Caffè, tè, cacao. Con don Bruno Rossi, in ascolto dei poveri e della terra della Thailandia

Thailandia L’avventura del “Caffè Bruno” – nata in seno alla missione di alcune Diocesi del Triveneto – ha preso il via nel 2012, «acquistando la produzione dei coltivatori locali, per dare loro una mano» racconta don Bruno Rossi. È cresciuta, anno dopo anno, fino alla costituzione di un’impresa sociale chiamata Laudato si’, come l’enciclica di papa Francesco, che ora si occupa anche di tè e cacao. L’obiettivo, però, non è imprenditoriale...

Caffè, tè, cacao. Con don Bruno Rossi, in ascolto dei poveri e della terra della Thailandia

Il celebre “Caffè Bruno”, certo. Da poco, però, anche tè e cioccolato si sono aggiunti ai frutti della missione di alcune Diocesi del Veneto iniziata in Thailandia a ridosso del grande Giubileo del 2000. Di fronte a questi prodotti viene in mente quel canto di offertorio «È frutto della terra e del lavoro umano, il pane che ti offriamo, Signore del Creato»: frutto della terra, delle piogge torrenziali e delle foreste delle zone montane, ma anche, soprattutto, del lavoro di quelli che, nella società immobile del karma, nella quale quando nasci povero, povero devi rimanere, da scarto improvvisamente si riscoprono ricchezza per la comunità. Don Bruno Rossi, prete diocesano ordinato nel 1995, da 24 anni è in Thailandia. «Missionario e imprenditore» lo ha definito Lorena Bianchetti di A Sua immagine, quando lo ha avuto ospite lo scorso 8 ottobre. Non sempre però questa giustapposizione viene vista in positivo. «Qualcuno mi ha detto: “Eh ma tu non sei un missionario, sei un impresario!”. Ma io non sono venuto qui per fare l’impresario, ma, come dice il papa, sono venuto qui per ascoltare il grido dei poveri e il grido della natura». Don Bruno, al telefono, ci racconta la lunga esperienza nella parrocchia di Chae Hom, tra i villaggi di montagna abitati da gente poverissima, spesso di cultura animista e a volte di origine straniera: «Abbiamo avuto in affidamento la parrocchia nel maggio del 2000: prima c’erano i padri del Pime. Dopo oltre vent’anni abbiamo riconsegnato la parrocchia alla Chiesa locale». Qui, nel 2012, è iniziata la storia di “Caffè Bruno”: «La coltivazione del caffè era arrivata da poco: abbiamo voluto aiutare i coltivatori comprando la loro produzione. Da Padova ci siamo fatti portare una macchina usata per tostare i chicchi e vendere il caffè: con i guadagni abbiamo dato borse di studio e abbiamo fatto lavorare una decina di giovani, provenienti dai nostri centri e tutti laureati». Nel 2014 l’importante riconoscimento internazionale dagli assaggiatori di Brescia, che ha convinto don Bruno Rossi e i suoi collaboratori della bontà del loro lavoro. Il caffè è stata una risposta al «grido dei poveri e al grido della terra». A Lorena Bianchetti don Bruno aveva raccontato delle mani arrossate e ferite che i contadini gli mettevano davanti al momento della comunione, mani devastate dai pesticidi e dai diserbanti usati in agricoltura. «Qui – ci racconta il missionario – vengono ancora usati prodotti che in Italia sono stati vietati più di vent’anni fa. Purtroppo tantissime persone muoiono per tumori alla pelle, perché toccano le sementi trattate o si immergono nelle risaie in cui sono diluiti questi veleni». La duplice attenzione ai poveri e alla terra è sfociata, tra 2018 e 2019, nella costituzione di un’impresa sociale secondo le leggi thailandesi, chiamata Laudato si’ – come l’enciclica di papa Francesco – il cui scopo è dare stabilità finanziaria a tutto il progetto. L’impresa ha iniziato a occuparsi di tè, altra nuova coltivazione per i villaggi della montagna, ma ha aggiunto anche il cacao. «Volevamo aiutare anche la gente della pianura dove il cacao può essere coltivato – spiega don Rossi – ci siamo fatti aiutare da un amico cioccolatiere di Vicoforte, a Cuneo, che ci ha accompagnato nei primi passi». La coltivazione del cacao esige tantissima acqua: quello che in altre zone del mondo può essere problematico dal punto di vista ambientale in Thailandia è totalmente ecologico, dato che, anche in pianura, l’acqua non manca. Caffè, tè e cioccolato, inoltre, «non hanno bisogno di pesticidi, ma solo di concime organico». Anche questa è evangelizzazione. «Non possiamo comunicare il Vangelo senza prima metterci in ascolto – osserva don Bruno – mettersi in ascolto, anche in questa lingua così difficile, ci permette di capire come Dio stia parlando a questo popolo e cosa voglia per lui. Noi ci rivolgiamo in particolar modo ai poveri, agli emarginati delle tribù dei monti, che a volte fanno fatica persino ad avere i documenti e ad accedere a servizi fondamentali come scuola e sanità».

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