Coronavirus. Servono priorità e decisioni. Le contraddizioni che non aiutano i cittadini a collaborare
Incentivare i consumi significa per forza di cose generare assembramenti. Che cosa conta di più?
Incentivare i cittadini a uscire per comprare fisicamente nei negozi per avere il rimborso di stato (che non si sa come mai chiamiamo tutti cashback) e poi chiedersi come mai i centri storici nei weekend pullulano di gente.
Stabilire 21 criteri per gestire la fascia di sicurezza, regione per regione, salvo poi vedere stabilmente nell’area con maggiori libertà proprio la regione con il maggior numero di decessi. Far filtrare voci di imminenti restringimenti a causa della crescita dei contagi, per poi assistere all’ennesimo scontro tra ministri che allunga i tempi.
La pandemia da Covid-19 dimostra ancora una volta i due problemi fondamentali della classe politica di casa nostra: anzitutto darsi una scala di priorità; quindi saper prendere decisioni.
Palazzo Chigi appare alle corde: nel mezzo della seconda ondata di contagi, ragiona su “crisi al buio” e “rimpastini” per non dover richiedere la fiducia alle Camere. Palazzo Balbi, mentre insiste per la parificazione tra tamponi rapiti e molecolari, mentre dei “fai-da-te” si è persa traccia, parla di scene «vomitevoli» e si appella alla responsabilità individuale, ma non si stacca dal “giallo plus” dell’ultima ordinanza.
Così si contano 165 morti in un giorno nel solo Veneto (mille in 14 giorni) e il ritorno a scuola del 7 gennaio per le superiori torna un miraggio. Eppure la classe politica non è qualcosa di diverso dall’intera società. Non sono loro, siamo noi.