Il dovere di educare. Scrivere di scuola in questi giorni non può prescindere dalla Giornata della memoria
Educare, far crescere consapevolezza, far conoscere la storia e leggere il presente, soprattutto offrire gli strumenti per poter criticamente porsi di fronte alla realtà e nel mondo che ci circonda.
Scrivere di scuola in questi giorni non può prescindere dalla Giornata della memoria. È vero che il mondo scolastico ha da affrontare tanti e rilevanti problemi, a cominciare da quelli legati alle normative e ai disagi derivanti dalla pandemia, Ma riferirsi a quanto accaduto nel Novecento, alla persecuzione contro gli ebrei in particolare – ma non solo loro – e all’orrore dei campi di sterminio ha una urgenza intrinseca.
Perché? Almeno per due motivi importanti. Il primo riguarda il compito e il ruolo della scuola, dove le giovani generazioni imparano – dovrebbero imparare – a convivere tra di loro nel rispetto delle diversità, educandosi alla tolleranza e alla sacralità – sì, alla sacralità – del valore delle persone. Il secondo perché la Giornata della Memoria, oltre a fare riferimento a un preciso momento storico e a innegabili e determinati fatti avvenuto nel Novecento, assume un valore universale deterrente nei confronti di ogni discriminazione e prevaricazione dell’uomo sull’uomo.
Questioni superate nel mondo – e nell’Italia – di oggi? No, evidentemente. Basta guardarsi intorno per vedere come il clima di intolleranza e litigiosità – che talvolta sfocia in veri e propri crimini – sia sempre in agguato e in crescita in particolare in questo momento di crisi pandemica, con le contrapposizioni tra persone e gruppi, le polemiche e le accuse, l’incapacità di raccogliersi intorno a valori comuni.
Bene ha detto il presidente Mattarella proprio il 27 gennaio: “La giornata della Memoria, che si celebra oggi in tutto il mondo, non ci impone solamente di ricordare i milioni di morti, i lutti e le sofferenze di tante vittime innocenti, tra cui molti italiane. Ma ci invita a prevenire e combattere, oggi e nel futuro, ogni germe di razzismo, antisemitismo, discriminazione e intolleranza. A partire dai banchi di scuola. Perché la conoscenza, l’informazione e l’educazione rivestono un ruolo fondamentale nel promuovere una società giusta e solidale. E, come recenti episodi di cronaca attestano, mai deve essere abbassata la guardia”.
Recenti episodi di cronaca. Chi vuole ne trova diversi, ma basta ricordarne uno che molti quotidiani hanno riportato e che ha fatto scalpore: in un comune del Livornese un ragazzino di 12 anni sarebbe stato aggredito da due ragazzine di 15 anni incontrate al parco. Il motivo? Il fatto che il bambino fosse ebreo. Le due ragazzine – così risulta dalla denuncia fatta ai carabinieri dal padre della vittima – oltre ad aver picchiato il dodicenne e avergli sputato addosso, riferendosi proprio al fatto che fosse ebreo, avrebbero aggiunto: “Ti mettiamo nel forno”.
“Una situazione incredibile, da pelle d’oca – ha affermato il sindaco del Comune dove si sono svolti i fatti – sembra di essere ripiombati nei tempi più bui della storia del nostro Paese”.
Non sono mai ragazzate questi episodi. O quantomeno non sono mai da ritenersi tali. Forse i protagonisti non se ne rendono conto e proprio questo è un problema. Qui la scuola può e deve intervenire. Educare, far crescere consapevolezza, far conoscere la storia e leggere il presente, soprattutto offrire gli strumenti per poter criticamente porsi di fronte alla realtà e nel mondo che ci circonda. Non è solo Memoria, ricordo del passato. È presente e costruzione di futuro.