La solitudine dell'anziano: una patologia che aggrava tutte le altre
Grande partecipazione al convegno “Nemica Solitudine. Analisi e proposte per vincere la solitudine dell’anziano”, organizzato dall’Associazione Italiana di Psicogeriatria e dal centro studi Alvise Cornaro.
Passiamo la vita ad imparare a comunicare con gli altri, e quando abbiamo accumulato la giusta esperienza rischiamo di ritrovarci ancora più soli. Perché questa condizione umana, sociale, spirituale che caratterizza tutta l’esistenza, si fa sentire in modo più grave e pesante proprio nella terza età? Ne hanno parlato in sala dei Giganti psicologi, filosofi, giornalisti e scrittori al convegno “Nemica Solitudine. Analisi e proposte per vincere la solitudine dell’anziano”, organizzato dall’Associazione Italiana di Psicogeriatria e dal centro studi Alvise Cornaro. «La solitudine – ha spiegato il professor Marco Trabucchi, presidente Aip – ha un effetto devastante che anticipa la morte». E’ un fattore che spesso si aggiunge ad altre patologie croniche, che aumenta del 30% il rischio di demenza e rende più fragile le persone anziane. Chi è solo si ammala di più.
Il quadro della situazione è stato tracciato dal professor Diego De Leo, psichiatra e psicoterapeuta, vicepresidente Aip. «I numeri sono severi – ha esordito – Di solitudine soffre la maggior parte degli anziani. Si stima che il 40% degli over 75 non abbia familiari a cui rivolgersi, né una rete di amici, e nel 12% dei casi non ha nemmeno la possibilità di bussare alla porta del vicino di casa».
Percentuali allarmanti, ma non tanto lontane da quelle che descrivono un’altra solitudine, quella dei giovani, spesso isolati in una realtà virtuale che dà loro l’illusione di poter fare a meno degli altri. Di casi di cronaca che testimoniano la gravità della situazione, in una società che non valorizza le relazioni sociali e non si interessa delle persone anziane, sono pieni i giornali. Lo hanno confermato in una tavola rotonda i direttori del Corriere del Veneto Alessandro Russello e del Gazzettino Roberto Papetti con Paolo Brinis, di Mediaset, nel ruolo di moderatore. Ci sono tuttavia anche casi positivi di dialogo e collaborazione, dei quali bisogna parlare perché servano da esempio. Il quotidiano stesso è un «grande veicolo catalizzatore», secondo Russello, e «un rito», che permette a molti di tenersi attivi e informati, per Papetti. Le conclusioni sono state affidate al professor Trabucchi. «La migliore strategia – ha osservato – è culturale. La beata solitudo è davvero rarissima. Frequente invece la solitudine patologica e patogena, che porta le persone ad ammalarsi».