usare per i paramenti mentre i Turchi stavano già invadendo e devastando la grande città imperiale, e il dibattito odierno è: il “nuovo” Messale va bene o no?
È doveroso mettere tra virgolette il “nuovo”, perché in realtà tale Messale esiste nella sua edizione tipica in latino già dal 2002 (!), ma si sa: un conto è apprezzare le cose “in latinorum”, un conto è saperlo, il latino, e andarsi a studiare un ponderoso testo in tale lingua.
E comunque, mentre una pandemia miete ogni giorno centinaia di vittime, e i risvolti economici di questa pandemia porteranno a qualcosa di molto vicino a una catastrofe sociale, vediamo dei devoti indignarsi per la “rugiada dello Spirito Santo” al posto della “effusione” – come se il secondo termine fosse meno metaforico del primo!
Ribadisco quanto scrissi durante il lockdown primaverile: questa crisi globale sta mettendo in evidenza la grave carenza di formazione spirituale del popolo cristiano. Alla Chiesa il compito di provvedere con progetti formativi adeguati.
Ho deliberatamente aspettato qualche settimana prima di scrivere del “nuovo” Messale, perché prima volevo testarlo sul campo, usandolo nella liturgia. Ad oggi, credo sia doveroso un distinguo tra il suo contenuto e il suo formato.
Quanto al contenuto, il nuovo Messale è semplicemente stupendo:
alla faccia di pseudo-tradizionalisti indignati (vedi sopra), io il latino un po’ lo mastico, anche liturgicamente, e ho notato con piacere come i testi siano stati ritradotti con rigore, con l’esito di preci più solenni e aderenti all’originale, anche se talvolta inevitabilmente meno fluenti di quanto si sarebbe ottenuto con una traduzione più libera.
Sono stati aggiunti nuovi formulari di Messe (interessantissimo e prezioso quello “Per chiedere la castità”, quanto mai attuale), nuovi Prefazi e, cosa che dovrebbe mandare in visibilio i conservatori (e invece chissà perché no), sono state riformulate le epiclesi delle preghiere eucaristiche “quinte” e “della riconciliazione”, così da sottrarle all’ombra sospetta della companazione calvinista (“Perché il tuo Figlio sia presente in mezzo a noi…”) collocandole nella retta fede eucaristica (“Perché diventino…”).
Quanto al formato, la bella rilegatura della copertina e le dimensioni sono due elementi che mettono in rilievo l’importanza e la preziosità del volume. Tuttavia si è optato per una carta ruvida grigiastra, peraltro di un certo pregio, con carattere di stampa troppo tenue e sottile, praticamente illeggibile in condizioni di illuminazione che non siano le migliori. A ciò si aggiunga che per anni o decenni molti preti hanno celebrato leggendo un grosso carattere in neretto contrapposto allo stampato normale per le preci sottovoce, e questo dà al celebrante un certo disorientamento al primo approccio.
Il “nuovo” Messale è, in sintesi, un bellissimo testo liturgico che con qualche ripensamento grafico potrebbe diventare uno strumento più amichevole e meno ostico per il sacerdote.
Alessandro Di Medio