Il "vero" Francesco sta nelle sue ultime parole: «Io ho fatto la mia parte...»
"Il sogno di Francesco" di Renaud Fely e Arnaud Louvet visto con gli occhi di Andrea Vaona, francescano, docente alla Facoltà teologica del Triveneto e all'Istituto teologico Sant'Antonio dottore di Padova.
È sempre sorprendente - per noi frati francescani - notare l'interesse di non-addetti-ai-lavori per la figura di Francesco d'Assisi. Oltre alla devozione di chi nel proprio cammino di fede lo osserva come maestro e protettore, c'è poi un indistinto mondo di persone che da sempre resta affascinato dall'assisiate, lo studia, lo approfondisce a vari livelli... e poi desidera "dire la sua" con tanti mezzi espressivi diversi: arti figurative, letterarie, cinematografiche, teatrali... Ogni anno sono decine e decine le produzioni mondiali sui vari "media" che appaiono in materia.
La sorpresa di cui sopra fa molto bene al nostro mondo francescano: in primis ci ricorda che non siamo gli unici e gelosi custodi dell'esperienza di san Francesco; poi afferma che la sua esperienza storica continua a parlare e provocare (forse persino di più delle attuali realizzazioni storiche francescane); suggerisce infine che Francesco è un santo più vivo che mai. E tutto questo è davvero meraviglioso. La santa inquietudine che otto secoli fa abitò il cuore di un uomo - perfettamente medievale ma al contempo fuori da ogni tempo perché dialogante a tu per tu con il Signore del Tempo e della Storia, il Signore della vita - è talmente autentica che difficilmente non se ne può rimanere affascinati.
Anche chi si occupa più da vicino del fenomeno storico e spirituale di Francesco, sa bene che sin dagli inizi la molteplicità di forme narranti l'esperienza francescana ha prodotto un materiale amplissimo e molto spesso difficilmente armonizzato: le biografie e agiografie si moltiplicarono sin dagli inizi non senza fatiche e censure. Basti confrontarsi con il poderoso volume di 2.400 pagine delle Fonti francescane, che solo in tempi relativamente recenti ha messo un po' di ordine tra tutte le testimonianze del primo secolo di esperienza francescana e sanfrancescana. Non dimentichiamo poi il lavoro silente e rigoroso di tanti studiosi che hanno portato chiarezza nell'identificare il materiale scritto/dettato da Francesco: oggi più che mai - riconosciuti alcuni limiti agiografici di ogni tempo - lo studio della spiritualità di Francesco è radicata proprio in questo prezioso materiale consegnatoci da un illetterato innamorato di Gesù povero e crocifisso.
Anche l'ultimo film uscito nelle sale italiane in questo mese di ottobre - Il sogno di Francesco dei registi francesi Fely e Louvet, con Elio Germano protagonista - si colloca pertanto in questa vivace dinamica narrativa che si sforza di evocare nei pochi minuti in cui scorre una pellicola una vicenda talmente incontenibile come quella di Francesco. Accogliamo dunque questo nuovo tassello nella già ricca collezione di opere filmiche dedicate all'assisiate (per il grande schermo o produzioni per la televisione: pensiamo ai ben tre tentativi di Liliana Cavani). Di questa opera rileviamo soprattutto la raffinata fotografia e la struttura in "quadri" narrativi che evoca un po' la struttura dei notissimi Fioretti. Anche l'intensità recitativa di alcuni protagonisti aiuta lo spettatore a non cercare tanto un documentario, ma la fatica di comprendere e amare Francesco e il suo progetto di sequela di Cristo. Forse però una preparazione più attenta e umile nella sceneggiatura - e meno pregiudiziale sul ruolo della chiesa istituzionale nella definizione della regola minoritica - avrebbe permesso al film di tenere maggiormente una sana tensione e provocazione. Alcuni errori storici grossolani (inavvertibili ai non-addetti-ai-lavori) penalizzano la qualità del risultato finale e possono contribuire a diffondere confusioni (come, solo tra alcuni possibili esempi, l'errata attribuzione a san Francesco della popolare Preghiera semplice, oppure un irragionevole tentativo di suicidio di frate Elia, compagno di Francesco).
Da Il sogno di Francesco a "l'incubo di frate Elia" è la nemesi che pare affliggere gli ottantotto minuti di narrazione. E pensare che il sogno di Francesco sta (anche) nelle poche parole autentiche che la tradizione ci ha consegnato: quando, morente, dice ai presenti: «Io ho fatto la mia parte; la vostra, Cristo ve la insegni».
Andrea Vaona