San Leopoldo sarà il protettore dei malati di tumore?
È in corso la raccolta firme per avvicinare ancora di più il cappuccino a quanti sono colpiti da tumore. Il modulo, da inviare alla Cei, si può scaricare anche dal sito del santuario.
Una petizione per riconoscere padre Leopoldo Mandiç quale patrono dei malati di tumore.
È questo l’appello ai fedeli dei frati cappuccini padovani. Basta una firma – come si dice in questi casi – sui moduli scaricabili anche dal sito internet del santuario per portare all'attenzione della Conferenza episcopale italiana il desiderio di quanti, colpiti dalla malattia, desiderano invocare il frate confessore come santo protettore.
Non è la prima volta che si tenta la strada della raccolta firme
Come alcuni ricorderanno, già negli anni Ottanta era stato raggiunto il ragguardevole traguardo delle 13 mila adesioni. Oggi, su indicazione della Cei, si ricomincia con lo stesso impegno di allora per avvicinare ancora di più, se possibile, padre Leopoldo ai malati perché nel conforto della preghiera sappiano trovare la forza per affrontare la malattia che li ha colpiti.
«La sofferenza per l’uomo è una grande risorsa – ha detto in un’intervista ad Avvenire padre Aldo Trento, missionario in Paraguay dove ha fondato una casa per malati e segnato a sua volta da una malattia degenerativa ormai avanzata – capace di risvegliare una potente domanda di infinito».
«Sento dire da tutti che "la vita è bella", ma io non sono così d’accordo. La vita, può essere terribile. È bella, solo se ci sappiamo accompagnati da Cristo. E la positività della malattia sta proprio nell'apertura al Mistero. Finché non si sperimenta la sofferenza, invece, spesso fra noi si instaura una menzogna, una omertà sul dolore e sulla morte come una collettiva censura».
Rompere il muro d’omertà sul dolore, sulla fatica del male che ci affligge e che prostra i nostri cari, attraverso la preghiera a un santo che sulla sua pelle ha sofferto le stesse pene: «Padre Leopoldo è morto di tumore all'esofago – ricorda padre Flaviano Gusella, rettore del santuario padovano – soffrendo terribilmente, al punto che negli ultimi giorni non poteva deglutire né cibi liquidi né solidi. Non c’erano medicine adeguate contro il dolore, è morto praticamente di fame e di sete. Le uniche cose che riusciva a ingerire erano il pane, il vino e l’acqua della purificazione del calice, durante la santa messa che ha celebrato ogni giorno fino alla morte».
Un esempio, quello di padre Leopoldo, che vale molto più di una firma per quanti soffrono a causa della malattia, ma che proprio con una firma può avvicinarsi di un passo ancora ai più bisognosi.