Afghanistan: Caritas Ambrosiana, “pronti a fare la nostra parte per accogliere i profughi”. “Occasione per riflettere su guerra e pace”
“Di fronte alla crisi umanitaria che si profila in Afghanistan dopo la presa del potere dei talebani, Caritas Ambrosiana è pronta a fare la sua parte. In queste ore, gli operatori dell’organismo diocesano stanno verificando la disponibilità dei posti nelle strutture di accoglienza per profughi, gestite dalle cooperative, in convenzione con le prefetture”.
Lo segnala uno nota della Caritas di Milano, che aggiunge: “in tali strutture potrà essere data ospitalità alle famiglie che arriveranno dal Paese orientale attraverso i ponti aerei organizzati dall’ambasciata italiana per mettere al sicuro i collaboratori più stretti che in questi anni hanno permesso alle forze alleate di operare nel territorio con la popolazione locale”. Per il futuro Caritas Ambrosiana “auspica che quanto prima sia possibile stabilire accordi con i Paesi nei quali gli afghani stanno cercando rifugio, in particolare il Pakistan, l’Iran e la Turchia, dove ci sono governi riconosciuti dalla comunità internazionale con i quali è quindi possibile prevedere la costituzione di veri e propri corridoi umanitari dei quali potrebbe approfittare la popolazione”.
Luciano Gualzetti direttore di Caritas Ambrosiana, afferma in particolare: “in questo momento è necessario intensificare gli sforzi diplomatici per prevedere soluzioni stabili e non estemporanee. L’esperienza maturata in altri scenari di conflitto, per esempio la Bosnia e la Somalia, ci insegna che soluzioni di questo tipo, come la creazione di corridoi umanitari, sono doverose e, per questa ragione, non possono essere improvvisate, come ci hanno ricordato i vescovi italiani. Siamo convinti che questa sia la sola strada percorribile e che le parrocchie e le comunità cristiane sapranno offrire generosamente il proprio contributo anche in questa drammatica circostanza”. Gualzetti conclude: “che questo impegno sia anche l’occasione nelle comunità cristiane per riflettere sulla guerra e sulle condizioni per una pace duratura che non può essere garantita dalle sole armi, ma dalla promozione della cultura, del rispetto delle diversità, della dignità delle donne con un impegno non violento e realistico”.