Padre Bernardo Longo. Con lo sguardo rivolto ai fratelli. Fino alla morte. Si chiude il 3 novembre l’“inchiesta diocesana” per la beatificazione

Padre Bernardo Longo Si chiude il 3 novembre l’“inchiesta diocesana” relativa alla beatificazione del dehoniano originario di Curtarolo, ucciso in Congo nel 1965. Era stata riaperta a dicembre scorso per ampliare l’eroicità delle virtù anche al martirio “in odium fidei”.

Padre Bernardo Longo. Con lo sguardo rivolto ai fratelli. Fino alla morte. Si chiude il 3 novembre l’“inchiesta diocesana” per la beatificazione

Si chiude con una celebrazione presieduta dal vescovo Claudio – venerdì 3 novembre alle ore 19 nella parrocchia di Santa Giuliana a Curtarolo – l’“inchiesta diocesana” in ordine alla beatificazione del servo di Dio padre Bernardo Aquilino Longo dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, i padri Dehoniani. Una data significativa perché proprio il 3 novembre ricorre il 59° anniversario del suo martirio: fu infatti ucciso dai guerriglieri ribelli Simba nel 1965 nella missione di Nduye, in Congo, che ha fondato e dove è stato missionario per ben 26 anni. Nel dicembre del 2022 era stata aperta una sessione suppletiva dell’“inchiesta diocesana”, perché la postulazione generale dehoniana ha voluto che la causa procedesse anche per “viam martyrii”, per ampliare cioè l’eroicità delle virtù anche “al martirio in odio alla fede”. «Dopo tanti studi sulla morte di padre Longo – spiega il postulatore, padre Ramón Domínguez Fraile (dehoniano) – siamo certi che sia stato ucciso “in odium fidei”. Abbiamo presentato un dossier sul suo martirio al Dicastero per le Cause dei santi, che ci ha chiesto di svolgere questa ricerca in Diocesi di Padova per procedere alla raccolta di testimonianze e affidare a una Commissione storica uno studio sul suo martirio». Il frutto di questo lavoro, durato quasi un anno, svolto sia dal Tribunale diocesano che dalla Commissione storica è una documentazione completa, accurata e approfondita (quasi 3.300 pagine, oltre alla relazione finale) che ha fatto emergere la fama del martirio. «Abbiamo interrogato un certo numero di testimoni – spiega don Tiziano Vanzetto, direttore dell’Ufficio diocesano delle cause dei santi – che hanno potuto confermare la fama di santità secondo il martirio. La Commissione storica competente ha poi svolto uno studio approfondito su documentazione e contesto storico. A Padova il ricordo di padre Longo è ristretto alla comunità di Curtarolo, la sua parrocchia di origine, dove si è costituita anche una associazione che ha mantenuto vivo il suo ricordo. È stato un sacerdote con caratteristiche personali e singolari notevoli dal punto di vista della forza, genialità e capacità di far sorridere e ha dedicato tutta la sua vita alla missione in Africa, spingendosi nei luoghi più sperduti dove vive vano i Pigmei. Ha lavorato per diffondere e testimoniare il Vangelo insieme a un gruppo di religiose. Ha congiunto la promozione umana all’annuncio della fede».

Padre Bernardo Longo nasce a Pieve di Curtarolo nel 1907; entra nella congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù e viene ordinato sacerdote nel 1936. Due anni dopo giunge nell’Alto Congo, in una regione che definisce come «patria dei Walesse, dei Pigmei e degli elefanti». A partire dal 1950 lavora a Nduye, che diverrà la sua missione. «Abbiamo a cuore la promozione della devozione alla sua figura – continua il postulatore – e ci stiamo dedicando nel far conoscere ancor di più la sua persona come esempio di dehoniano che fino alla fine si è immolato per amore dei fratelli. In greco il termine martire indica il pensare, ricordarsi, essere preoccupato. Il martire è, innanzitutto, uno che ricorda, dal ricordo trae conoscenza e, quindi, è in grado di dare notizia di qualcosa. Nel Nuovo Testamento il martire è testimone dei fatti che riguardano la vita, passione, morte e risurrezione di Gesù. I cristiani che testimoniano la loro fede sono partecipi delle sofferenze di Gesù e testimoni della stessa sofferenza. Questo senso del termine martire lo troviamo nella vita e morte di padre Bernardo. Egli sempre si è impegnato e si è preoccupato del suo gregge, mai lo ha lasciato. Sempre è rimasto come missionario in Congo nonostante le sofferenze, le persecuzioni, le debolezze con le quali ha vissuto. È stato perseguitato e ha dato con la sua vita e con la sua morte una grande testimonianza di Cristo». Nel vortice della rivoluzione congolese padre Longo decide di rimanere tra il “suo gregge”, in quella missione in cui aveva fatto costruire scuole, officine meccaniche, la segheria, l’orfanotrofio maschile e femminile e accetta – come egli stesso disse – la morte come atto d’amore per la salvezza della sua gente. «Sono certo – conclude padre Fraile – che se padre Bernardo sarà glorificato dalla Chiesa, sarà di grande incoraggiamento per tutti i membri della famiglia dehoniana e darà un nuovo contributo alla missione della Chiesa di Dio che è in Italia e in Congo. È inoltre un’occasione per riconoscere in uno dei suoi figli lo zelo apostolico-missionario e la vita offerta senza risparmio, valori entrambi trasmessi dal nostro fondatore, il venerabile servo di Dio Giovanni Leone Dehon. Ci auguriamo possa essere un esempio di vita missionaria ardente da imitare e da seguire e un modello di vita vissuta e donata per il bene dei fratelli».

La “causa” si sposta a Roma, poi deciderà papa Francesco
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Il 3 novembre si chiude l’“inchiesta diocesana” di padre Bernardo Longo: i documenti, sigillati e firmati dal vescovo, vengono inviati in Vaticano per essere studiati dal Dicastero per le Cause dei Santi. Che, con in mano la positio – cioè la sintesi di tutto il materiale raccolto – darà un giudizio rispetto alla causa. Se favorevole, passerà nelle mani del papa, che deciderà se dichiararlo venerabile.

Invita la Chiesa ad andare all’essenziale

«Padre Longo – afferma don Tiziano Vanzetto – ci dice che oggi c’è bisogno di fedeli, di consacrati, di sacerdoti che senza indietreggiare di fronte alle difficoltà danno la loro vita totalmente al Signore. Alla nostra Chiesa, che forse si è appesantita di tante strutture, un missionario che ha dedicato la vita a insegnare la catechesi, la verità di fede, l’annuncio del Vangelo e i sacramenti, invita ad andare all’essenziale. Oggi abbiamo bisogno di testimoniare la fede al centro di tutto. Negli ultimi giorni della sua vita, dal 20 agosto al 17 ottobre 1964, scrisse un diario: in quelle pagine ritroviamo un uomo dalla grande forza d’animo, che riponeva totale affidamento in Maria e i santi. Non un ingenuo ottimista, mai ripiegato su se stesso, ma un uomo dalle grandi emozioni, che conosce la paura... ma il suo sguardo e la sua preoccupazione sono sempre per gli altri, le suore, i fedeli della missione».

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