Montegalda: entri in canonica, e scopri il mondo
Sono cinque i sacerdoti, provenienti dai cinque continenti, ospiti della comunità e del parroco. Una circostanza senza dubbio curiosa. Soprattutto, una storia di accoglienza e collaborazione tra chiese che non ha certo bisogno di sottolineature enfatiche per emergere in tutto il suo valore.
Ne sono protagonisti don Victor Gonzalo Gonzalez, ecuadoregno, don Trairong Multree, thailandese, don Diamantino Andrade Da Costa, da poco rientrato in Mozambico, e don Jacob Qetobacho, giunto di recente addirittura dalle isole Salomone, in Oceania.
Ma cosa ci fanno questi preti proprio a Montegalda?
È presto detto: sono tutti studenti di teologia pastorale o liturgia ai quali il parroco, don Silvano Silvestrin, ha aperto la propria casa.
Dopo un’esperienza come insegnante, don Silvestrin è stato fidei donum a Tulcán, in Ecuador, dove, insieme ad altri sacerdoti della nostra diocesi contribuì ad avviare il seminario: «Prima di tornare in Italia – racconta – diedi la disponibilità a ospitare, qualora ce ne fossero state le condizioni, preti che avessero voluto venire a Padova per proseguire gli studi».
A inaugurare quella che sarebbe diventata una lunga tradizione fu proprio il primo dei sacerdoti usciti dal seminario di Tulcán.
Al tempo don Silvestrin era parroco a Stanghella e da allora otto dei suoi ospiti hanno conseguito la laurea.
«Ogni volta che arriva un nuovo studente, o viene a trovarlo il suo vescovo, si organizza in parrocchia una serata di presentazione reciproca, che è poi anche un modo per aprirsi alla mondialità», spiega don Silvestrin, che di recente ha ricevuto a Montegalda proprio il pastore della diocesi di Gizo nelle isole Salomone, mons. Luciano Capelli, venuto a trovare don Qetobacho, suo vicario generale e unico sacerdote originario del posto.
Per la comunità la presenza dei “pretini” (come vengono affettuosamente chiamati gli ospiti di don Silvestrin, sebbene siano spesso uomini maturi) è concreta e tangibile.
«Mi aiutano con le celebrazioni, cosa utile specie in questo periodo in cui sono responsabile anche delle parrocchie di Arlesega e Grisignano, e sono ormai conosciuti in tutto il vicariato. A Montegalda è aumentata l’affluenza alla messa perché i fedeli sanno che è sempre disponibile un confessore».
Questi sacerdoti venuti da paesi lontani, così come i loro cari in visita qui, sono accolti con calore in un ambiente in cui non hanno nessuna persona di riferimento:
«Sono preziose soprattutto le due collaboratrici domestiche della canonica, che grazie al loro occhio femminile sanno accorgersi di tutti i bisogni piccoli e grandi, dai medicinali al vestiario. C’è poi un’insegnante in pensione che li aiuta con l’italiano. Si creano inoltre legami con molte famiglie, rapporti duraturi che, una volta tornati in patria, si rinsaldano con telefonate, lettere e, non di rado, il ricambio dell’ospitalità ricevuta».
Pure tra le mura della canonica – una struttura spaziosa che consente a ognuno di avere il proprio spazio – la convivenza tra sacerdoti di provenienze così diverse si svolge all’insegna della serenità e della piacevole compagnia:
«Questa in cui abitiamo è una casa viva, una famiglia. Ci ritroviamo insieme per i pasti, per il resto lascio piena libertà. Ovviamente la priorità dei miei ospiti è lo studio e, se me lo chiedono, li aiuto volentieri. Tante serate trascorrono proprio così: traduco testi per loro, ci confrontiamo, oppure do qualche suggerimento sugli argomenti da affrontare nella tesi di laurea».
Studiare a Padova e vivere la realtà quotidiana di una parrocchia sono esperienze di grande aiuto per i sacerdoti stranieri:
«Quando vado a trovarli nei loro paesi d’origine vedo che nella programmazione pastorale e nelle celebrazioni mettono in pratica quanto hanno imparato qui».