"Chiamati a costruire armonia", per superare la crisi
In questo anno pieno di tristezze e di preoccupazioni per la pandemia, con la conseguente crisi economica, è possibile suggerire una visione che dia speranza guardando futuro
ARMONIA Per superare la crisi
In questo anno pieno di tristezze e di preoccupazioni per la pandemia, con la conseguente crisi economica, a cui si aggiungono i disastri atmosferici che sempre più frequentemente colpiscono molte zone del nostro paese, è possibile suggerire una visione che dia speranza guardando futuro.
Il 22 Novembre 2020, ultima domenica dell’anno liturgico, festa dedicata a Cristo re dell’universo, la liturgia della Messa ha proposto un brano del profeta Ezechiele.
Riprendendo il tema biblico caratteristico del pastore, il profeta dice: “Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia.”
Per la prima volta sono stato attratto dalla seconda parte dell’espressione “avrò cura della grassa e della forte.”
Nella cultura cristiana, cattolica soprattutto, l’attenzione è rivolta con insistenza a chi è “malato e ferito”. Da qui i richiami alla carità, alla giustizia, alla lotta alla disuguaglianza e alla solidarietà, come ha suggerito recentemente l’Enciclica Fratelli tutti di Papa Bergoglio.
Se poniamo l’attenzione alla conclusione del versetto della Bibbia “le pascerò con giustizia”, l’approccio ai problemi personali e sociali, alle disuguaglianze, alle ingiustizie può essere riflettuto in termini positivi.
Non tutti vivono le stesse vicende; alcuni sono fortunati, altri meno. Chi è fortunato non può aver paura del proprio benessere. Abbia l’accortezza di viverlo con saggezza, senza esagerazioni e senza chiusura. Chi è meno fortunato può essere aiutato a rendere la vita meno drammatica o inutile o triste.
In altre parole, i cristiani tutti sono chiamati a costruire l’armonia: il corretto rapporto con Dio, con se stessi e con il prossimo. E’ una visione equilibrata e, soprattutto, pone l’attenzione alla costruzione positiva della vita e non alla deprivazione di qualcosa.
Si tratta di trovare l’equilibrio di quanto appartiene a Dio, a se stessi, al prossimo.
I riferimenti dell’esperienza
In termini di riflessione esperienziale, armonia significa prima di tutto avere coscienza che non si è soli al mondo; l’azione singola ha comunque origine ed effetti per sé e per altri.
Comunemente il termine armonia si applica alla musica, per esprimere la partecipazione di molti strumenti necessari a comporre il brano musicale. Anche il singolo strumento deve avere la “logica” armonica: seguire l’andamento del suono capace di esprimere un motivo. Così avviene per l’arte pittorica, per la scultura, per l’architettura, ma anche per le relazioni umane.
I colloqui, i sentimenti, le emozioni sono soddisfacenti e non problematici quando esprimono ascolto, rispetto, sincerità, benevolenza, empatia. Addirittura, nelle riflessioni personali, nei sogni, nei ricordi, se manca armonia, si producono incubi e paure.
Gli esempi sono infiniti: la conclusione rimane la stessa. Per avere una vita degna di essere vissuta occorre stima di sé, affetti ricambiati, lavoro stabile, risorse economiche, salute, istruzione, relazioni sociali e spirituali soddisfacenti. E’ quanto, in parole semplificate, significa “senso della vita”.
Creare armonia dipende prima di tutto dalle capacità personali per trovare equilibrio, anche se le vicende che ci riguardano sono sostanzialmente “mistero”. Nessuno al mondo saprà dare spiegazione per la nascita, per i genitori e parenti, per la dimora, per i mestieri, per le amicizie. E’ vero che ciascuno interviene con la propria volontà, ma alcuni dati sono stabiliti; non si può fare altro che accettare la situazione così come è. Vale per tutti. L’unico spazio, relativamente libero, è la fantasia. Non c’è limite nel fantasticare, anche se dipende dalle fonti della fantasia che, molto difficilmente, saranno individuate.
Fondamenti biblici
Rileggendo i primi due capitoli della Genesi, la Scrittura suggerisce l’equilibrio della creazione, secondo quanto allora si poteva conoscere del cosmo: cielo, mare e terra. Il primo capitolo del Libro conclude: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”. Nel secondo capitolo, a impronta antropologica: “Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.”
Oltre le interpretazioni raffinate della scienza biblica, la lettura piana suggerisce l’equilibrio della natura. Non stabile, né definitivo. Non a caso si riportano, dopo il racconto della creazione, episodi che indicano la presenza del male nel mondo: Caino e Abele, il diluvio, la distruzione di Babilonia.
Con un linguaggio a noi estraneo, il salmo 148 chiama a lodare Dio gli abitanti del cielo (angeli, sole e luna, stelle), quelli del mare (mostri marini, abissi) e della terra (fuoco e grandine, neve e nebbia, vento di tempesta, monti e colline, rettili e uccelli) e infine gli abitanti (re, principi e giudici, giovani e fanciulli, vecchi e ragazze) perché – conclude il salmo – la maestà di Dio “è sulla terra e nei cieli”.
Al di là della fede, il sistema che regola la vita sulla terra ha una sua logica: un’armonia, nonostante squilibri localizzati e particolari.
I recenti allarmi sul cambiamento climatico avvertono sui rischi dell’equilibrio e indicano azioni da compiere; simile approccio per le guerre locali, per le disuguaglianze, per ogni male che colpisce i popoli.
I Vangeli suggeriscono un’impostazione suggestiva. La regola aurea è la ben nota indicazione, sintetizzata dall’evangelista Matteo; alla domanda dello scriba qual è il primo di tutti i comandamenti, Gesù risponde “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi”.
Si nota in questa risposta il passaggio dall’obbligo del dover essere al suggerimento di amare. Non è di poco conto, data anche l’impostazione ebraica che prevedeva 613 precetti, di cui 248 positivi e 365 negativi.
Amare è l’approccio che richiama stima, rispetto, benevolenza. Non può essere una imposizione ma un’esperienza benevola. Si ama chi e quanti ispirano fiducia e vicinanza.
Agire per dovere è sempre e comunque un peso. Invece, conoscendo e affezionandosi alle persone, i pensieri e le azioni sono ben diverse dagli obblighi.
Il suggerimento evangelico indica tre soggetti, connessi tra loro. Per comprendere meglio, nello schema dell’armonia, è utile partire dall’amore per sé.
Amore per se stessi
Molta letteratura cristiana ha identificato l’amore per sé come egoismo e individualismo. Da qui l’insistenza per la spiritualità del digiuno, della penitenza, della povertà, dell’obbedienza. Indicazioni spesso legate al senso di colpa e di peccato.
La soddisfazione di che cosa si pensa e di come si agisce, dipende dall’equilibrio che si ha della propria storia.
A questo punto si può scendere nei dettagli che rendono la vita felice: dal cibo ai vestiti, dalla salute all’invecchiamento, dal lavoro alle relazioni sociali, dalla stima agli affetti gratificanti, dal genio alla notorietà. Raggiungere l’equilibrio della vita personale e familiare è la pietra miliare di ogni pace. Si riesce a distinguere che cosa sia indispensabile per vivere serenamente. La risposta – non ci sia scandalo – varia da persona a persona. Sicuramente in ogni condizione c’è il necessario e il superfluo, l’importante e l’insignificante. Solo allora si riesce a decidere che cosa è indispensabile per sé e per i propri cari.
I nostri armadi sono talmente pieni di vestiario da poter resistere per qualche decennio. Perché? Ci hanno spinto a cambiare e a comprare perché … invecchiano rapidamente. Ma, razionalmente, è una sciocchezza. Convincersene porta a una selezione e ad una maturità maggiore.
Così vale per il cibo: ore e ore di trasmissioni televisione, di gare di chef per dimostrare che cosa? Che si possono inventare mille primi piatti e mille pietanze. In realtà ognuno gradisce una decina di portate, magari qualcuna delle quali preparata dalla nonna. L’equilibrio non si raggiunge con una dieta austera, ma con il cibo sufficiente per star bene. Non è l’obbligo morale a spingere a consumi adeguati, ma la propria salute con alimenti graditi. Questa è armonia: si scoprono così le esagerazioni, i risparmi, le attenzioni a se stessi. La riflessione va ai mille oggetti e occasioni che si inseguono: si potrebbero chiamare giocattoli inutili oltre che dispendiosi.
Qualcuno pone il problema dell’economia di produzione di consumo: molto benessere ha basi consumistiche fasulle. Pensare a uno sviluppo infinito è fuori dalla realtà. Le crisi ricorrenti lo ricordano. Sarebbe più interessante avere strade sicure, scuole accoglienti, linee ferroviarie diffuse, ospedali nuovi e non allocati in vecchi conventi del 1600, spazi da dedicare all’età maggiore, uno sport tonico e rilassante.
Al di là degli studi scientifici, forse è indispensabile una riflessione profonda sulle vicende umane che offra la panoramica dei meccanismi spirituali, sociali ed economici che permettono una visione ampia e ragionata delle vicende vissute.
Amore del prossimo
In ogni cuore umano è presente l’amore del prossimo. Nei vincoli di sangue e della parentela si sperimenta l’amore reciproco. Le amicizie, le frequentazioni di chi si stima creano vincoli che esprimono amore autentico, costante, gratuito.
Più difficile voler bene a tutti. I pregiudizi, le paure, la salvaguardia della propria sicurezza selezionano fino a far sorgere distanze, se non addirittura ostilità, rabbia e odio. Un modo semplice ed efficace di superare questi limiti è mettersi al posto di chi è estraneo. Se io fossi un bambino che ha fame, un giovane in cerca di lavoro, un anziano solo e abbandonato, un perseguitato nella mia terra, che cosa chiederei? La risposta immediata è: mi aspetterei un aiuto.
Il prossimo sono io stesso. Perché pensando a me, ho bisogno che altri si dimostrino benevoli nei miei confronti. E’ sufficiente ricordare la propria infanzia e la propria crescita, frutto di donazioni gratuite, di attenzioni, di veglie e di premure.
L’esser felici presuppone una catena molto lunga di chi ha reso possibile il benessere. L’io e il noi sono imprescindibili: legami che non appaiono alla lettura superficiale. Se viaggio, se indosso un vestito, se ho comprato qualcosa è stato possibile per quanti hanno collaborato a creare ciò di cui godo.
Fuori dai vincoli di famiglia, la donazione si è tramutata nel pagamento effettuato per ottenere un servizio o un bene. Ma dietro quei beni ci sono persone che hanno lavorato e reso vendibile quell’oggetto. Non sono anonimi robot, ma persone che hanno dedicato parte della loro vita alla realizzazione di quanto ora io godo.
Il meccanismo del mercantilismo non può stravolgere ogni considerazione umana, relegando i risultati in costi e benefici. L’economia è il risultato e non la premessa di ogni relazione umana. Averla ridotta al semplice scambio di mercato è parte della verità, ma non è la considerazione complessiva.
Il cibo, l’energia, la scienza, l’istruzione presuppongono vite e intelligenze dedicate, volte al proprio e all’altrui sostentamento. Lo stesso proprio impegno è utile a chi ne usufruirà.
Armonia dell’anima
Oltre le dimensioni fisiche, la creatura umana ha una dimensione interiore difficile da definire, anche se ben presente nella vita di ognuno.
Si conoscono i risultati di questa sfera di vita: intelligenza, volontà, desideri, sogni, paure, fantasia. Le scienze umane cercano di leggere il mondo “misterioso” dello spirito. Sono convinte che questo mondo è premessa e risultato dell’attività superiore dell’uomo. In questo campo si annidano le virtù, i vizi, l’infinito, la speranza, la gratitudine, l’odio, la vendetta.
La dimensione interiore ha bisogno anch’essa di armonia. Quando la vita è nata, cresciuta e accompagnata da vicende positive questa armonia porta ad una visione della vita gratificante – con parola riassuntiva – alla felicità. Altrimenti subentrano tristezza, insoddisfazioni, rancori.
Da qui l’impegno per sé e per gli altri perché la vita abbia uno svolgimento sereno. Si esprime con il concetto dell’amore che è manifestazione di benevolenza per chi dà e per chi riceve. L’amore, le attenzioni, le relazioni sono reciproche e mai unilaterali.
Gli auguri
Il Natale, nella tradizione cristiana, ricorda la nascita di Gesù, rivelatore del volto di Dio. Al di là della sua vicenda umana, narrata dai Vangeli e non scevra da dubbi e da incertezze, il messaggio lasciato è di una grandezza universale che ha superato i confini delle nazioni e dei secoli. Il suo accettare la storia del mondo ha dichiarato la presenza di Dio nel creato.
Le sue parole, riassunte chiare nel Vangelo di Matteo (capitoli 5,6 e 7), portano verità e tranquillità. Verità perché non si sono fermate ai formalismi delle leggi pure religiose, tranquillità perché hanno aperto la strada ai desideri di infinito e di eterno che vivono nel cuore di ognuno.
Ricordarne festa, in clima di mestizia, come quest’anno, può aiutare a immergersi negli spazi profondi dell’anima. Spazi che contengono il bene ricevuto, ma anche i dolori subiti.
L’accettazione della vita e il desiderio di mantenerla viva e preziosa è aumentare non solo la resistenza, ma aprire varchi per essere più attenti ai contatti, alle vicinanze, “al cose del cielo”.
La grandezza dei pensieri si tradurrà nei gesti quotidiani, alcuni impegnativi, come il lavoro, ma anche in gesti di gratuità che solo una sensibilità forte possono suggerire.
In fondo anche le tradizioni del presepe, dell’albero pieno di luci, di Babbo Natale convergono nel desiderio di festa che presuppone distensione e armonia.
Il pensiero si allarga al mondo intero. L’informazione globale ci parla di guerre, di siccità, addirittura di fame, di ignoranza e di prevaricazioni.
Le giornate mondiali dedicate alla parità dei generi, contro la violenza sulle donne, la giornata della disabilità non possono essere ridotte a formalità celebrative. Pongono problemi seri che chiedono risposta.
Se l’impegno personale ai gravi lutti del mondo, può essere solo indiretto, nella vita di tutti i giorni incontriamo le stesse problematiche, anche se in scale minori. Le relazioni in famiglia, nel lavoro, nella scuola, nella città richiedono uguale impegno di ascolto, vicinanza e tolleranza.
Ancor più nei confronti di chi non è autonomo, per problemi fisici, mentali, ambientali. E’ una vicinanza di cui beneficia sia chi riceve, ma anche chi è in relazione.
La nostra comunità è stata fondata ed ha cercato di mantenere il rispetto della persona in tutte le sue dimensioni di autonomia e di realizzazione. Un progetto che chiede partecipazione alla causa per un mondo rispettoso e umano. Per tutti.
Vinicio Albanesi