«Non temere, padre Oliviero, il Santo fa miracoli...»
«Accompagniamo con la preghiera il delicato e importante servizio a cui è stato chiamato padre Oliviero Svanera, un ruolo che chiede l’attenzione, la cura, la lungimiranza del Buon pastore per le sue pecore».
Così il vescovo di Padova Claudio Cipolla ha accolto la nomina del nuovo rettore, padre Oliviero Svanera, annunciata martedì 4 ottobre, nella solennità di san Francesco d’Assisi, dal delegato pontificio mons. Giovanni Tonucci.
Ecco il suo primo colloquio con la Difesa.
«Non sono un politico che si candida con un programma elettorale».
Quando lo incontriamo a poche ore dalla nomina a rettore della basilica del Santo, padre Oliviero Svanera esordisce così, quasi a stemperare sul nascere la (legittima) curiosità dei giornalisti.
Non che in queste settimane non abbia avuto modo di riflettere sul compito che lo aspetta – «Che fossi il primo nella terna di nomi presentata al papa lo sapevo da un mese, ma non sempre chi è in pole position poi vince il gran premio...» – e non che gli manchino l'esperienza o la conoscenza della delicata e complessa “macchina” del Santo, maturate nel suo incarico di vicario provinciale della provincia italiana di Sant'Antonio di Padova dei frati Minori conventuali e più ancora come membro del consiglio d'amministrazione della Delegazione pontificia.
Ma certo una cosa è guardare dall'esterno, per quanto da una posizione privilegiata, la vita di una basilica che attira milioni di pellegrini da ogni angolo del mondo. Altro sarà conoscerla a fondo, individuare le priorità pastorali per i prossimi anni, valorizzare i tanti talenti della comunità dei frati che è chiamato a guidare fino al capitolo del 2021.
Il suo mandato inizia – e la coincidenza non è certo fortuita – nel giorno di san Francesco.
Prende il testimone a meno di due mesi dalla tragica e improvvisa scomparsa di padre Enzo Poiana, che negli undici anni trascorsi alla guida della comunità del Santo aveva saputo intessere legami profondi con la città.
Nel delinearne un profilo su queste pagine in occasione del trigesimo, sono state due le caratteristiche che i nostri interlocutori hanno tenuto – pur fra tante altre che ne componevano il profilo – a sottolineare: lo spirito di fraterna accoglienza che sapeva trasmettere, e l'impegno profuso a far sì che il Santo fosse sì una basilica dal respiro mondiale, ma immersa “nella città”, nella sua storia, nella sua religiosità, nella trama di rapporti sociali e civili che la contraddistingue.
E in attesa di un “programma”, padre Svanera su queste intuizioni mostra già di voler procedere, pur senza nascondersi i problemi.
Il dialogo con la città, innanzitutto
«Negli ultimi due anni ho avuto modo di coordinare un tavolo di lavoro con tutte le realtà che vivono attorno alla basilica, in particolar modo per la realizzazione del Giugno antoniano che è stata una delle iniziative a cui padre Poiana teneva molto. Mi pare che il seme sia stato gettato e che abbia già dato bei frutti, ma certo dobbiamo avere la consapevolezza che c'è molto da fare, c'è ancora da lavorare per “mettere in rete”, per creare comunione sia tra le realtà antoniane sia tra il Santo e la città. Sapendo che le relazioni non sono mai scontate, che ci sono mondi come l'università che per la loro complessità non sono facili da coinvolgere. Ma più sappiamo lavorare insieme più riusciremo a costruire ricchezza per la città».
Che la basilica possa essere un fulcro d'accoglienza, è scritto nella sua storia secolare oltre che nell'impegno che ha segnato gli ultimi anni con gesti dall'alto valore simbolico, buon ultima la “cena di misericordia” servita lo scorso giugno dai frati a un centinaio di poveri della città.
Certo, il contesto rende difficile pensare a forme concrete di accoglienza – ma i frati sono già impegnati nell'ospitalità a rifugiati e richiedenti asilo a Camposampiero, al Villaggio Sant'Antonio di Noventa, all'Arcella, a San Massimo... – ma aiuta con la sua forza simbolica nell'opera di promozione di una cultura della solidarietà e dell'accompagnamento di tante situazioni difficili:
«Penso anche alle famiglie, a cui in questi anni ho dedicato grande attenzione. Vivere l'esperienza delle confessioni in basilica ci mette a confronto con tanti drammi. Se riuscissimo a creare anche qui, come a Camposampiero, un centro d'ascolto...».
Se il “programma” non c'è, insomma, le piste lungo cui camminare non mancano.
Tutte, però, passeranno in primo luogo da un'opera di ascolto: della città, ma in primo luogo dei frati.
«Vorrei – sottolinea il nuovo rettore – valorizzare al meglio le tante qualità che questa nostra comunità di 50 frati possiede al suo interno. Come vicario provinciale, visitando tanti monasteri di tutta l'Italia settentrionale, mi sono reso conto di come a volte vi siano potenzialità inespresse, che è nostro compito far emergere in tutta la loro bellezza e importanza».
Ai frati la notizia della nomina l'ha data il delegato pontificio Giovanni Tonucci mentre erano riuniti a pranzo. Pochi minuti dopo le campane della basilica hanno suonato a festa. Domenica 23 ottobre, alle 17, l'ingresso ufficiale. Intanto, si mescolano emozione, trepidazione, preoccupazione.
E un augurio, rivoltogli da “suoi” frati, che è anche il migliore sostegno: «Non temere! Il Santo fa miracoli...».